La pasta non fa parte della dieta mediterranea. Con questo titolo apre su La Stampa un breve articolo di Federico Francesco Ferrero (MasterChef d’Italia 2014): “Ho due notizie a proposito della dieta mediterranea. Una è buona, l’altra meno. La prima, è che una revisione di tutti gli studi compiuti negli Anni 60 da Ancel Keys, padre di questa teoria, ha confermato che il regime alimentare seguito nel primo dopoguerra a Nicotera, in Calabria, e nei villaggi accanto a Iraklio, sull’isola di Creta, si è dimostrato essere quello connesso a una maggiore sopravvivenza media. La seconda, è che purtroppo pizza e spaghetti non ne facevano parte”.

Sì, più o meno si può essere d’accordo. Mio nonno mi raccontava che la pasta al sugo spettava alla celebrazione della domenica, tra quelle famiglie più benestanti; e quando capitava si era soliti sfoggiare una macchia di sugo sul collo della camicia della domenica (stiamo parlando del periodo tra le due guerre mondiali, sud Italia, provincia di Napoli — ma altrove non se la passavano meglio).

Poi, dopo un lungo periodo di fortuna, la pasta, è diventata quasi un tabù per i ristoratori e gli chef (soprattutto). È difficile trovare della (buona) pasta nei menu a la carte; ancora più difficile se cerchi una botta di improvvisazione in un ristorante stellato. Sono vegano, la mia dieta cruelty-free ha compiuto 25 anni e mi ritrovo spesso a chiedere dei normalissimi spaghetti al pomodoro, che sembrano essere la cosa più difficile di questo mondo.
In meno di un secolo, da prelibato pasto della domenica a sottovalutato e introvabile piatto da ristorante. Almeno nella sua versione tradizionale. Perché nel computo totale non vanno considerati i vari Scabin — e i suoi esperimenti con spaghetti neri impiattati a tavoletta — e Di Costanzo — con la sua pasta e patate multicolore. Perché si tratta di opere d’arte gastronomica fatte con tanta tecnica e tanta immaginazione.

La pasta e patate di Nino Di Costanzo presentata ad OFF, Ottaviano Food Festival 2016
Black is black, la pasta al nero di seppia di Davide Scabin ad OFF, Ottaviano Food Festival 2016
Black is black, la pasta al nero di seppia di Davide Scabin ad OFF, Ottaviano Food Festival 2016

Ad esempio. Il 20 aprile di quest’anno mi fermo a pranzare nel Bistrot di un noto ristorante stellato della provincia di Salerno (quest’anno va per la seconda); ho poco tempo e chiedo uno spaghetto al pomodoro – visto che il menu “imposto” non aveva nulla di commestibile per me. La signora in sala torna dopo qualche minuto e mi avvisa che al posto degli spaghetti lo chef ha degli “ottimi fusilli”, accetto il cambio e vado avanti. Il piatto che mi viene servito è una roba esteticamente inguardabile e decisamente immangiabile: pago il conto e vado via.
Più o meno stessa cosa mi è capitata a Pompei, poi Roma e in tantissimi altri ristoranti di primissimo livello. Il buon piatto di pasta da pausa pranzo, dov’è finito?

Fusilli al sugo, Salumeria e cucina 13, Salerno
Fusilli al sugo, Salumeria e cucina 13, Salerno
Gnocchi al sugo di pomodoro del piennolo. Caracalé, Procida.
Gnocchi al sugo di pomodoro del piennolo. Caracalé, Procida.

Domenico Catapano

Design Professor and Marketing Director with a significant expertise in Video Direction, Photography and problem-solving. A bad tennis-player, a strict vegan who doesn’t eat and wear any animal byproduct,...

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