Mamma, pastry chef, docente, scrittrice e conduttrice. Attualmente vive in Lussemburgo, ma potremmo dire che la sua casa è il mondo. Ha iniziato a parlare e ascoltare l’alfabeto degli ingredienti e delle decorazioni nella pasticceria di famiglia a Canelli in Piemonte. Poi viaggi, studi, confronti e sogni realizzati e ancora da realizzare. Il suo nome è Elena Bosca, per amici e colleghi lei è Wendy  !     
L’abbiamo intervistata.

Ciao Elena! Come nasce il tuo nome d’arte Wendy ?

Wendy è il soprannome che mi diede mio marito Michele la sera in cui l’ho conosciuto. Da allora tutti i miei amici mi chiamano così.

Nel 2012 ho creato il mio marchio “Dear Wendy” che mi ha accompagnato in tutti questi anni e ha fatto sì che anche i colleghi, tutt’ora, mi chiamino Wendy.

Diciamo che ormai se mi incontri per strada e mi chiami Elena, a volte non mi giro! (È successo davvero con un’amica).

Vivi all’estero da qualche anno e la tua carriera di pastry chef ti sta regalando parecchie soddisfazioni, vero?  Sappiamo che sei molto attiva, tra consulenze, show cooking e wedding cakes.

Vivo in Lussemburgo da ormai tre anni, con mio marito e mia figlia Elizabeth che ha un anno. Sono una Pastry Chef e lavoro facendo consulenze e docenze di pasticceria in tutto il mondo. Ristoranti, Scuole, Istituti, Pasticcerie, Hotels…

Oppure come tecnico e/o dimostratore per aziende del settore dolciario in fiere o show cooking. Lavoro spesso con grandi Wedding Planners italiani e internazionali per la creazione di Wedding Cakes di lusso e banchetti di dolci a tema.

Ho la fortuna di parlare italiano, francese, inglese e un poco di spagnolo. Attualmente sto studiando anche il tedesco.

Perciò il fatto di vivere all’estero non è un problema. Anzi! È uno stimolo a conoscere sempre di più ricette e tecniche nuove e confrontarmi con colleghi provenienti da ogni parte del mondo.

Mi basta avere la mia macchina o un aeroporto vicino per gli spostamenti.

Diciamo che vivo sempre con una valigia pronta e una da disfare. 

La tua è una passione presente nel sangue sin dalla nascita. Da un punto di vista teorico-pratico, quali sono stati i tuoi primi passi nel mondo della pasticceria?

Sono nata e cresciuta in pasticceria. Quest’anno, a dicembre, i miei genitori festeggeranno i 43 anni di attività con la loro Pasticceria Bosca di Canelli (AT).

Ho imparato molto da mio padre. Osservandolo fin da quando ero piccina.

I miei studi, però sono stati differenti dal mondo della pasticceria.

Ho studiato e mi sono laureata come Art Director, preparando la tesi alla prestigiosa SVA di New York, grazie alla borsa di studio che ho vinto l’ultimo anno dello IED a Torino.

È stata un’esperienza formativa bellissima e utilissima, poiché ora posso sfruttare le mie conoscenze sul mondo della grafica e della comunicazione anche nella pasticceria.

Per quanto riguarda la pasticceria non ho mai smesso di studiare e perfezionarmi seguendo corsi di grandi professionisti italiani e internazionali e da autodidatta, per cercare di trovare e perfezionare sempre di più uno stile che fosse tutto mio.

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Hai citato New York ma sei stata per un periodo di tempo anche a Londra. Hai avuto modo di confrontare la tradizione italiana con la cultura culinaria di queste straordinarie metropoli?

Nel 2000 in Galles e poi nel 2003 in Inghilterra ho studiato l’inglese.

A Londra ho cercato anche di carpire il più possibile i segreti delle decorazioni in zucchero, tecnica che in Italia esisteva già, ma non era così diffusa come ora.

A New York, oltre a preparare la tesi, nei momenti liberi andavo a curiosare nelle più importanti pasticcerie della città sempre per capire le differenze di stile, ricette, tecniche che contraddistinguono la pasticceria anglosassone o americana da quella italiana.

Soprattutto ho compreso che le tradizioni culinarie vanno rispettate!

Va bene cercare di modificare un pochino o reinterpretare alcune ricette, ma lo stravolgere non mi è mai piaciuto.

La bellezza e la difficoltà di approcciarsi a una cultura culinaria diversa dalla nostra, per me, sta proprio nel rispettarne i gusti e le sensazioni che questa può dare.

Hai dimostrato il tuo talento anche in TV. Nel 2013 hai conquistato Real Time con il tuo primo programma televisivo “My Cake Design“. Che ricordi conservi? Soprattutto, qual è la tua idea circa il rapporto tra televisione e gastronomia? Oggi di trasmissioni se ne fanno molte. 

Poter condurre un programma come My Cake Design è stata un’esperienza meravigliosa e anche un pochino surreale.

Quando mi chiamarono per comunicarmi che mi avevano scelta per presentare il programma è stata davvero una sorpresa pazzesca.

Ero un pochino intimorita all’inizio…in famiglia è mio fratello Andrea Bosca che è abituato a stare di fronte alle telecamere per via del suo lavoro di attore.

Però ho avuto la fortuna di lavorare con due splendidi colleghi: Eleonora Giuffrida e Renato Ardovino, con i quali abbiamo da subito instaurato un bellissimo rapporto.

Anche tutto lo staff, dalla troupe alle truccatrici alle costumiste, agli autori sono state una bellissima rivelazione e con alcuni di loro mi sento ancora tutt’oggi.

Per quanto riguarda i programmi di gastronomia diciamo che non sono contraria, MA solo se insegnano o trasmettono davvero la passione che c’è dietro a ogni preparazione.

In caso contrario, quando il divismo supera la passione, allora ammetto che non mi piacciono molto.

In apertura hai fatto riferimento all’insegnamento. In effetti, prima sei entrata a far parte del team di insegnanti del Gambero Rosso e poi del Culinary Institute IFSE. Parliamo di esperienze senza dubbio invidiabili.

Insegnare per il Gambero Rosso è stata sicuramente una bellissima opportunità che mi ha permesso di insegnare, ma anche di imparare molto.

Dal 2015, però, faccio parte del team di docenti del prestigioso Culinary Institute I.F.S.E. di Piobesi Torinese diretto da Raffaele Trovato, con il quale ho il piacere di collaborare tutt’ora come Direttore e Docente del corso di Scienze e Tecniche della Pasticceria.

È un istituto di alta cucina e pasticceria italiana che vanta studenti da tutto il mondo e molti dei nostri alunni ora lavorano a fianco di grandi nomi della pasticceria e della ristorazione.

Con l’I.F.S.E., come Ambasciatore del Gusto Italiano, assieme ad altri colleghi docenti della scuola, siamo stati in giro per il mondo a portare la tradizione della cucina e della pasticceria italiana.

Per citare un’esperienza stupenda tra le molteplici: la settimana della cucina piemontese alla quale partecipiamo ogni anno al magnifico Four Seasons Resort di Orlando all’interno del Disney World, lavorando con il bravissimo Executive Chef Fabrizio Schenardi (piemontese anche lui) e tutto il suo staff.

Poi ricordiamo l’apertura di “Dear Wendy” nel centro di Torino. Ho una curiosità. Ci racconti, tra le tante ricevute, una richiesta da parte di un/a cliente che ti ha davvero sorpreso e per cui ti sei dovuta impegnare tanto?

Dear Wendy è stato (ed è tutt’ora, solo in forma diversa) il mio sogno nel cassetto che sono riuscita a realizzare (grazie anche al supporto di mio marito Michele) e che mi ha completamente cambiato la vita (in meglio ovviamente).

Ho iniziato aprendo la mia pasticceria in centro a Torino e in pochissimo tempo ho avuto un riscontro enorme che mi ha resa orgogliosa e mi ha spinta a cercare di conoscere sempre di più i segreti e le tecniche della pasticceria italiana e internazionale.

Ho ricevuto in questi anni moltissime richieste strane e talvolta un po’ sopra le righe. Una delle richieste più “impegnative” fu quella di riprodurre su dei biscotti, dipingendo a mano con colori alimentari, dei complessi ricami presenti su un rarissimo servizio da Tè inglese di inizio ‘800. Ricordo che sudai freddo quando mi portarono dei pezzi del servizio originali da copiare. La responsabilità di non rovinarli o romperli era enorme.

Un’altra esperienza fantastica fu quando la produzione del tour di Madonna mi contattò, il giorno prima del concerto a Torino del Rebel Heart Tour, perchè volevano servire i miei cupcakes a tutto il corpo di ballo. Quello fu un momento davvero adrenalinico.

Sweet Love” è stato il tuo primo romanzo. Su quali ingredienti era costruita la storia? Lo possiamo definire un po’ autobiografico? 

Per me un dolce, per essere perfetto, deve avere pochi ingredienti, ma buoni.

Il mio libro parla degli ingredienti buoni della vita: amore, amicizia, coraggio e famiglia. È ovviamente ispirato alla mia esperienza personale, ma molti personaggi sono di pura fantasia, così come la protagonista si distacca parecchio, in molti punti da come sono io in realtà.

Oltre a raccontare una storia, la bellezza della scrittura è anche questo: poter far dire o agire un personaggio come si vuole. È molto divertente e liberatorio.

E’ vero che non ti piace molto l’espressione autonoma “cake design”? O meglio, il cake design non può fare a meno della pasticceria?

Nel mio libro lo dico e credo sia in tutto e per tutto il mio Motto: “La Pasticceria senza il Cake Design può vivere, il Cake Design senza la Pasticceria NO!”

Una torta deve categoricamente essere buona. Se poi è anche bella allora è tutto guadagnato.

Ma non possiamo occupare ore e ore di tempo per una decorazione e poi trascurare la parte mangereccia. È quella che alla fine di tutto resta impressa nella memoria.

Descrivici un dolce piemontese a cui sei particolarmente legata.

Sicuramente un dolce a cui sono legata in maniera viscerale è il Mattone delle Langhe. Una ricetta della tradizione povera piemontese che mia nonna Rosina (la mamma di mio papà) preparava in occasione delle grandi feste.

Ed è proprio mio padre, il pasticcere Sergio Bosca, che decise di recuperare la ricetta tradizionale e farlo diventare uno dei cavalli di battaglia della nostra pasticceria.

Ha il sapore di casa, di festa, di tradizione e di famiglia.

Progetti futuri nel cassetto?

Sperando che questa situazione dettata dal Coronavirus si risolva il prima possibile e per il meglio di noi tutti, mi piacerebbe poter tornare a viaggiare e lavorare con le mie consulenze e docenze.

Mi mancano molto gli alunni dell’istituto IFSE e il potermi confrontare di nuovo con tanti colleghi. Ci sono anche altri bellissimi progetti lavorativi in cantiere, ma per scaramanzia…..shhht! Heheheh 

Pietro Bruno

Pietro Bruno

Classe 1994, laureato in “Media, comunicazione digitale e giornalismo” presso la Sapienza Università di Roma. Nel 2017 ho pubblicato il mio primo saggio “È il tempo della radio in TV” (Guida),...

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