A Cellole, in provincia di Caserta, all’interno della storica azienda Villa Matilde, è operativa dalla scorsa estate La Locanda del Falerno, una taverna dove poter degustare i vitigni autoctoni aziendali in abbinamento ai piatti della tradizione.  

La storia dell’azienda vitivinicola Villa Matilde Avallone è nota ad ogni appassionato di enologia, tanto indissolubilmente legata, a doppia mandata, alle origini del territorio campano ove è ubicata.

In un’accezione diegetica, potremmo dire che narra e reinventa continuamente la tradizione territoriale, contribuendo a sviscerare il terroir di appartenenza, e lo storico vitigno autoctono Falerno del Massico, vero e proprio paradigma produttivo di riferimento, tipico dell’alto casertano.

All’interno della tenuta si sviluppa una imponente struttura ricettiva composta da diverse camere per l’accoglienza, ampi giardini, una piscina e un ristorante aperto nel corso dell’intero anno, nel quale vengono proposti piatti della tradizione territoriale, ottenuti da materie prime pressoché di produzione autoctona, ovviamente offerti in pairing con i vini dell’azienda del medesimo asset proprietario.  

L’obiettivo primario degli attuali titolari, Maria Ida e Salvatore Avallone – che abbiamo incontrato nel corso di un’estesa degustazione alla Locanda, intrattenendoci per una stimolante conversazione – è quello di offrire un’esperienza di eno-turismo integrato, raccogliendo l’importante eredità del padre, l’avvocato Francesco Paolo, appassionato imprenditore e grande lettore dei classici letterari dell’antichità.

Potremmo definire il sostrato della Locanda un vero e proprio viaggio nella tradizione eno-gastronomica locale, con le stelle polari della stagionalità e del chilometro zero a tracciarne il percorso, alla riscoperta dei sapori di un tempo – spesso snaturati dalle coeve produzioni agronomiche intensive – e della valorizzazione migliori pratiche culinarie.

Anzitutto, il potere evocativo del luogo, un fascino d’antan che non disdegna commistioni con le moderne tecnologie produttive: le degustazioni avvengono nei locali della vecchia bottaia di Villa Matilde Avallone, debitamente riattata, conservando tuttavia gli arredi originari.

Le sale sono due, noi ci siamo accomodati in quella denominata Eleusi, quarantacinque coperti, disposti in maniera geometrica attorno ad un camino in muratura rustico, utilizzato anche per la cottura di carni e zuppe nei cocci.

L’altra, denominata Falerno, riscaldata in Inverno da un camino più grande, offre sino a cento posti a sedere, una location perfetta per matrimoni e grandi cerimonie: da contraltare, lo splendido spazio esterno, ovviamente fruibile nei periodi con temperature miti, con aree verdi attrezzate, anche per bambini, giardini e frutteti.

Passando alla degustazione, anzitutto di grande interesse l’annotazione, sul menù proposto – variabile a cadenza stagionale, in ragione della fruibilità e reperibilità dei prodotti – del pairing con i vini consigliati dalla direzione, una sorta di formalizzazione dei parametri gustativi, ferma restando la libertà di prescegliere il singolo calice a la carte, ed infine l’incisiva presenza di piatti di pescato fresco del giorno, come ad esempio l’ombrina.

Ottima la teoria degli antipasti, abbiamo assaggiato la “norcineria”, selezione di salumi di maialino nero casertano, formaggi e latticini del pascolo con conserve e confetture di stagione autoctone, seguito dal “carpaccio di manzo marinato alla soia con spuma di ricotta, pancetta nostrana e tuorlo d’uovo marinato”, in abbinamento la bollicina da metodo charmat “Fala’ Festa”, vino spumante brut da Falanghina, annata 2020.

Passando ai primi, la quadra perfetta viene trovata con lo spessore gustativo dei “ravioli di bufala ai tre pomodori”, in abbinamento lo splendido “Falerno del Massico Bianco D.O.C. Vigna Caracci 2016”, un cru aziendale in grado di sorreggere e contrastare l’elevata acidità della preparazione: è la volta dell’eleganza vegetale dell’altro primo, gli “gnocchi all’ortica con olive taggiasche, pomodoro secco e cipollotto”.

Si prosegue con il contrappunto di sapori della “tagliata di vitellone bianco campano con rucola, pomodorino confit, noci e salsa di pecorino”, assaggiato con la “parmigiana di melenzana estiva, coulis di pomodoro, stracciata di bufala e pomodoro caramellato”: in abbinamento, il Taurasi Pietrafusa D.O.C.G. 2016 dell’omonima tenuta, sempre facente parte dei possedimenti aziendali, nel territorio irpino, tannino morbido e grande duttilità di beva.

Per concludere, al binomio di dessert “cheesecake di bufala e albicocca pellechiella” e “mousse al cioccolato fondente con marmellata al mandarino” viene abbinato il fuoriclasse “Passito di Aglianico Deira Roccamonfina I.G.T. 2005”, davvero un bouquet infinito di frutti di bosco rossi e neri, fichi secchi e liquirizia, dal colore rosso impenetrabile ed intenso, straordinaria cartina di tornasole di un territorio che non smette mai di stupire ed emozionare.

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Carlo Straface

Carlo Straface, partenopeo di nascita, corso di studi in giurisprudenza, di professione avvocato e giornalista pubblicista, eno-gastronomia e letteratura le sue coordinate di riferimento. Sommelier di...

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