Andrea Pomo classe 1993, originario del Lago di Garda, la sua passione per il bartending ha inizio a Malta, precisamente in un bar all’interno di una scuola d’inglese. Autodidatta, si è mosso tra libri e tutorial per imparare a eseguire i suoi primi drinks. Tra questi, rimane affascinato da uno in particolare: un video dei “ragazzi” del JerryThomasSpeakeasy in cui spiegavano la loro storia e il loro concetto. Questa la scintilla da cui tutto ha inizio, da cui Andrea decide di intraprendere quello “stile di vita”. Continua a viaggiare per arricchire questa passione, con Spagna e Francia i primi step. Nel 2015 rientra in Italia, precisamente a Riva del Garda, sua città natale, dove intraprende il proprio percorso presso il Riva Bar, capitanato dal mentore Leonardo Veronesi, che gli ha insegnato tutto. Nel 2018 entra nel nuovo team del The Jerry Thomas Project, gli stessi che furono la sua prima fonte d’ispirazione, doveva essere destino! La sua principale passione è il viaggio: il viaggio rappresenta per lui la base del proprio essere. Amante del buon bere e del buon cibo, senza dimenticare le belle donne!

 

Credits Alberto Blasetti

Ciao Andrea, prima della tua esperienza al “Sprachcaffe Languages Plus” di Malta, qual’era il tuo rapporto con il mondo della mixology?

In realtà nessuna, ero lontano anni luce dal concetto di mixology. Inoltre, non sono mai stato un gran consumatore di queste prelibatezze etichettate come “cocktail”. Il mio percorso iniziale è stato quello di diplomarmi, nel lontano 2012, per poi iniziare subito a intraprendere il lavoro di perito elettrotecnico. Cavi, circuiti ed elettricità erano i miei ingredienti!

 

Dopo quell’esperienza ho viaggiato anche in Spagna e in Francia, cosa ti hanno lasciato?

Ovviamente la fortuna di vivere nuove realtà e culture: il mondo è bello perché vario e ognuno ha qualcosa da raccontare e trasmettere qualcosa, anche se inconsciamente. Questo mi ha permesso di avere sempre più stimoli e voglia di imparare.

 

Credits Alberto Blasetti

Nel 2015 la top ten del concorso “MartiniGranPrix” e nel 2016 uno dei primi posti dell’”Appleton Estate Barman Competition”, ci racconti che esperienze sono state per te?

Queste sono state le esperienze più belle della mia vita. E’ stato il primo approccio a maestri e colleghi del settore dell’Hospitality italiana: anche se ero il più giovane sono sempre stato accolto con una bontà indescrivibile. Inoltre, si sono creati dei rapporti di amicizia che continuano tuttora e che mi hanno permesso di arrivare dove sono adesso. Sono un tipo competitivo e queste gare mi hanno anche dato la possibilità di continuare a mettermi in gioco studiando e sbagliando!

Da qualche anno lavori al The Jerry Thomas Speakeasy, che locale è?

Il 27 agosto di quest’anno saranno 2 anni esatti! Il JerryThomasSpeakeasy tecnicamente è un “cocktail bar” con una ambientazione che fa rivivere l’epoca del Proibizionismo Americano. Gli Speakeasy erano infatti dei “salotti” dove era permesso consumare – illegalmente – bevande alcoliche, il tutto segretamente nascosto tramite passaggi segreti, parole d’ordine o giri di conoscenze (i cosiddetti tramaci). Tutto doveva avvenire “sottovoce” .. shhhh.. 

La nostra “casa” vuole essere un luogo d’esperienza unica per l’ospite, una vera e propria seconda casa, ovviamente conoscendone la parola d’ordine! Potete farvi un’idea qui: https://www.instagram.com/jerrythomasproject_rome/ Le nostre proposte di drink si basano sul concetto del “Twist On Classic” ossia “modificare” e migliorare i cocktail classici in chiave moderna. E “Twist On Classic” è anche il titolo di un bellissimo libro edito da Giunti che racconta i primi dieci anni del locale e ha la prefazione di un cliente affezionato d’eccezione, Jude Law, che durante le riprese delle due stagioni di The Young Pope si affacciava spesso da noi. Tra le firme anche quella dello storico dei cocktail David Wondrich.

Credits Alberto Blasetti

Cosa pensi del bartending di oggi e come pensi cambierà nell’immediato futuro?

Il bartending di oggi segue di pari passo la cucina modernista, la ricerca della materia prima, l’applicazione delle tecniche più all’avanguardia e lo studio a 360 gradi del possibile flavour da ricreare. Voglio ricordare, però, che il “bartender” è un professionista dell’ospitalità e queste conoscenze devono essere una chicca da proporre ai nostri ospiti, non il focus principale! Ciò che cambierà nell’immediato futuro è strettamente collegato all’emergenza COVID-19: questo grave problema che ha colpito tutti i settori, in particolare il turismo, provocherà una ricrescita molto lenta di questa fetta di mercato. Questo comporterà a cambiare strategie di lavoro. A mio parere bisognerà tutti quanti fare un bel passo indietro e ritornare alle proprie origini. Una situazione che non deve essere vista come un regresso, ma semplicemente come un progresso graduale, che permetterà di rimarcare le solidi basi che ognuno di noi aveva già realizzato e magari – perché no – far riscoprire elementi che ci eravamo persi nel corso del tempo.

Quale tecnica di miscelazione preferisci?

La tecnica mia preferita è lo “shake&strain”: credo infatti che la “shakerata” sia la firma personale di ogni professionista del settore.

Credits Alberto Blasetti

Ma quanto spazio ha la creatività nel tuo lavoro?

Infinita + 1 ! Non c’è limite alla sperimentazione e all’apprendimento: si può prendere spunto ovunque, basta pensare che il drink “Bubbles Negroni” che ho creato, è ispirato a un film comico filtrato attraverso le mie, personali esperienze.

 

E il distillato che preferisci miscelare?

Citando un mio mentore: “Ah… lui è uno da Rum!”. Il mio distillato preferito è il Rum/Rhum/Ron, in particolare di scuola francese, ossia prodotti con succo puro di canna da zucchero e con note molto vegetali! Le storie legate a questo prodotto sono emozionanti! L’anima di intere popolazioni racchiuse in un liquido!

Qual è il cocktail che preferisci bere e quello che preferisci realizzare?

Il mio cocktail preferito è la Caipirinha, che si realizza con tre, semplici ingredienti: zucchero, lime e una generosa dose di cachaca, il distillato di tradizione brasiliana, che si sviluppa indipendentemente e utilizza il succo puro della canna da zucchero. Esistono varie tecniche di preparazione che si sono evolute e differenziate a seconda delle varie tradizoni (Muddler, Shake ecc..). A me piace shakerarla con ghiaccio a cubi, la stessa dose del bicchiere di servizio. Come ricetta, ecco gli ingredienti: un lime intero tagliato e privato della parte bianca, 1 table spoon (circa 15 ml) di zucchero bianco e 2,5 ml di Gum Syrup (sciroppo di gomma arabica), 50 ml cachaca o rhum (che sia prodotto con succo puro della canna da zucchero).Shakerare con amore e servire direttamente nel bicchiere.

A tuo parere, cosa non può mancare in un bar, a livello di servizio, di attenzione?

La cosa principale che non deve mai mancare al bar è l’interazione umana con l’ospite, un semplice sguardo al momento giusto, una parola, una risata. Tutto questo per farlo sentire come a casa.

 

Progetti per il futuro?

Tantissimi! Ma al momento sono semplicemente in” pausa di riflessione”, vista l’emergenza attuale, ma non appena il tutto finirà ripartirò a cannone! JerryThomasProjectRome ha in serbo tante novità quest’anno.. siete invitati tutti quanti a vederle di persona. No spoiler! Stay strong and safe!

Luigi Cristiani

Laureato in Economia, ha poi conseguito un MBA presso lo Stoà. Lavora in Enel Green Power dove si occupa di pianificazione e controllo . Dal 2010 scrive su diversi blog di economia e finanza (Il Denaro,...

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