La storia della famiglia Zorzettig nel vino inizia più di 100 anni fa, sulle colline di Spessa di Cividale nel cuore dei Colli Orientali del Friuli, luogo ideale per la viticoltura grazie a un terroir e un microclima unici.

Oggi il vigneto di proprietà ha un’estensione di 115 ettari e la produzione annua è in media di 800.000 bottiglie. L’export è del 50% con una presenza storica in Austria e Germania e una penetrazione crescente in diversi mercati, dall’Asia agli Stati Uniti, dall’Australia al nord Europa.

Il vino è un piacere. Figlio della generosità della natura e della maestria e cura umana, diventa un dono. E’ simbolo di passione, di vita, di convivialità. Costruisce relazioni ed esalta le emozioni nel fluire della nostra quotidianità.

Abbiamo intervistato Annalisa Zorzettig che guida l’azienda:

Qual è la storia della sua azienda?

La storia della mia famiglia, nel mondo del vino, inizia più di un secolo  fa, nel Friuli uscito dalla Grande Guerra, quando sulle colline di Spessa nel cuore dei Colli Orientali del Friuli si ricominciava a piantare la vite per tornare a dare una fisionomia al territorio.

Le prime bottiglie arrivano circa 70 anni fa quando, in pieno sviluppo industriale, erano in pochi i coraggiosi che decidevano di investire risorse e fatiche nella terra.

In quel periodo, oltre ai terreni di proprietà, coltivavamo anche le vigne dell’ospedale di Cividale, a cui la gente lasciava terre in eredità. Quando l’ente ospedaliero decise di vendere le proprietà terriere, queste furono acquisite dalla nostra famiglia, ed iniziò una lenta ma progressiva crescita gestita da mio padre e dai miei zii, che li portò a diventare una delle realtà più importanti del territorio.

Circa 30 anni fa la svolta, mio papà Giuseppe collegò il nome della famiglia al marchio aziendale e,  potenziando un’impresa solida ed efficiente, conosciuta non solo in Friuli ma anche al di fuori dei confini regionali.

Il resto è la nostra storia recente: gli ultimi 15 anni hanno visto una crescita e una riqualificazione che ci hanno permesso di arrivare ai vertici della produzione regionale.

Avete grande attenzione al territorio, quanto contano le vs radici?

Sono nata in azienda, ed ho sempre respirato il profumo del mosto. Il richiamo dell’autenticità rappresentata dal vino ed il territorio che lo interpreta, mi ha ben presto indotta ad abbandonare il progetto di diventare avvocato e gli studi in giurisprudenza; un vero e proprio richiamo delle radici, che coinvolgono ed ispirano in maniera totale.

Ritengo di avere molta volontà, determinazione e curiosità nell’esplorare nuovi percorsi, oltre alla capacità di vedere sempre la soluzione in ogni problema.

A sostenere sempre le mie scelte c’è ancora mamma Antonietta, da sempre presente in azienda e grande punto di riferimento per me.

È entrata a pieno titolo in azienda anche mia figlia Veronica, mettendo al servizio la sua precisione, le capacità gestionali e una sincera sensibilità verso la sostenibilità ambientale e il mondo green.

Gira con il suo monopattino per la cantina infine Leonie, la mia nipotina, che rappresenta la continuità della tradizione al femminile. Fin da piccola accoglie con gioia l’emozione della vendemmia e osserva con interesse il cambiamento della vite nelle stagioni.

Un’azienda che non sarebbe difficile definire matriarcale, se non fosse per la presenza discreta e laboriosa di mio papà.

Per cui radici molto profonde che portano linfa anche alle future generazioni, radici che ci portano ad amare la propria terra promuovendo il nostro territorio anche con Convivio , la nostra associazione culturale dove promuoviamo la tradizione friulana dall’arte alla musica all’enogastronomia collaborando con importanti realtà come il Mittelfest.

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Qual è il  vostro  business model  e quali sono  i mercati a cui vi rivolgete?

La nostra vision è trasmettere un territorio e dei valori in maniera trasversale, fruibile ed appassionata; nel tempo abbiamo sempre avuto la curiosità di comunicare al meglio questa nostra identità, a clienti , enoturisti e consumatori aprendo le porte delle nostre cantine e del nostro agriturismo. I clienti sono soprattutto nel canale horeca ma anche la vendita diretta in cantina.

Ad oggi quali sono i vostri numeri sul mercato?

In Italia abbiamo diversificato la distribuzione, attraverso i segmenti HoReCa, Retail e On-Line.

La quota di export è del 50% con una presenza storica in Austria e Germania e una penetrazione crescente in diversi mercati, dall’Asia agli Stati Uniti, all’Australia al nord Europa.

Qual è la tecnologia utilizzata e come funziona il processo produttivo della vs. cantina? 

Risale al 1993 la riqualificazione di magazzini e cantina, sempre guidata dall’elevata coscienza ecologica. Nel 2010 si arriva al rinnovo del sistema di imbottigliamento con l’adozione della più moderna tecnologia per la salvaguardia del vino.

Nella fasi di lavorazione si è arrivati al mantenimento costante di una temperatura controllata in tutti gli stadi. Per l’invecchiamento, è stata ripristinata e ristrutturata l’antica cantina datata 1780, riportata a pietra come in origine.

Il vigneto di proprietà ha un’estensione di 120 ettari, la produzione annua è in media di 800.000 bottiglie.

Come è nato il progetto Myo?

I vini della selezione Myò Vigneti di Spessa sono espressione del percorso di crescita che l’azienda ha imboccato con decisione da diversi anni.

Tutti i vini sono DOC Friuli Colli Orientali e tutti sono vinificati in purezza. Ci sono gli autoctoni friulani e alcuni alloctoni come il Pinot Bianco e il Sauvignon che sui declivi nei dintorni di Cividale sanno esprimersi ai massimi livelli. I vigneti per questa produzione sono stati accuratamente selezionati fra i più vecchi e fra i più promettenti della Tenuta e tutte le uve sono state vendemmiate a mano. Un vitigno particolarmente caro a mio papà Giuseppe è il Pignolo, amato per la ricchezza e il valore autoctono nel quale non ha mai smesso di credere, anche quando le mode spingevano verso varietà internazionali.

L’origine del marchio MYÒ; è un termine estrapolato da un verso della più antica ballata friulana, composta a Cividale del Friuli nella prima metà del XIV secolo. Quattro strofe nelle quali un giovane innamorato paragona la sua donna alla sua terra, entrambe amate più di ogni altra cosa. Tutte le poesie dell’epoca raccontavano momenti di vita: il lavoro nei campi, l’amore, il quotidiano. E MYÒ vuole essere un richiamo diretto alla terra friulana, alle sue tradizioni, ai suoi riti.

Le bottiglie della linea MYÒ hanno un’anima tradizionale ma un volto originale, grazie alle inconsuete etichette, che capovolgono il comune approccio a un calice di vino e che vogliono rappresentare quel senso di amore e protezione per la natura.

Progetti per il futuro?

Tra i nuovi progetti in evoluzione, vi è la creazione de  “La Cantina Viva” . La cantina diventerà così una grande casa in grado di unire tutto il percorso del vino, dall’arrivo delle uve alla vinificazione, dalla maturazione nelle botti all’affinamento in bottiglia, fino alla sua scoperta e degustazione attraverso gli spazi dedicati all’ospitalità.

Il progetto è pensato per rendere totalmente sostenibile la nostra produzione, e completare l’intero percorso di valorizzazione della biodiversità dei nostri vigneti, che ospitano diverse essenze, piante ed insetti.

una curiosità  un piatto da lei preferito con relativo vino abbinato?

Imperdibile e delizioso, un grande classico come il Friulano, abbinato a degli spaghettoni con grancevola dell’Adriatico, pinoli tostati e rucola.

Antonio Savarese

Ingegnere gestionale, sono un Project Manager in Enel Italia nella funzione System Improvements. Da piu' di 15 anni svolgo attivita' come giornalista freelance e consulente di comunicazione per alcune...

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