La vita è meravigliosa.

La meraviglia risiede nell’incredibile casualità degli episodi che ti propone e che stravolgono completamente le tue conoscenze, i tuoi parametri, ma soprattutto le tue convinzioni.

Uno degli episodi che di recente ha totalmente stravolto i miei parametri e che ha portato scompiglio nella mia personalissima conoscenza del vino, è stata la partecipazione ad una verticale di un vino che finora non solo non avevo ancora assaggiato, ma soprattutto – e di questo mi pento e mi dolgo – mai sentito nominare.

Sto parlando della Vernaccia di San Gimignano, prima storica DOC in Italia nel 1966.

San Gimignano è un paesino di 7700 abitanti nella provincia di Siena, famoso soprattutto per le sue numerose torri e per il centro storico, pressoché intatto, di epoca medioevale.

Se come me  avete sempre collegato la Toscana esclusivamente a grandi vini rossi, dovrete ricredervi.

Non solo è un’uva bianca, ma ha una potenza gustativa e una complessità olfattiva, che in un’assaggio bendati, farebbe vacillare non poco anche il sommelier più esperto.

Non a caso Armando Castagno, in un suo libro ha descritto la Vernaccia di San Gimignano come un rosso travestito da bianco, capace di capovolgere lo schema gustativo mentale che ognuno di noi ha quando si approccia ad un vino bianco.

Al naso la Vernaccia di San Gimignano ha profumi di frutta matura, di agrumi, di miele, ha sensazioni balsamiche, è minerale e può avere anche una piccola nota di idrocarburi.

In bocca però, un vino bianco dovrebbe avere una buona acidità, che regala al palato tutta la freschezza dei bianchi, dovrebbe avere sapidità, per stimolare la salivazione e invogliare ad un nuovo morso, di certo non sarà mai tannico, caratteristica che, soprattutto nelle schede di valutazione, abbiniamo esclusivamente ai vini rossi.

Eppure la Vernaccia è un vino con una bassissima acidità, con una spiccata sapidità, con un’ottima morbidezza, è persistente, con un tannino leggerissimo e finissimo, soprattutto se passa in botte.

È un vino che spiazza, che mette in crisi le convinzioni acquisite negli anni.

È soprattutto un vino imparagonabile, uguale solo a se stesso e contemporaneamente a tutti.

Merito del territorio, delle sue uve, del suo disciplinare unico al mondo; pensate che è uno dei pochissimi disciplinari che non solo indica quali altre uve possono concorrere alla produzione della Vernaccia di San Gimignano DOC e in che percentuali, ma soprattutto elenca quali non si possono usare.

Prima dell’inizio della degustazione ero semplicemente convinto che quella sera avrei soltanto ampliato il mio bagaglio culturale, aggiungendo un altro vino alla mia lista dei “provati”.

All’uscita ero un’altra persona, con la mia personale classifica di vini preferiti completamente stravolta e un sorriso stampato sul volto.

Nel mentre, mi ritrovavo a pensare ancora una volta quanto sia meravigliosa la vita.

Redazione Foodmakers

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