Gli uomini, come le terre, hanno una vocazione. È stato così che un ragazzo di una quindicina d’anni ha avuto la folgorante intuizione di quale sarebbe potuta essere una vita vissuta alla luce della sua realizzazione. L’incontro fra il giovanissimo Maurizio Zanella e la dolcezza della Franciacorta, quando la madre si trasferisce ad Erbusco e impianta il primo vigneto, è il primo contatto di quello che sarebbe stato l’amore di una vita. Ma è dopo un viaggio in Champagne, la cui meta sono le famose maisons dove nasce quel vino che da sempre affascina ed accende la fantasia, che Maurizio ritorna con l’idea irremovibile di realizzare qualcosa di simile. Quella che era una casa immersa in un bosco di castagni, si è trasformata in una delle più moderne e avanzate cantine d’Italia. Da allora un unico principio definisce l’essenza di Ca’ del Bosco: la ricerca dell’eccellenza.

Abbiamo intervistato Maurizio Zanella, fondatore e presidente di Ca’ del Bosco:

Qual è la storia di Ca’ del Bosco?

La nostra storia ha origine a metà degli anni Sessanta, quando mia madre, Annamaria Clementi, acquista ad Erbusco in Franciacorta una piccola casa in collina, chiamata localmente “ca’ del bosc”, immersa in un fitto bosco di castagni di circa 2 ettari.

Nel ’68 prende corpo l’idea di impiantare un vigneto e nel 1972 nasce il primo vino, il Pinot di Franciacorta Bianco.  Da lì in avanti inizia un lungo percorso fatto di crescita e costante ricerca.

L’obiettivo è sempre stato quello di creare una struttura dotata della tecnologia più avanzata legata alle tradizioni più nobili e di una immagine propria, elitaria, di grande spessore culturale nel contesto del sistema vino Italia.

Oggi dove siete arrivati (produzione, fatturati, mercati, referenze, etc.)?

Ca’ del Bosco oggi è tra le più avanzate cantine al mondo. Il nostro metodo asseconda la naturale tipicità delle uve che dipende dalla varietà e dalle tecniche di coltura della vite. La nostra filosofia si basa sull’applicazione della tecnologia per ottenere i migliori vini possibili. Ogni partita di uva vendemmiata è una personalità unica, da rilevare e da orientare verso la sua migliore espressione.

Ca’ del Bosco ha contribuito a definire la vocazione di una zona viticola, la Franciacorta. Un grandissimo traguardo se si pensa che tutto ciò è stato realizzato in poco meno di 50 anni.

Ad oggi la produzione conta circa 1 milione e 800 mila bottiglie per un fatturato di circa 40 milioni di euro. I mercati principali, oltre a quello italiano che copre circa il 75%, sono rappresentati da USA, Giappone, Germania, UK e Svizzera.

Dal punto di vista dei vitigni da dove siete partiti e come avete poi avete diversificato ci racconti il percorso.

La nostra tradizione, negli anni ’60, ha inizio con i vini tranquilli. Per questo motivo, nei 2 ettari circostanti la cantina, coltivavamo vitigni perlopiù autoctoni, a bacca bianca e nera, secondo la tradizione contadina dell’epoca. Successivamente, dopo aver approfondito le conoscenze del territorio franciacortino e delle tecniche agronomiche, sono stati piantati i primi vitigni internazionali e dagli anni ’70 fu subito chiaro che i risultati sarebbero stati ben diversi. Oggi, oltre allo Chardonnay, al Pinot Nero e al Pinot Bianco che in Franciacorta raggiungono picchi qualitativi straordinari, continuiamo a coltivare anche vitigni tipici del taglio bordolese come Merlot, Cabernet Franc, Cabernet Sauvignon e Carménère, vinificati con sapienza secondo le migliori tecniche di cantina. Ad oggi conduciamo direttamente circa 248 ettari di vigna dislocati in otto comuni della Franciacorta, un patrimonio unico in termini di suoli.

1 / 6
Territorio e sostenibilità, due parole spesso abusate, Voi invece come le avete declinate? Quali progetti avete realizzato?

Tutto il nostro lavoro si basa sulla natura e sul suo fragile equilibrio. Il vino nasce dalla terra, pertanto è fondamentale intervenire per proteggere questo tesoro. In virtù di ciò, negli anni abbiamo scelto di convertirci ad un’agricoltura di tipo biologico, ottenendo la certificazione nel 2014. È stato sicuramente un processo lungo e impegnativo ma che ogni giorno ci ripaga con la consapevolezza di salvaguardare i nostri suoli, anche per le future generazioni.

La crisi Covid ci ha colto di sorpresa, come avete reagito e come vede il futuro del vostro settore? Qualcosa cambierà? In particolare la crisi ha messo in evidenza la necessità di avere un canale digitale sviluppato, voi come siete organizzati?

La crisi conseguente al Covid ha duramente colpito il settore eno-gastronomico e lo ha fatto in un periodo già molto delicato per il nostro Paese. Dopo un momento iniziale di incredulità e sgomento, visto che ci troviamo in una delle zone più colpite dalla pandemia, abbiamo deciso che era necessario dare un segnale di vicinanza a tutti coloro che negli anni hanno creduto in Ca’ del Bosco. Per questo motivo è nato il progetto “Troviamoci”, una sorta di vetrina virtuale sul portale aziendale per offrire spazio in rete alle realtà della migliore ristorazione nazionale, che qui potranno segnalare sia riaperture che proposte in termini di delivery o take away. Un servizio per i nostri consumatori ma anche un modo per rafforzare l’alleanza con i nostri clienti in un momento difficile.

Per finire una nota di colore, il vino (non suo) che la fa impazzire e con cosa lo abbinerebbe?

La Tache di Romanée-Conti abbinato al pollo arrosto.

Antonio Savarese

Ingegnere gestionale, sono un Project Manager in Enel Italia nella funzione System Improvements. Da piu' di 15 anni svolgo attivita' come giornalista freelance e consulente di comunicazione per alcune...