Spenti i riflettori sul Pizza Village e calato, speriamo per sempre, il sipario sulla polemica Briatore/pizzaioli napoletani, torniamo a parlare di temi che ultimamente hanno catturato la nostra attenzione. Parliamo di vino. E sai che novità, dirà qualcuno…
Più precisamente di carta dei vini, della presenza sempre più frequente di tale “suppellettile” in pizzeria e della gestione del reparto “wine” all’interno dei locali.

Perché si fa presto a dire abbiamo la carta dei vini, proponiamo abbinamenti cibo/vino, vini al calice, pairing studiati dal sommelier per i menù degustazione e via discorrendo.

Ma chi realmente gestisce questo importantissimo settore della sala all’interno di un locale?

Chi si adopera affinché l’offerta sia davvero interessante per il cliente?

Il problema della gestione carta dei vini/abbinamenti riguarda, ahimè, anche altre tipologie di ristoranti molto diversi dalle pizzerie, ma forse in questi casi, ancor di più, sottintende una sofferenza più generalizzata della sala, che proprio di questi locali dovrebbe essere bandiera. Per ora restiamo in zona pizzerie perché quest’ultimo è argomento più vasto che approfondiremo in sede più opportuna.

Sorvoliamo sul discorso della opportunità o meno delle grandi carte dei vini in pizzeria, quelle con centinaia di nomi altisonanti e blasonate etichette di champagne, questione probabilmente soggettiva quindi in parte insindacabile. Partiamo piuttosto dal presupposto che ormai in molti hanno una carta e soprattutto che, sempre più spesso, nei locali fanno bella mostra di sé decine e decine di bottiglie (tra quelle esposte in scaffale o negli appositi frigoriferi a temperatura controllata) che potrebbero far concorrenza alle più fornite enoteche.

Quanto di questo vino viene realmente acquistato e bevuto dagli avventori dei locali?

Molto poco a giudicare dalle mie ultime esperienze in diversi locali campani. Più di una volta è capitato che al tavolo non venga fatta menzione alcuna di questo tipo di offerta. Il personale di sala, al momento di ordinare da bere, non propone al cliente la possibilità di scegliere un vino, né in bottiglia né al calice, né tantomeno lascia al tavolo la carta dei vini insieme al menù.

Cosa alquanto singolare se pensiamo che da anni si sente dire che anche le pizzerie rincorrono riconoscimenti come la stella Michelin.

Cosa penserebbe un anonimo ispettore della rossa davanti a simili episodi?

Locali pieni e non una bottiglia o un calice serviti a tavola.

Viene da chiedersi il perché di una situazione che di certo non dovrebbe essere avallata dai titolari delle suddette attività, che molto probabilmente in quelle etichette hanno investito denaro, né tantomeno dai responsabili di sala, si presume incaricati di garantire miglior profitto.

Che non si vogliano tenere occupati i tavoli in momenti in cui si preferisce far girare la clientela?

Viene difficile crederlo perché il cliente che ordina una o più bottiglie di vino, si trattiene certo di più a tavola, ma a fronte di uno scontrino molto più alto della media.

Altra ipotesi è la mancanza di personale qualificato a offrire e spiegare una carta dei vini, cosa abbastanza anomala in un’epoca in cui ormai è sempre più frequente la figura del sommelier in pizzeria.

Meglio risparmiare su una figura qualificata perdendo sugli incassi? Meglio lasciare lì le bottiglie esposte giusto per le foto social?

Resteremo con il dubbio.

Anna Orlando

Maturità classica, laurea in giurisprudenza, avvocato da oltre 15 anni. L'interesse per la cucina e per il cibo nasce dall'aver osservato in silenzio prima una nonna e poi una mamma ai fornelli. L'essere...

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