Carloforte è un comune di poco più di 6.000 abitanti che si trova nell’isola di San Pietro, nella parte sud-occidentale della Sardegna. I Tabarchini formano una comunità caratteristica, che è stata protetta da questa condizione di doppio isolamento.

La loro storia travagliata risale ai primi del 1.500, quando una piccola comunità ligure proveniente da Pegli, emigrò nell’isolotto di Tabarka (da li il nome distintivo) nei pressi di Tunisi. Per secoli, si dedicarono alla fiorente pesca del corallo e ai traffici commerciali di spezie e stoffe di pregio. Quando i rapporti con i Rais nordafricani si deteriorarono, chiesero protezione al Re Carlo Emanuele III di Savoia. E solo dopo molte insistenze, nel 1738 concesse loro, la piccola isola degli Sparvieri, oggi di San Pietro.

Dal 2004 Carloforte è diventato un Comune Onorario della Città Metropolitana di Genova. Riconoscimento dovuto in virtù dei legami storici, linguistici ed economici con la Liguria, i cui usi culturali e gastronomici sono gelosamente tramandati. Questi ultimi in particolare si ritrovano in tanti piatti, ma quello identitario per eccellenza è il cous cous Tabarchino o Cascà. Celebrato con una importante sagra che si tiene nella seconda metà di Aprile, attira una grande quantità di turisti e buongustai.

Il cous cous, è una preparazione di chiara provenienza maghrebina, che si è diffusa in tutto il mediterraneo diventando uno dei piatti più apprezzati, anche per la sua versatilità. Condito abbondantemente con carne, pesce o semplicemente verdure, ne esistono tantissime varianti e combinazioni. Per questo motivo, e anche per il modo in cui viene servito, è considerato ancora oggi, il piatto della fratellanza e dell’amicizia interraziale.

La semola di grano duro si lavora in piccole quantità su una spianatoia. Si aggiungono poche gocce d’acqua e compiendo dei gesti circolari della mano con le dita aperte, si vanno a formare delle briciole di forma e dimensioni irregolari. Si lasciano asciugare su un canovaccio, poi vengono condite con olio e sale, e si procede alla cottura nella “couscoussiera”. Un caratteristico contenitore di coccio con il fondo forato che viene posizionato sopra un’alta pentola di metallo contenente dell’acqua bollente o ancora meglio un brodo di bucce di verdure.

Con una pastella di farina, si sigillano i bordi così che il vapore aromatizzato non fuoriesca ma passi attraverso i fori, cuocendo lentamente il nostro cous cous.

Per il condimento, la tradizione di Carloforte prevede l’uso di sole verdure. Cipolle, cavolo cappuccio, carote, patate, ceci e piselli, ma anche carciofi, zucchine e altri ortaggi di stagione, vengono cucinati insieme in una grande pentola. Si inizia con i legumi aggiungendo via via, tutti gli altri ingredienti, rispettando i diversi tempi di cottura, così che non perdano sapore e consistenza.

Quando il cous cous è cotto, si condisce con le verdure ancora calde e si profuma con “La Saporita”. Una aromatica miscela di spezie, tra le quali il coriandolo, la cannella, i chiodi di garofano, la noce moscata e l’anice stellato, che danno un sapore inconfondibile al piatto.

Sara Sanna

Ho 49 anni e abito in Sardegna. Ho lavorato come tecnico del restauro archeologico prima, poi, come guida turistica e operatrice museale presso la "Fondazione Barumini Sistema Cultura" che si occupa della...

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