Giacomo Caravello classe 1989, già  a La Montecchia dagli Alajmo e con Martina Caruso al Signum dal 2014 al 2018,  esordio da commis e congedo da sous chef con il pallino della panificazione. Nel 2019 si butta nell’avventura del Balìce, nella sua città natale  

Ciao Giacomo, come nasce la tua passione per la cucina?

Ciao, in realtà non c’è stato un momento o una particolare esperienza, direi che più in generale è stato l’amore per la tavola in generale a far nascere in me la ricerca di esprimermi in questo settore.. dalla cucina ho avuto la chiamata alla quale ho risposto inizialmente con ingenuità e timore ma per fortuna sembra essere andata bene

Tra le tue esperienze ricordiamo quello presso la famiglia Alajmo, cosa ti ha lasciato?

Si, esattamente la prima esperienza.. essere catapultati in una realtà come quella, che include una grande tradizione ristorativa di famiglia ad altissimi livelli e una delle migliori aziende del settore in termini di produttività è stata una gran fortuna ma è servita anche a fare i conti con la realtà, col sacrificio e la professionalità che si celano dietro questo mondo ormai fin troppo luccicante.  

Poi 4 anni al Signum con Martina Caruso, cosa porti con te di questa lunga esperienza?

Cinque stagioni per l’esattezza più una gran quantità di eventi ed esperienze in giro per il mondo. Direi che molto semplicemente al Signum ed in particolare con la famiglia Caruso ho imparato questo mestiere davvero, non finirò mai di ringraziarli; e da un punto di vista umano adesso mi sento di avere due cittadinanze, sono un isolano di adozione ormai.

Come nasce il progetto Balìce?

Il progetto nasce in primo luogo da una scelta di vita: provare a costruire un futuro nella propria terra, in questo caso la mia città, Milazzo; in secondo luogo dalla necessità di esprimermi al 100% con una mia creatura . Probabilmente non lo avrei fatto da nessun’altra parte, piuttosto avrei continuato a lavorare per conto di altri.

Nella tua cucina come si legano tradizione e contemporaneità?

Certamente l’utilizzo di tanti prodotti nella mia cucina è il risultato di esperienze e ricordi legati alla mia vita e al mio palato, quindi anche alla tradizione.. l’abitudine a trattare il pesce azzurro e le verdure, tipici della cucina siciliana, rispettandoli come i più pregiati degli ingredienti. Penso che oggi è essenziale questo passaggio per parlare di contemporaneità.. per il resto mi sento molto libero nelle mie scelte, amo il mio lavoro proprio per questo, non sento la responsabilità di dover fare tradizione e neanche quella di doverla a tutti i costi dissacrare, questi parametri per me non esistono.

Qual è la tua filosofia di cucina?

Come anticipato nella risposta precedente, la mia cucina è libera, tendenzialmente fatti di ingrediente, lunghezza al palato e qualche acidità. Amo parlare di Ristorazione più che di cucina, questo è quello che provo a trasmettere a chi lavora con me e a chi mi viene a trovare.. dovremmo parlare un po’ di più di quanto sia importante tutto quello che si trova fuori dal piatto, senza il quale potremmo avere cene nervose, con musica inadeguata, vicini di tavolo fastidiosi, vini abbinati male, sedie scomode, illuminazione sbagliata e camerieri sgarbati. Abbiamo troppi chef e pochi ristoratori.

Oltre alla carta proponi due menu degustazione: il Balice con una proposta più personale e il Be Classic a 70 euro con piatti tradizionali di mare, ce li racconti?

Il primo rappresenta più a fondo quella che è la mia mano nella creazione del piatto e nella scala di sapori che mi piace trasmettere all’interno di un menù, “Sgombro, salsa al caprino, capperi canditi e crackers alla cipolla”, l’”Hummus, panna acida, senape e nasturzio”, lo “Spaghetto al pil pil di baccalà” sono alcuni dei miei piatti preferiti; il secondo è un menù che racchiude alcuni piatti che amo trovare nei menù da cliente e che spesso latitano nella ristorazione, dal crudo di gambero di nassa al totano ripieno passando per le zuppe con pesci e crostacei

Cosa porti della tradizione siciliana nel tuo menù?

Dovendo nominare un ingrediente fortemente tradizionale e super locale direi sicuramente la balìce! Nome che viene dato al “pesantone” ( il tombarello ) in seguito ad una conservazione sotto pepe e sale per circa 40 giorni, praticamente parliamo dell’aperitivo dei pescatori, che si trova nel nostro menù in una pasta, il “Tagliolino Balìce, con burro affumicato e limone

A quale piatto della tradizione siciliana sei più legato e perché?

Domanda difficilissima, ma dovendo scegliere direi la caponata;per la sua riuscita richiede grande palato, stagionalità assoluta e attenzione nei vari passaggi della ricetta da richiede una inconsapevole padronanza tecnica anche da parte delle nostre mamme e nonne.

Giacomo sei giovanissimo, quali sono I tuoi obbiettivi per il futuro?

Sicuramente consolidare il mio ristorante sia da un punto di vista aziendale che di settore, siamo appena nati e di strada da fare ne abbiamo tanta, successivamente lavorare nel territorio cercando di muovere sinergie per far crescere il comparto ristorativo nella provincia di Messina.

Luigi Cristiani

Laureato in Economia, ha poi conseguito un MBA presso lo Stoà. Lavora in Enel Green Power dove si occupa di pianificazione e controllo . Dal 2010 scrive su diversi blog di economia e finanza (Il Denaro,...

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