A partire dal film “Sole a Catinelle” di Checco Zalone, fino al dolce traditore con la finta bottarga di Terry Giacomello, che giustamente si burla delle convenzioni, quante volte abbiamo letto questa battuta, sotto la fotografia di un piatto Gourmet?

Io tante, e la trovo ormai poco divertente. Ecco perché ho deciso di provare a fare chiarezza su un argomento che sembra che molti vogliano ignorare. La cucina Gourmet, il suo messaggio e le sue porzioni.

Partiamo dalle basi.

Il menù alla carta

Il menù alla carta è la tradizionale lista in cui troviamo tutte le pietanze che lo chef propone ai clienti del proprio ristorante.

Questo permette di avere una scelta di piatti più o meno ampia, in modo da comporre il pasto secondo i propri gusti.

Sarà suo compito offrire una varietà di preparazioni che incontrino il favore dei clienti, seguendo quella che è la consuetudine e le caratteristiche stesse del ristorante, anche nelle dosi servite. 

Un menù alla carta, comporta un certo investimento quotidiano in termini di materie prime. Tutti i piatti presenti, devono essere potenzialmente realizzabili e quindi tutti gli ingredienti, disponibili nelle giuste quantità.

Il menù degustazione

Il menù degustazione invece, non prevede scelte da parte del cliente. Il meccanismo è lo stesso del “menù fisso”, in cui le portate sono decise dallo chef che le compone secondo un dato ordine e per le quali si paga un prezzo prestabilito.

In base alla stagionalità e all’esperienza gustativa che vuole proporre, il ristorante offre dei menù completi, che sono un vero e proprio percorso solo parzialmente modificabile.

In questo caso, deve esserci fra chef e cliente un rapporto di fiducia e conoscenza. L’ospite si affida al professionista che lo guida in un viaggio tra i sapori.

Nulla vieta ai ristoranti di proporre entrambe le alternative. Quindi un menù alla carta, in cui si trovano tutte le specialità della cucina, più adatto ad una clientela che preferisce far da se, e un menù degustazione per chi invece, ritiene più interessante seguire lo chef, per vivere un’esperienza diversa dal solito.

Di pari passo con i menù degustazione va la cucina Gourmet. Letteralmente, il significato della parola Gourmet, in prestito dalla lingua francese è “buongustaio”, ovvero colui che sa mangiare e che conosce ciò che mangia.

A questo punto possiamo chiederci perché i ristoranti Gourmet, con i menù degustazione siano sempre più numerosi e attirino così tanta curiosità, nonostante le porzioni ridotte e i costi elevati. Cosa li differenzia da quelli tradizionali? 

La scelta degli ingredienti

Senza buoni ingredienti non si possono creare dei buoni piatti. E per trovare degli ingredienti di qualità, bisogna cercare la migliore condizione dell’agrifood. L’abbondanza non è una buona consigliera, perché impedisce la ricerca di varietà meno diffuse sia di vegetali che di tagli di carne.

Tutto questo ha un costo. E non si parla solo dell’utilizzo di prodotti esclusivi come il foie gras, il caviale, i crostacei e i pesci pregiati, ma anche il modo in cui sono stati coltivati, pescati, allevati, raccolti. Arrivano da filiere controllate, sostenibili, in cui non si pratica l’allevamento estensivo o le colture forzate. Ci si dedica tempo anche nella scelta.

Ciò che mangi e il luogo in cui ti trovi, indicano qualcosa di più ampio. Un ristorante di alta cucina ha un suo messaggio, un suo scopo, una missione. Non solo servire un buon pasto, o meglio, quello è il punto di partenza, ma poi si arriva a toccare l’ecologia, la sostenibilità, la stagionalità, la reddittività per i produttori. Quindi si punta sulla forma, ma anche la sostanza è essenziale, come l’eccellenza delle materie prime.

Altro concetto importantissimo nei ristoranti Gourmet è il tempo.

Il tempo

Non stiamo parlando di una trattoria sulla statale in cui, durante un servizio, si possono seguire centinaia di coperti.

Le regole imposte dal Covid hanno ridotto ovunque le presenze, ma in questi ristoranti non si è mai cercato il numero assoluto, bensì di garantire una condizione di benessere ottimale per i clienti, che pagano anche per la discrezione, l’eleganza e la tranquillità. E la permanenza durante un pasto, può durare anche diverse ore.

Questo ci porta all’atmosfera.

L’atmosfera

Un ristorante con stelle Michelin o riconosciuto dalle guide gastronomiche, che pratica l’alta cucina, di solito si presenta sfarzoso anche negli arredi, minuziosamente curato nei dettagli, magari accoglie collezioni d’arte o mobili di pregio. Le sale da pranzo tendono ad essere dipinte con colori chiari, per renderle più luminose. Si considerano tutti i particolari, dai fiori freschi alla posateria e ai tessuti costosi. Questo significa più personale specializzato, più addetti alle pulizie e alla cura degli spazi.

Come ho già detto, un ristorante di fascia alta, di solito va a servire meno persone, ma in proporzione, gli addetti che si dedicano all’accoglienza, sono in numero decisamente sostenuto. Arrivando in certi casi ad avere uno staff più numeroso degli stessi ospiti paganti. Per non parlare della squadra in cucina.

Il personale

Molto raramente ciò che compare nei piatti, è qualcosa di appena condito, cotto e poco lavorato. In questi luoghi, gli ingredienti vengono trasformati in vapori, gel, mousse, caramelle, schiume, purè ed emulsioni. Preparazioni che richiedono un grande dispiego di tempo e conoscenza di tecniche avanzate.

Ci sono pochissimi coperti, ma in cucina trovi un gran numero di professionisti con mansioni diverse, che sono lì dalle prime ore del mattino, anche se il ristorante non apre fino alla sera.

Lo chef, e la sua creatività rappresentano un elemento fondamentale, ma che da solo non basta. Le maestranze sono il cuore del progetto. Persone che gli stanno accanto e che lo aiutano a sviluppare le sue idee straordinarie. Un team preparato in cucina è importantissimo. L’affinamento della tecnica è la base della vera creatività.

Thomas Keller

Per spiegare in modo esaustivo il concetto di Cucina Gourmet, riporto il pensiero dello Chef Thomas Keller.

Conosciuto per le sue abilità culinarie e gli standard elevati, ha creato una “collezione” di ristoranti che stabilisce un nuovo paradigma nella professione dell’ospitalità. Quella che per primo lui ha indicato, è la direzione in cui i ristoranti di fascia alta si stavano già dirigendo.

La sua filosofia è chiara

“Alla fine, un ottimo pasto non riguarda il cibo e il vino. Un ottimo pasto è per il cliente un’esperienza emozionante. Cerchiamo di renderlo straordinario in un contesto bellissimo, con uno staff che si prende cura di lui come in un ambiente casalingo, e dove ci si dedica al suo benessere in modo esclusivo. Un ottimo pasto non è solo quello che ti riempie. È un viaggio che ti riporta a fonti di piacere che potresti aver dimenticato e in luoghi in cui non sei mai stato. I nostri chef sono meticolosi nelle preparazioni culinarie, nelle tecniche fondamentali, creando una cucina che porta in tavola i migliori prodotti della terra. Nessun dettaglio o elemento può essere meno importante o più importante di un altro.” 

Passiamo al quesito che tutti si pongono. Perché le porzioni sono così piccole? La risposta è semplice. Non lo sono. Questo è un malinteso popolare.

La legge dei rendimenti decrescenti

Keller ha costruito i suoi menù sull’idea della “legge dei rendimenti decrescenti“, ispirandosi a una teoria economica. Il modello culinario di questa legge è che il primo assaggio di un piatto sia quello rivelatore. Nuovi gusti e consistenze, grande eccitazione. Ma dopo quei primi morsi, il divertimento viene meno.

Piuttosto che imporre al cliente di continuare a mangiare il resto di un’enorme insalata, o una pesante cremagliera di agnello al forno, la sua idea era di ridurre tutto e offrire un menu di assaggi, detto anche “di degustazione“, che continuava a stupire e offrire nuovi sapori e nuove consistenze fino alla fine del pasto.

Dopo di lui, grandi chef hanno continuato su questa strada.

Come tirare fuori un sapore da un ingrediente senza nasconderlo? Lo studio, la sperimentazione, il percorso faticoso, è questo che si deve riconoscere e apprezzare.

È commovente vedere l’attenzione e la passione che alcuni chef illuminati, mettono nel loro lavoro. Sono come artisti del cibo, solo che le loro opere non finiscono nei musei per essere ammirate, ma sono in grado di dare uguali emozioni. E tutti sono accomunati dalla voglia di superare i limiti imposti dalle convenzioni.

Credo, che tre in particolare meritino una menzione per il contributo che hanno dato nell’evoluzione dell’alta cucina Gourmet.

Magnus Nilsson

Chef del Fäviken.

Invece di aprire un ristorante Gourmet a New York, ha creato il migliore dei ristoranti stellati in mezzo alla campagna svedese. Un luogo dove apparentemente non esistevano delle opportunità di crescita. 

La filosofia che lo guida nella creazione dei suoi magnifici piatti dice che “il nuovo non è sempre meglio del vecchio“. Ma purtroppo, una caratteristica spaventosa della cultura gastronomica, è che se si smette di praticarla, svanisce molto velocemente. Molti piatti del passato si sono estinti o stanno per essere dimenticati.

Il lavoro degli chef che fanno ricerca è quello di adattare le preparazioni tradizionali alla cucina di oggi. Con ingredienti semplici, grazie alle tecniche più innovative si riesce a ricreare sapori del passato con consistenze nuove e insolite. 

L’unico modo di tenere in vita le tradizioni culinarie è adattarle al presente, perché se si conservano come in un museo, alla fine muoiono.

Lo chef ha scelto la formula del menù di degustazione perché rappresenta la forma di cucina più espressiva.

Dirigere la brigata non è la parte più difficile perché si tratta solo di pianificazione e organizzazione. La vera sfida è invece riuscire a capire quando si sta passando il limite con il cliente, dargli i giusti stimoli e accorgersi quando bisogna spronarlo e tenere vivo il suo interesse.

Il numero delle portate di un pasto Gourmet

Di quante portate è il menù di degustazione medio? 20 circa. Ci vuole molto tempo, un’intera giornata a mangiare a tempo pieno. Al Fäviken i primi 6 o 7 assaggi arrivano in tempi molto rapidi. Uno ogni circa 180 secondi. Quindi appena finito un assaggio, ne arriva subito un altro. Poi si rallenta e un nuovo piatto di portata viene servito al tavolo ogni 7 o 8 minuti.

Dopo mezz’ora, un po’ di vino e il ritmo cambia. Viene aumentato molto rapidamente poi di nuovo si torna ai piatti di portata. Si resta a tavola per due ore e mezza per assaggiare 30 piatti.

Se si riesce a regolare la cadenza alla perfezione, nessuno pensa che il pasto sia troppo lungo o pesante ma nota solo quanto sia delizioso. In ogni lavoro creativo, il prodotto riflette chi lo crea.

Albert Adrià

Direttore creativo di El Bulli

“Cos’è la creatività? La creatività non ha fine. Ad una tecnica, ad un concetto ad una preparazione ne succede un’altra, senza limiti. Si gioca per tentare di scoprire l’avanguardia in piena libertà e senza regole. Uno più uno fa tre. Se pensi che uno più uno faccia sempre due, non farai mai nulla di diverso. Chi pensa che uno più uno faccia tre, sono quelli che osano, che rischiano, sono i coraggiosi. Sono gli avanguardisti. Niente limiti ne confini solo reazioni incontrollate.”

Albert e suo fratello Ferran hanno creato una cucina modernista e hanno costruito un nuovo linguaggio che parla di stupore a partire dalla prima sferificazione dell’oliva con l’alginato e il calcio. Da li si sono rotti tutti i sigilli. Qualcosa di importante era stato scoperto e si è spiccato il volo a livello tecnico. Nel laboratorio si materializzarono molte delle grandi idee che caratterizzano la cucina molecolare e Gourmet. Vennero ridefiniti i concetti di spuma, gelatina calda, emulsione, aria. Gli additivi, e gli stampi di silicone diedero nuove forme consistenze e colori. Il laboratorio divenne la base delle preparazioni cambiando il concetto stesso di cibo. E tutti gli chef a seguire ne trassero ispirazione.

Grant Achatz

Alinea Chicago

“Perché non possiamo usare delle opere d’arte come piatti? Oppure non mangiare direttamente dalla tovaglia? Perché non inventare qualcosa di nuovo? Noi scomponiamo ogni elemento del ristorante. Ci chiediamo se si possa usare solo così, o in un modo migliore. Le regole? Non esistono! Fa ciò che vuoi. Crea la magia e sorprendi le persone con cose impossibili mai viste prima.

Quali sono gli elementi tipici di una cena in ristorante e come possiamo cambiarli? Si vive un’esperienza soggettiva, che può essere pasto, teatro, spettacolo, terapia o qualsiasi sensazione ti capiti di provare davanti all’inusualità dell’accoglienza.”

Gli chef più importanti al mondo sanno di creare dei piatti prelibati ma questo non basta. Si vuole provare e far provare un senso di meraviglia e chiedersi cosa succederà dopo.

Sarà un pomodoro o una fragola?

“In realtà si parte dalle materie prime ottenute in modo consapevole e responsabile. Si trova un ottimo prodotto e lo si trasforma lungo il percorso. Con un unico obiettivo: come mantenerne l’integrità dandogli un aspetto mai visto prima? Lo tagliamo in modo particolare, lo facciamo diventare una mousse, o una purea, o lo facciamo somigliare a qualcos’altro? E se proponessimo qualcosa che sembra una fragola ma in realtà è un pomodoro? Oppure un pomodoro dal sapore di fragola? Sarà un pomodoro o una fragola? È un gioco psicologico. Sorprendere le persone con il cibo che sarà squisito ma anche straordinario.”

“L’aroma è fortemente legato ai ricordi. Se si riesce a catturarlo ed imbrigliarlo, per creare un’ottima esperienza culinaria, esprime tutta la sua forza e diventa irresistibile. Gli odori sono basilari per arricchire un piatto e giocando con loro, trasformano una cena in una vera esperienza emotiva. Si usa la componente emozionale come un condimento. Sale, zucchero, aceto e nostalgia. Non si tratta più solo di cibo ma di qualcosa di molto più grande.”

Ecco giustificata anche la spesa

Non vale più la regola che tutto quanto è presente nei piatti debba essere edibile. Al contrario, si crea una vera e propria scena nella quale gli elementi decorativi sono anche il pasto. Nasce così una stanza delle meraviglie, e alla fine si ha la rivelazione.

Questo e tanto altro, è ciò che vuole trasmettere un percorso degustazione Gourmet. L’obiettivo non è solo soddisfare lo stomaco ma anche stimolare la mente.

Gioco, sorpresa, consistenza e aroma. Persone creative in cucina che hanno abbandonato i confini dettati dalle regole. E non è importante solo conoscere le tecniche e saper trattare gli alimenti ma materializzare delle idee e trasmetterle agli altri.

Sara Sanna

Ho 49 anni e abito in Sardegna. Ho lavorato come tecnico del restauro archeologico prima, poi, come guida turistica e operatrice museale presso la "Fondazione Barumini Sistema Cultura" che si occupa della...

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