Un nome, una garanzia. Pluricampione nazionale dal 1996 al 2005 nella categoria barman mixologist e campione del mondo 2002 di Bacardi Martini Gran Prix, giusto per intenderci subito. La sua vita ruota poi intorno a esperienze prolifiche come artist drink, art director e consulente. Ma lasciamo che sia lui stesso a raccontarcele. Danny Del Monaco è un vulcano visionario che sa miscelare energia e qualità all’amore per lo stile italiano su cui ha sviluppato nei decenni la propria cultura del bere.
Lo abbiamo intervistato.

Danny, come è cominciata la passione per il tuo lavoro e all’inizio hai avuto riferimenti professionali?
Nel 1982 era molto facile trovare lavoro pur frequentando la scuola. Chiesi lavoro a un locale del mio paese e mi rispose che non aveva bisogno di collaboratori ma mi poteva presentare il proprietario di una discoteca della provincia di Siena. Il passaggio da cameriere a barista fu veloce, mi appassionai guardando una giacca panna che presi come riferimento e spunto per quella che fino a oggi ho portato avanti, la passione per il barman. Nel 1983 avevo già comprato il primo libro di cocktail, a quei tempi i primi cinquanta cocktail mondiali. La discoteca in questione si chiamava JUMP ed era a Sinalunga (SI).

In passato hai dichiarato “se il barman lavora bene, l’educazione al gusto verrà da sé”. Che tipo di consumatore si trova di fronte oggi un barman?
Sicuramente il consumatore di oggi è molto competente ed è dovuto alla grande conoscenza dei barman degli ultimi anni che si sono dedicati molto di più allo studio dei drink, delle materie prime, della loro storia e dei metodi di produzione dei prodotti. La grande crescita dei barman in Italia ha fatto sì che i clienti siano diventati sempre più esperti nella scelta dei loro drink in quanto consigliati proprio dai barman.

La tua è una carriera caratterizzata da diverse conquiste in Italia e all’estero.  In particolare, ricordiamo che sei stato campione di Bacardi Martini Grand Prix 2002. Che ricordi conservi?
La vittoria di un mondiale è sempre un grande ricordo, che rimane nel cuore come uno dei momenti più belli che ho vissuto in Italia in un momento dove le associazioni di categoria erano poche, istituzionali e fatte di colleghi e amici. Difficile dimenticare Ascanio Calvi di Bergolo che proclamava i primi tre vincitori e che mi proclamò campione del mondo nel 2002.

Cosa ti ha portato a diventare uno dei promoter del modo di fare miscelato italiano in Italia e nel mondo?
L’utilizzo del made in Italy nella mia miscelazione è dovuto all’amore per le piccole e grandi aziende italiane e per la loro grandissima qualità e poi perché… sono italiano! I cocktail preparati da me 100% made in Italy riscuotevano successo nelle mie masterclass portate in giro per il mondo, perciò ho continuato la ricerca di piccoli e grandi produttori con i quali tutt’oggi collaboro.

Quando e perché nasce l’agenzia formativa “Cocktail in The World Academy”?
Cocktail in the World Academy nasce nel 1997 dall’idea di creare uno staff per eventi in quanto in quegli anni era difficile reperire stagionali per coprire le richieste dei nostri clienti. Da lì, nei periodi invernali, comincia l’idea di formazione a 360°. Mi risulta difficile pensare a quanti barman abbiamo formato in tutto questo tempo con grande piacere e continuiamo a farlo ancora oggi nella speranza che tutto torni alla normalità quanto prima.

Sei molto a contatto con i giovani. Quanti ne segui nel corso dell’anno? Soprattutto, riesci ad aiutarli a trovare un’occupazione?
Si, sono a contatto con tantissimi giovani nel corso dell’anno, abbiamo la fortuna di collaborare con tante aziende e tanti locali. Riesco molto spesso a piazzare un 60% dei corsisti ad altre attività, mentre un 40% (almeno stagionali) per sei mesi riesco a coinvolgerlo nella mia azienda. Abbiamo creato un gruppo Mixology Event Group proprio per dare possibilità di lavoro ai vari cv che arrivano giornalmente in redazione.

Hai prestato servizio e consulenza ai più grandi marchi nazionali e internazionali presenti sul mercato. Quanto sono state e sono importanti queste collaborazioni?
Negli ultimi dieci anni abbiamo spinto per il mercato made in Italy e tantissime aziende ci hanno richiesto progetti per promuovere i loro brand sotto più forme, dalle drink list personalizzate, alle promozioni dei loro brand nel mondo e ancora alla ricerca di distributori che hanno aiutato le aziende italiane che rappresentiamo. Abbiamo anche creato brand dai gin agli amari ai vermouth e via dicendo, avendo un laboratorio a disposizione per realizzare i vari test da presentare ai nostri clienti, mi riferisco al Laboratorio Ancienne Pharmacie. Prima della pandemia abbiamo registrato un’enorme crescita di amari, vermouth, gin e vodka made in Italy, che hanno dato modo a piccole distillerie di diventare grandi con il nostro supporto e con la richiesta che c’era sul mercato.

Come stai vivendo questo periodo di emergenza? Hai dovuto fermare parecchi eventi in calendario? È vero che stai preparando anche un nuovo libro?
Sto vivendo in questo periodo un momento di riflessione su come potrebbero cambiare le cose e su come affrontare le nuove strategie di lavoro. L’80% dei miei lavori erano improntati su feste e grandi eventi per moda, spettacolo e stranieri. Vi lascio immaginare il grave danno reso a tutto lo staff e alla mia azienda. Con i tanti lavori e impegni di inizio anno era rallentato il nostro progetto di un libro tutto sul made in Italy che, però, ora abbiamo ripreso e quasi completato.

Sappiamo della community sui social “Italian Barman Style”. Quali sono gli obiettivi di questo spazio di comunicazione?
Il mio ideale era di mettere in luce la categoria barman, che i social avevano snobbato nei primi trenta giorni di pandemia, sentivo parlare di tutto tranne che di noi. Insieme ai miei tre soci, Adrian Everest, Stefano Mazzi e Lindon Zulbeari, abbiamo deciso di creare Italian Barman Style Community – Stile di bere italiano e così mi sono messo a invitare alla community quante più aziende del mercato italiano potessi e a invitare barman italiani a contribuire al nostro progetto mandando una loro ricetta alla community. Da qui viene fuori un’idea ben precisa, quella di stampare il libro THE BARTENDER’S COCKTAILS – SPIRITO ITALIANO. All’interno ci saranno tutte le aziende italiane ad oggi 80, 550 ricette di barman italiani e alcuni aforismi che abbiamo pubblicato nella community. Siamo speranzosi che questo testo rimanga nel cuore come un piccolo progetto diventato grande per i barman e le aziende italiane che ne hanno aderito. Tutto all’insegna dello Spirito Italiano.

Quale messaggio vuoi trasmettere a tutto il comparto Barman e Bartender italiano?
Nella nostra community ho invitato barman di stili, pensieri e colori diversi per un solo obiettivo, ovvero ritornare ad essere in Italia non solo i migliori barman ma dare agli ospiti di tutto il mondo l’accoglienza che abbiamo sempre dato con grande sorriso e professionalità e con il supporto di grande qualità. Vale nella ristorazione, nei vini, nei grandi prodotti made in Italy e nei grandi cocktail che abbiamo sempre fatto.

Qual è la tecnica che ami di più in fase di miscelazione?
Essendo un patito dei twist, dei grandi cocktail Martini, sicuramente amo la tecnica Stir&Strain. Non è un mistero il mio amore per New&Old Martini glass e avendo una collezione di oltre trecento tipologie diverse di coppe Martini e oltre settanta mixing glass, anche in futuro conserverò il mio ideale di miscelazione.

Qual è il distillato che preferisci utilizzare?
Purché sia made in Italy, amo tutti i distillati ma i miei preferiti, che non sono distillati, rimangono i grandi vermouth & amari. Da sei anni sono il brand ambassador di una nota azienda di amari, passione che mi è entrata nel cuore e che difficilmente mi farà cambiare strada.

«Visto che ne ho la possibilità in questa intervista, saluto tutti i miei colleghi in Italia sperando di rivederli quanto prima all’opera nei loro locali con il grande sorriso che ci ha sempre fatto amare da tutto il mondo».

Pietro Bruno

Classe 1994, laureato in “Media, comunicazione digitale e giornalismo” presso la Sapienza Università di Roma. Nel 2017 ho pubblicato il mio primo saggio “È il tempo della radio in TV” (Guida),...

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