Maximo Bistrot a Londra si è reso protagonista di un episodio che ha ricevuto gli onori della cronaca,durante una cena al suo ristorante infatti uno dei suoi clienti ha chiesto, per un piatto di pesce, di poter avere del parmigiano per condire meglio il suo pasto. I proprietari di questo bistrot ci raccontano la loro storia e la loro filosofia.

 

Ciao Massimo, ci racconti come nasce la tua passione per la cucina?

In realtà l’anima del Maximo Bistrot è Simona, che ha portato a Londra la sua esperienza e la sua passione, quando poi ci siamo conosciuti (a un incontro di Sardi a Londra), mi son fatto trascinare dal suo entusiasmo per il mondo della ristorazione e insieme abbiamo portato avanti questo progetto.

 

Quali sono state le tue esperienze prima dell’apertura di Maximo Italian Bistrot?

Sono laureato in economia e in Sardegna lavoravo nella grande distribuzione, mi occupavo di analisi dati e merchandising, ma ad un certo punto ho deciso di incominciare la mia avventura all’estero. Venendo a Londra speravo di poter continuare la mia carriera in questo settore, oppure aprire una mia impresa. Prima del Maximo Bistrot ho lavorato in una società di catering (dove già lavorava Simona quando l’ho conosciuta), ed insieme abbiamo cominciato a dare forma a quello che poi è stato il nostro progetto.

Poi ti sei trasferito a Londra, e nel 2013 insieme alla tua compagna Simona Vacca aprite nel quartiere di Kennington il ristorante Italiano – Maximo Italian Bistrot, com’è andata?

Quando abbiamo rilevato il locale, (all’inizio anche insieme a mia sorella che poi ha deciso di andare per strade diverse) era un sandwich bar con Internet point, e la nostra idea iniziale era quella di un locale giovane, per giovani, sulla stessa impronta del precedente, quindi di vendere sandwiches, bibite, insomma una cosa semplice, senza una grande caratterizzazione Italiana, ma Simona ben presto ha manifestato la nostalgia per la cucina e attraverso diversi livelli evolutivi (prima sandwich bar con pasti veloci, poi piccola trattoria aperta a pranzo, poi pizzeria ristorante aperto a cena) abbiamo pian piano plasmato quello che adesso è il Maximo.

 

Qual è la vostra proposta culinaria?

Anche la nostra proposta culinaria si è evoluta nel tempo, all’inizio dovevamo capire come entrare nel mercato, e abbiamo fatto dei menù che contenevano anche dei piatti non proprio Italiani, come il piatto al salmone incriminato per esempio, perchè era molto difficile convincere i clienti a consumare altri piatti che non fossero lasagne, arrabbiata o carbonara (che Simona ha sempre fatto volutamente SENZA panna, a volte provocando lamentele e recensioni negative). Adesso i clienti chiedono a noi cosa devono mangiare, i piatti sono quasi tutti oramai assolutamente Italiani, e gli Inglesi hanno comunque acquisito una conoscenza culinaria Italiana anche grazie ad altri colleghi che offrono sempre più cucine genuine e autentiche. Nel nostro menu trovate i classici antipasti Italiani, con i prodotti caseari e le charcuterie regionali, focacceria, primi piatti tradizionali e alcune specialità come la Maximo Lasagna, gli gnocchi tricolore, gli spaghetti al nero di seppia con gamberi e bottarga, il nostro richiestissimo Birramisù, e la Simonàs cheesecake, con una homemade composta ai Frutti di bosco, e la Seada, tipico dolce sardo.

Abbiamo nel tempo eliminato gradualmente i piatti che presentavano specialità non italiane, inoltre abbiamo un menù pizzeria con circa 20 referenze, e poi con L’Italian Tour dedichiamo ogni mese a una specifica regione Italiana, con food and wine tasting. È li che Simona si diverte! 

Inoltre attraverso la propria compagnia Eventfool (www.eventfool.co.uk), gestite catering per ogni tipo di evento, ci racconti qualcosa in più?

Si Eventfool è una idea di Simona, lei ha iniziato la sua carriera in Italia in questo settore in effetti, la porta Avanti in parallelo nei limiti del possibile perchè il ristorante occupa l’80% del tempo. Eventfool è principalmente catering service, non solo Italian food, oltre a fornire altri servizi come event planning, decorazioni, etc..

Siete saliti alla ribalta delle cronache per aver negato del parmigiano ad un cliente che voleva metterlo su un piatto di pesce, com’è andata?

Credo che più o meno tutti sappiano come è andata perchè lo abbiamo detto in mille occasioni, per chi volesse leggere ci sono ancora recensione e risposta (che ho dovuto riscrivere perchè Tripadvisor l’aveva cancellata), comunque si, abbiamo rifiutato del parmigiano al cliente per un piatto di ravioli al granchio, (anche perchè nel tavolo al fianco lo avevo appena rifiutato a un cliente che aveva dei tagliolini al nero con gamberi e bottarga) spiegandogli le nostre motivazioni, lui l’ha mangiato e ha detto che era buonissimo, poi ha pagato e andato via. Una volta in albergo ci ha rimuginato sopra e ha chiamato per chiedermi se avessi il parmigiano al locale. Io ho confermato di averlo e allora ha chiesto perchè avendolo al locale glielo avessi negato. Dopo avergli rispiegato le nostre motivazioni ha continuato a manifestare disappunto e poi ci ha fatto la recensione con un titolo molto offensivo. Purtroppo le varie testate giornalistiche hanno riportato solo la mia frase (ironica) che citava lo sterco di vacca, senza però evidenziare il fatto che tale citazione era il titolo della sua recensione.

 

Come viene percepita la cucina italiana a Londra?

È amatissima, ma purtroppo anche tanto distorta per via dei ristoratori che ci hanno preceduto, a partire dal dopoguerra, che hanno adattato la cucina Italiana ai gusti degli Inglesi. Per fortuna adesso un pò tutti stanno “educando” i clienti ai veri sapori della nostra terra. Non siamo soli in questa impresa per fortuna!

 

Vi trovate spesso difronte a clienti che vi chiedono di stravolgere dei piatti tipici italiani? 

Assolutamente si, Carbonare senza uovo o senza guanciale, pasta Alfredo (che è ben diversa dalle Fettuccine Alfredo al burro e parmigiano, in quanto qui intendono Pasta qualunque con pollo, funghi, cipolla, e tanta tanta panna), pasta con il ketchup, maionese per la pizza, Lasagna mischiata con Insalata (lo fanno loro davanti ai nostri occhi facendoci inorridire), pizza Napoli con aggiunta di ananas, mais, pollo e bacon…potremmo continuare per tutto il giorno

 

Cosa ti manca o non ti manca dell’Italia?

Ci mancano familiari e amici, sole e mare, temperature miti, e in particolare le forti e radicate tradizioni della Sardegna, non ci mancano assolutamente l’uso imprenscindibile dell’auto e la la poca organizzazione a tutti i livelli.

Cosa consiglieresti a chi vuole iniziare un’attività nella City?

Consigliamo di studiare molto bene il mercato, magari fare qualche anno come dipendente in quel settore, anche per conoscere meglio le potenzialità delle varie zone, e poi di specializzarsi in qualcosa che li caratterizzi, senza scendere a compromessi con nessuno.

Qual è il tuo sogno nel cassetto?

Riuscire a realizzare I nostri progetti futuri (abbiamo già un Nuovo business in costruzione) e riuscire a preservare tempo per viaggiare tanto, tornare spesso in Italia e dedicarci alle nostre passioni e ai nostri affetti.

 

Luigi Cristiani

Laureato in Economia, ha poi conseguito un MBA presso lo Stoà. Lavora in Enel Green Power dove si occupa di pianificazione e controllo . Dal 2010 scrive su diversi blog di economia e finanza (Il Denaro,...

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  1. STORIA DI ALFREDO DI LELIO, CREATORE DELLE “FETTUCCINE ALL’ALFREDO” (“FETTUCCINE ALFREDO”), E DELLA SUA TRADIZIONE FAMILIARE PRESSO IL RISTORANTE “IL VERO ALFREDO” (“ALFREDO DI ROMA”) IN PIAZZA AUGUSTO IMPERATORE A ROMA

    Con riferimento al Vostro articolo ho il piacere di raccontarVi la storia di mio nonno Alfredo Di Lelio, inventore delle note “fettuccine all’Alfredo” (“Fettuccine Alfredo”).
    Alfredo Di Lelio, nato nel settembre del 1883 a Roma in Vicolo di Santa Maria in Trastevere, cominciò a lavorare fin da ragazzo nella piccola trattoria aperta da sua madre Angelina in Piazza Rosa, un piccolo slargo (scomparso intorno al 1910) che esisteva prima della costruzione della Galleria Colonna (ora Galleria Sordi).
    Il 1908 fu un anno indimenticabile per Alfredo Di Lelio: nacque, infatti, suo figlio Armando e videro contemporaneamente la luce in tale trattoria di Piazza Rosa le sue “fettuccine”, divenute poi famose in tutto il mondo. Questa trattoria è “the birthplace of fettuccine all’Alfredo”.
    Alfredo Di Lelio inventò le sue “fettuccine” per dare un ricostituente naturale, a base di burro e parmigiano, a sua moglie (e mia nonna) Ines, prostrata in seguito al parto del suo primogenito (mio padre Armando). Il piatto delle “fettuccine” fu un successo familiare prima ancora di diventare il piatto che rese noto e popolare Alfredo Di Lelio, personaggio con “i baffi all’Umberto” ed i calli alle mani a forza di mischiare le sue “fettuccine” davanti ai clienti sempre più numerosi.
    Nel 1914, a seguito della chiusura di detta trattoria per la scomparsa di Piazza Rosa dovuta alla costruzione della Galleria Colonna (oggi Galleria Sordi), Alfredo Di Lelio decise di aprire a Roma il suo ristorante “Alfredo” che gestì fino al 1943, per poi cedere l’attività a terzi estranei alla sua famiglia.
    Ma l’assenza dalla scena gastronomica di Alfredo Di Lelio fu del tutto transitoria. Infatti nel 1950 riprese il controllo della sua tradizione familiare ed aprì, insieme al figlio Armando, il ristorante “Il Vero Alfredo” (noto all’estero anche come “Alfredo di Roma”) in Piazza Augusto Imperatore n.30 (cfr. il sito web di Il Vero Alfredo).
    Con l’avvio del nuovo ristorante Alfredo Di Lelio ottenne un forte successo di pubblico e di clienti negli anni della “dolce vita”. Successo, che, tuttora, richiama nel ristorante un flusso continuo di turisti da ogni parte del mondo per assaggiare le famose “fettuccine all’Alfredo” al doppio burro da me servite, con l’impegno di continuare nel tempo la tradizione familiare dei miei cari maestri, nonno Alfredo, mio padre Armando e mio fratello Alfredo. In particolare le fettuccine sono servite ai clienti con 2 “posate d’oro”: una forchetta ed un cucchiaio d’oro regalati nel 1927 ad Alfredo dai due noti attori americani M. Pickford e D. Fairbanks (in segno di gratitudine per l’ospitalità).
    Un aneddoto della vita di mio nonno. Alfredo fu un grande amico di Ettore Petrolini, che conobbe nei primi anni del 1900 in un incontro tra ragazzi del quartiere Trastevere (tra cui mio nonno) e ragazzi del Quartiere Monti (tra cui Petrolini). Fu proprio Petrolini che un giorno, già attore famoso, andando a trovare l’amico Alfredo, dopo averlo abbracciato, gli disse “Alfré adesso famme vede che sai fa”. Alfredo dopo essersi esibito nel suo tipico “show” che lo vedeva mischiare le fettuccine fumanti con le sue posate d’oro davanti ai clienti, si avvicinò al suo amico Ettore che commentò “meno male che non hai fatto l’attore perché posto per tutti e due nun c’era” e consigliò ad Alfredo di tappezzare le pareti del ristorante con le sue foto insieme ai clienti più famosi. Anche ciò fa parte del cuore della bella tradizione di famiglia che continuo a rendere sempre viva con affetto ed entusiasmo.
    Desidero precisare che altri ristoranti “Alfredo” a Roma non appartengono e sono fuori dal mio brand di famiglia.
    Vi informo che il Ristorante “Il Vero Alfredo” è presente nell’Albo dei “Negozi Storici di Eccellenza” del Comune di Roma Capitale.
    Grata per la Vostra attenzione ed ospitalità nel Vostro interessante blog, cordiali saluti
    Ines Di Lelio

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