La Nef nasce dall’intuizione di Giordano Palazzo, cresciuto nel mondo della gastronomia di alta qualità, da sempre appassionato gourmet. La Nef è una realtà consolidata e leader in Italia nella distribuzione di salmone affumicato. La freschezza della materia prima e soprattutto la ricerca della massima qualità, rappresentano i princìpi cardine dell’azienda marchigiana.

L’abbiamo intervistato:

Nel 1989 crea la NEF, ci racconta la vostra storia?

Avevo da poco chiuso la salumeria di famiglia, quindi potrei dire che è stata quasi una scelta casuale. Tramite alcuni amici c’è stato un approccio alla Norvegia, in particolare verso il prodotto salmone che già commercializzavo nella mia salumeria. Da una prima valutazione mi resi subito conto che si poteva creare qualcosa di interessante.

In quel periodo il salmone in Italia era un prodotto di nicchia, con un posizionamento di prezzo particolarmente alto e con delle caratteristiche non eccellenti. Quello che si trovava in commercio era asciutto, fortemente affumicato e con scadenze molto lunghe. Mi resi conto che lavorando sulla qualità e su un’organizzazione commerciale equilibrata, si sarebbero create delle interessanti prospettive.

I primi anni partiamo come distributori di salmone affumicato a livello locale. Poi gradualmente abbiamo stretto collaborazioni con produttori sempre più importanti, sino a creare una partnership con il nostro attuale socio. Il grande produttore lituano Norvelita, che ci ha permesso di effettuare quest’ulteriore step di crescita e di arrivare ad una rivoluzione qualitativa.

Come nasce il nome del marchio La Nef, che in francese antico significa veliero?

Lo abbiamo scelto per caso. La nostra azienda era aperta da poco e io e mia moglie, non avevamo ancora deciso come chiamarla. Sfogliando un vecchio libro, ci siamo imbattuti in questo nome “La Nef”, che era una vecchia opera lirica. Ci è così piaciuto così tanto che poi, la decisione di adottarlo è risultata naturale.

Il salmone Coda Nera ancora oggi viene lavorato tradizionalmente seguendo antiche ricette baltiche. Inoltre, durante l’intero processo produttivo e nella fase di stoccaggio non viene mai congelato. Questa scelta molto precisa, come impatta sul prodotto finale?

Nell’ambito del processo produttivo sono due le variabili importanti da considerare: la fase di salatura/affumicatura/asciugatura e la mancanza di congelamento finale.

Volendo ottenere un prodotto con caratteristiche uniche, abbiamo sperimentato dei processi di salatura, affumicatura ed asciugatura tali, che ci garantissero un risultato equilibrato, con una consistenza della carne strutturata.

Questa serie di sperimentazioni sono influenzate in maniera determinante dalla definizione della temperatura del processo, che rappresenta la variabile fondamentale per l’ottenimento di un prodotto di grande qualità.

Si deve poi aggiungere il fattore “tempo”. Infatti, si può notare, come non esistano cibi di qualità, dove questo tipo di valore impatti in modo così importante. I tempi di maturazione sono determinanti, perchè fanno evolvere gli ingredienti, li fanno ammorbidire ed arrotondare arrivando in questo modo ad un risultato “eccezionale”.

Abbiamo lavorato tantissimo sulla definizione e messa a punto di tali variabili. In quanto una riduzione delle temperature nella fase di lavorazione, comporta anche un aumento dei tempi delle varie fasi del processo produttivo.

A tutto questo, si associa l’altro elemento che ci contraddistingue che è quello dell’assenza di congelamento. In passato, il salmone, una volta pescato veniva pulito e appeso ad asciugare vicino ad un fuoco. Tecnica oramai quasi scomparsa del tutto, ma che risulta ancora presente in alcuni villaggi della zona baltica.

Noi abbiamo riadottato questo antico processo produttivo, adeguandolo alle diverse variabili, quali temperatura ed umidità, arrivando ad una lavorazione industriale controllata. Questo ci ha permesso di ottenere un prodotto le cui caratteristiche non variano durante tutto l’arco dell’anno.

La nostra scelta di non congelare è una scelta trasversale. Non solo per Coda Nera, ma per tutti i nostri salmoni affumicati. Quella del congelamento è una prassi molto usata dai produttori per far fronte, e questo accadeva sopratutto in passato, al picco di consumo di salmone. Che si verificava sopratutto durante il periodo natalizio e che assorbiva fino al 50% del totale del venduto. Oggi, invece, il suo consumo è piuttosto distribuito durante tutte le stagioni.

Ma non bisogna sottovalutare questo procedimento. Il congelamento infatti, modifica le caratteristiche sia organolettiche che microbiologiche del prodotto. Per esempio la struttura della carne cambia in modo evidente. E soprattutto impatta sul colore del salmone, che diventa “pallido” e non mantiene il suo colore arancio brillante.

La nostra scelta di non congelare mai, ci ha messi di fronte a delle notevoli problematiche. In primis di produzione, perché lavorando da fresco abbiamo dei limiti nell’offerta quando la richiesta è più elevata.

Per questo, nel periodo natalizio, dobbiamo necessariamente aumentare il numero dei dipendenti, e intensificare i turni di lavoro. Il che, risulta impegnativo ma soprattutto più costoso.

Noi inoltre, non siamo coinvolti in speculazioni di natura economica, come altri produttori. Infatti, praticare il congelamento permette di acquistare le materie prime a basso costo quando il mercato è in ribasso. Per poi congelarle e commercializzarle quando il mercato lo richiede.

Quindi, questi competitor, avranno un prezzo medio ponderato molto inferiore rispetto al nostro. Si deve però notare che questo tipo di lavorazione impatta, facendo declinare verso il basso la qualità del prodotto finito.

Come avete vissuto il periodo del Covid19?

È stato sicuramente un periodo complesso soprattutto per quanto riguarda la gestione dei volumi di vendita. A causa delle chiusure dei ristoranti ci siamo trovati con notevoli giacenze in magazzino e con delle perdite economiche importanti. Il prodotto invenduto è stato ceduto gratuitamente ad alcuni enti benefici, in modo che non andasse materialmente buttato.

Coda Nera che prende il nome dall’antica leggenda baltica, ci può raccontare quale?

Il nome Coda Nera nasce da un’esperienza reale con uno dei produttori con i quali abbiamo collaborato. Facendo dei test di produzione, in fase di affumicatura, abbiamo adottato il metodo di legare e appendere i salmoni per la coda.

Inizialmente abbiamo affrontato qualche difficoltà, è capitato infatti che non avendoli legati a regola d’arte i pesci siano caduti. Ci siamo così resi conto che questa pinna rappresentava un elemento essenziale per evitare di vanificare il lavoro. Legando il salmone alla base della coda, nel punto di restringimento, lo si bloccava perfettamente nel momento in cui veniva appeso.

Proprio a valle di questo processo mi è venuto in mente, vendendo i salmoni nella stanza di affumicatura, di chiamarli “Coda Nera”.

All’inizio il prodotto era venduto con tutta la coda nera attaccata al pesce. Poi nel tempo abbiamo deciso di modificare la scelta e di venderlo senza coda.

La leggenda baltica invece è semplicemente una leggenda!

Proponete 4 tipologie diverse di prodotto: Coda Nera, Classico, Riserva e Gran Riserva, ci può spiegare le differenze?

Il Coda Nera è nato per la Grande Distribuzione ed è ancora in evoluzione. Vorrei invece focalizzare l’attenzione sugli altri 3 prodotti da lei citati.

Classico, Riserva e Gran Riserva sono sottoposti al medesimo processo produttivo. Ciò che differenzia il Classico dagli altri due è la materia prima utilizzata. Infatti, per il Classico, la materia prima è standard. Mentre per Riserva e Gran Riserva acquistiamo il salmone da un unico allevamento nel nord della Norvegia.

In questo luogo, abbiamo trovato delle caratteristiche della temperatura dell’acqua ideali per mantenere costante la quantità di grasso del salmone, che deve risultare non troppo elevata.

La differenza tra Riserva e Gran Riserva è la dimensione del pesce, che è molto più grande nella seconda tipologia. Inoltre quanto più è grande la pezzatura, tanto più complesso risulta il processo di lavorazione.

Avete ottenuto diversi e numerosi riconoscimenti, uno degli ultimi è il bollino Top Italian Food 2022 del Gambero Rosso. Si aspettava questo successo?

Se le dicessi di si, direi una cosa non vera. Ero consapevole che questo progetto fosse unico, e che non ci fossero altri imprenditori del settore interessati a creare un prodotto così esclusivo. Esisteva quindi la speranza di avere successo, anche se il nostro percorso è stato molto lento e lungo. Oggi siamo in una fase matura e ci rende felici la notorietà che ormai il nostro marchio ha acquisito.

Il successo di Coda Nera vi ha spinto anche su altre tre gustose conserve ittiche. Rispettivamente le acciughe Riserva, il baccalà con Le Grand Blanc, ed infine il caviale Noah, cosa può dirci in merito?

In questi ultimi anni abbiamo notato come cambiava il percepito nei confronti delle acciughe del Cantabrico. Questo prodotto ha destato la nostra curiosità, in quanto ha una storia molto bella da raccontare. Inoltre, è cosa nota, la sua qualità reale che risulta non facilmente riscontrabile in nessun’altra acciuga.

Abbiamo fatto delle ricerche sul mercato italiano e ci siamo resi conto che erano presenti nella distribuzione ma non erano valorizzate. Oltre a questo, abbiamo notato che non esisteva un progetto “serio” con l’obiettivo di inserire queste acciughe nei menù dei ristoranti. Il prezzo di vendita particolarmente elevato, sicuramente ne limitava la diffusione.

Non facendoci fermare da queste difficoltà, abbiamo avviato una ricerca in Cantabria andando a selezionare un nostro produttore di riferimento. Questo rappresenta una delle realtà più importanti nella zona a livello di dimensione.

Siamo così riusciti a mettere sul mercato un prodotto di altissima qualità, ad un prezzo che permette agli chef di inserirlo nei loro menù gourmet.

Per quanto riguarda il caviale Noah, devo dire che è stata una scoperta felicissima. Sono sempre stato un amante del caviale, ma non ero mai riuscito a trovarne uno che non avesse quel fastidioso retrogusto di pesce.

Grazie ai nostri amici lituani, ho conosciuto questa realtà produttiva lettone dai quali attualmente acquistiamo il prodotto.

Quando siamo andati a fare il sopralluogo, mi sono trovato di fronte ad un imponente palazzo dell’est Europa, che nei interrati nascondeva una enorme ricchezza.

Infatti, per sfruttare dei pozzi artesiani scoperti a 250 metri di profondità, da cui sgorga un’acqua purissima, sono state realizzate delle vasche dove sono allevati gli storioni.

Il caviale che se ne ottiene ha un sapore netto e pulito, senza alcun retrogusto, che non ha nulla da invidiare ad altri prodotti di alta categoria.

Quali sono i vostri progetti per il futuro?

Vogliamo completare l’assortimento della linea di eccellenza e renderla strutturale all’azienda portandola ad un livello superiore. Poi è nostra intenzione consolidare il mercato dell’Horeca.

Abbiamo recentemente investito in una nuova sede dotata di una cucina, dove è possibile effettuare degli show cooking con gli chef. Dotata anche di una sala conferenze per supportare la comunicazione con la nostra rete di vendita. Vogliamo riempire di contenuti sempre più alti i nostri prodotti.

Luigi Cristiani

Laureato in Economia, ha poi conseguito un MBA presso lo Stoà. Lavora in Enel Green Power dove si occupa di pianificazione e controllo . Dal 2010 scrive su diversi blog di economia e finanza (Il Denaro,...

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