Davide Mocci è un sardo doc, appassionato della sua terra. Grazie al lavoro di documentarista freelance e di collaboratore della trasmissione televisiva Geo & Geo, ha saputo raccontarla in modo esemplare. Il rapporto è nato molti anni fa, e continua con successo, merito degli ascolti altissimi che i documentari di Davide ottengono regolarmente.

La Sardegna, terra antica di nuraghi e natura incontaminata, col suo fascino misterioso, incanta chi la osserva da lontano.

Il mare cristallino, lambisce spiagge di sabbia finissima, che non hanno nulla da invidiare agli atolli caraibici. E la rendono meta ideale di vacanza, anche grazie al clima mite in tutte le stagioni.

Ma anche al suo interno, sono racchiuse straordinarie ricchezze ambientali. Fatte di alte montagne come il massiccio del Gennargentu, di dolci colline della Marmilla, e di boschi centenari, popolati da una fauna selvatica rara e maestosa di cervi, daini e mufloni. Fino ad arrivare ai meravigliosi cavallini della Giara di Gesturi.

In tutto il territorio, si ergono maestosi i nuraghi. Costruzioni megalitiche millenarie, che rappresentano un prezioso patrimonio archeologico. Insieme alle statue dei Giganti di Mont’e Prama, sono diventati il simbolo di un popolo fiero, intensamente legato alle proprie radici.

Radici che emergono anche attraverso le ricorrenze popolari e le celebrazioni religiose. Che, ancora profondamente intrecciate agli antichi riti pagani, sono diventate un momento di grande festa collettiva e di espressione dell’identità sarda.

Non ultimi, i prodotti di un territorio ad economia agropastorale, che rendono la cucina sarda, custode di un ricco patrimonio di sapori.

Una cucina identitaria che nel corso dei secoli si è arricchita di contaminazioni, contatti e scambi fra le diverse culture mediterranee. E che si differenzia in ogni area dell’isola, dando vita ad una moltitudine di preparazioni, tutte ugualmente riconoscibili di nota.

A seguire, l’intervista che Davide Mocci mi ha concesso, arricchita da numerose foto da lui scattate. Ma soprattutto dai link ai suoi meravigliosi documentari, che scandiscono la nostra piacevole chiacchierata.

Davide, parliamo di te ai nostri lettori.

Sono nato in un quartiere popolare di Cagliari nel 1966. Ho studiato all’Istituto Nautico ed ero convinto, diventando motorista navale, che il mio futuro fosse segnato. Ma in realtà, ho iniziato presto, sin da ragazzino, a seguire un’altra mia grande passione, quella di cineamatore.

Mia mamma, amava moltissimo la fotografia, e con lei ho imparato ad apprezzarla anche io. Ha solo 17 anni più di me, quindi siamo davvero cresciuti insieme, creando un rapporto simbiotico che dura ancora oggi.

Anche mio padre mi ha incoraggiato, regalandomi una piccola cinepresa, con la quale ho cominciato a filmare qualsiasi soggetto attirasse la mia curiosità. Sognavo di trovarmi in uno studio televisivo, e mi divertivo a mimare le stesse azioni dei presentatori che vedevo in tv.

Da ragazzino, vivendo in un quartiere che non offriva grandi possibilità di svago, passavo tanto tempo seguendo i documentari, in particolare Il mondo di Quark. La trasmissione di Piero Angela è stata per me fonte di ispirazione. I documentari trasmessi, raccontati dal caro Claudio Capone, mi hanno letteralmente rapito, portandomi a diventare, a mia volta, un testimone del mondo.

Guardare quelle vite lontane, attraverso uno schermo, mi regalava tante emozioni positive, difficili persino da spiegare. C’era molta meno offerta televisiva, ma quegli spazi erano davvero di grande ispirazione, facendomi arrivare con l’immaginazione, dove non si poteva arrivare fisicamente. Spinto da questo stimolo, ho pensato di realizzare il mio primo filmato amatoriale sui fenicotteri.

Ero affascinato da questi volatili colorati, che già allora, erano presenti negli stagni intorno a Cagliari. Tanto da divenire un tema ricorrente anche nei miei disegni di bambino, in uno in particolare, che mia madre ha ritrovato di recente. Li avevo ritratti immersi nelle acque blu dello Stagno di Molentargius che ancora oggi li accoglie numerosi.

Ho dedicato tanto tempo alla preparazione di questo documentario, imparando da solo e sul campo come muovermi. Lo stagno era diventato la mia seconda casa. Munito di telecamera e pazienza, restavo giornate intere a filmarli, studiavo la loro vita e la documentavo.

Per completarlo, mi sarei dovuto recare in Francia, così da girare le fasi della nidificazione e della schiusa, che avvenivano nella Camargue. Ero ancora solo un ragazzo, e avrei dovuto affrontare un viaggio avventuroso in solitudine.

Ma la natura ha voluto in qualche modo premiare la mia costanza. Proprio in quell’anno, era il 1993, per la prima volta i fenicotteri hanno iniziato a nidificare a Cagliari, meta che prima era solo di passaggio. E io ero lì, tra loro, il primo ad assistere a questo meraviglioso evento, mai capitato in Italia.

Ho completato il mio lavoro, ma non mi sono fermato qui. Ho preso il materiale raccolto, e spinto dalla mia fortissima motivazione, mi sono recato a Roma, negli studi Rai di Via Teulada, bussando alla loro porta.

Grande è il mio orgoglio, quando vengo ricevuto a braccia aperte dagli autori della trasmissione Geo. Dove, visionate le immagini trovo un sincero entusiasmo. E soprattutto, mi viene fatta la proposta di realizzare insieme, un vero e proprio documentario, con un testo scritto da me. Provate ad immaginare la mia emozione, quando mi dissero che sarei stato in sala regia per incidere lo speaker con Claudio Capone. L’incontro fu bellissimo e diventammo subito amici.

Ancora il Parco di Molentargius non esisteva, ma i fenicotteri sardi, in questo modo, sono usciti dai confini della nostra regione. Il mio primo lavoro: Gent’Arrubia (popolo rosso) è trasmesso da Geo su Rai 3. Allora condotto dalla Presidentessa del WWF Italia, Grazia Francescato, prima che arrivassero Licia Colò e poi Sveva Sagramola.

Quell’opera ha avuto un successo incredibile, che mai un giovane e visionario ragazzo sardo, avrebbe potuto immaginare. Grazie ad essa, sono salito agli onori delle cronache, venendo citato, non solo nei quotidiani sardi, ma anche in quelli nazionali. E ricevendo numerosi premi, da veri mostri sacri del settore come Piero Angela, Giorgio Celli e Folco Quilici.

Il documentario è stato visto da tre milioni di telespettatori, diventando quello più seguito di tutta la stagione del programma.

La rai poi lo ha diffuso in giro per il mondo. In particolare è stato trasmesso durante una manifestazione in cui c’erano i più grandi documentary makers dell’epoca. Presenti anche importanti testate giornalistiche, tra cui la BBC e National Geographics.

La mia carriera era iniziata. Partito dalla Sardegna sono arrivato in tutti i continenti. Oggi, tutti i miei lavori sono presenti nel canale youtube: Davide Mocci DOC. Ho avuto l’opportunità di lavorare in redazione alla Rai, ma ho rinunciato. Potrà sembrare una scelta incomprensibile ai più, ma ho preferito fare il freelance. Perché la mia vita è stare dietro la telecamera e continuare a raccontare il mondo attraverso le mie curiosità.

25 anni dopo, nel 2018, ho desiderato immortalare nuovamente i fenicotteri, utilizzando le tecnologie moderne, quindi droni, camere nascoste, potenti teleobiettivi.

Il risultato è: Cagliari la città dei fenicotteri. Ho impiegato ben tre anni per girare tutte le scene e per montarlo. Andato in onda tra il 2020 e il 2021, è stato di recente premiato dal Comitato Scientifico del Sondrio Film Festival. Uno degli eventi più importanti per la documentaristica a livello internazionale.

Tra i tuoi tantissimi lavori, spiccano quelli che hanno come tema i prodotti tipici e l’enogastronomia. Da cosa sei stato ispirato?

Il mio desiderio, da sardo e da isolano, era quello di conoscere le altre isole del mondo. Partendo da quelle del nord Europa, fino al Mar Baltico, per arrivare a quelle oceaniche. Le ho visitate tutte, e in ogni luogo, le mie esplorazioni erano complete. Dal punto di vista geografico, storico, culturale e chiaramente anche gastronomico. Inizio così a mostrare le peculiarità legate al cibo, di questi territori.

Nel frattempo, intorno al 2010, in Italia esplode il fenomeno Expò, con la gastronomia arrivata alle stelle.

La trasmissione Geo, si adegua al successo crescente di questi temi, iniziando a dare un grande risalto alla gastronomia. Su questa scia, anche i documentari cambiano. Non c’è più un breve intervento su un argomento legato al cibo, ma si producono filmati dedicati integralmente al food&Beverage.

In quegli anni nascono Il Pane della Sardegna e Dolce Sardegna, dove vado a raccontare dei prodotti a trecentosessanta gradi. Parlando degli ingredienti, della lavorazione, delle tradizioni culinarie, riuscendo ad approfondire tutti gli aspetti caratteristici.

Nei miei video non compaiono le ricette, ma attraverso i filmati dettagliati, si riesce a comprendere perfettamente come vengono eseguite le preparazioni. Le istruzioni sono date dalle immagini, così da permettere a chi lo desidera, di cimentarsi nella propria casa.

Secondo te, qual è il piatto sardo identitario per eccellenza? Quello che ci descrive meglio fuori dai confini regionali…

Non mi sento di citare un solo piatto. Preferirei indicare una categoria: quella dei pani e dei dolci della Sardegna. Hanno una storia, un fascino, un’immagine talmente precisa e le loro radici sono così profonde, che non ho dubbi ad eleggerli i vincitori in assoluto. Perché unici e caratteristici della nostra terra.

Cosa distingue i nostri pani e i nostri dolci dalle altre realtà? Perché emergono nell’universo gastronomico?

Perché il pane sardo è un cibo ancestrale. Risale alla notte dei tempi, ed ha accompagnato, nutrito e sostenuto gli uomini nel corso del loro percorso evolutivo. Lungo il quale, hanno scoperto, modificato e migliorato questo cibo. In base alla disponibilità delle materie prime e alla cultura che si andava sviluppando.

Già dal periodo nuragico, ci sono testimonianze di pane votivo in mano ai bronzetti. Il ritrovamento delle pintadere che servivano per decorarlo, imprimendo nell’impasto da cuocere dei segni inconfondibili, ci dimostra quanta cura i nostri antenati riservassero a questa pietanza.

In Sardegna esiste una varietà infinita di pani, che è stata oggetto di approfonditi studi. Questi hanno dimostrato, che non si trova una così grande diversità, in nessun’altra parte del mondo. Pochi semplici ingredienti, acqua, semola, farina, sale, uniti dal lievito madre, “su framentu”. Combinati insieme offrono risultati molto diversi, ma tutti ugualmente eccezionali, dal coccoi al moddizzosu, dal civraxiu al carasau.

Quindi pane, dolci e pasta, tutti i prodotti che hanno come componente principale il grano e i cereali, coltivati da sempre in Sardegna.

Meritano una menzione anche i dolci, strettamente legati alle nostre tradizioni, che vanno a cadenzare i momenti di vita delle popolazioni sarde. Basti pensare che per ogni occasione, in particolare per le festività religiose, c’è un dolce tipico che le accompagna.

Anch’essi, legati alla stagionalità e agli ingredienti che la natura offriva. Si possono considerare il riflesso, l’esaltazione delle produzioni locali. L’agricoltura che si intreccia in modo saldo con la gastronomia, resa incontaminata dall’insularità.

Anche le paste sarde sono particolari e destano grande curiosità fuori dalla nostra regione. Quali ritieni siano le più originali?

Al momento, ne ho voluto mettere in rilievo tre, creando una serie interamente incentrata sulle diverse tipologie. Ho iniziato con la Fregula Sarda, continuando con le Lorighittas e il Filindeu.

Quest’ultimo in particolare, rappresenta un lavoro di grande manualità e dedizione. Una ricetta antica, all’apparenza semplice, che in realtà nasconde dei segreti tramandati da generazioni. L’elasticità della pasta deve essere tale, da poterla tirare fino a farla diventare un velo, tessuto da fili sottilissimi.

Il vero segreto è racchiuso nella salatura delle mani che svolgono questo compito. Solo un perfetto equilibrio riesce a far ottenere il risultato eccezionale che vediamo.

Il mio documentario è riuscito ad entrare nell’operazione di realizzazione del Filindeu mostrando finalmente l’esatto procedimento. Ritengo infatti che sia basilare per salvaguardare la tradizione, diffonderla e farla conoscere, così che possa essere facilmente tramandata.

Qual è la produzione locale alla quale conti di dedicarti con maggiore attenzione in futuro?

Sicuramente il vino. Ho sempre sfiorato questo argomento, inserendolo all’interno di documentari che trattavano altri temi specifici. Uno in particolare, Il fiume che unisce e divide nel quale racconto la guerra nei Balcani. In Croazia, in particolare nella Slavonia ci sono delle cantine e dei vigneti di pregio.

In Italia, ne I capperi delle isole, parlo anche dell’isola di Salina. E del produttore D’Amico, che ha creato una malvasia eccezionale fatta di uve coltivate in una terra vulcanica che le rende uniche e inimitabili.

C’è un piatto al quale sei particolarmente legato?

Sicuramente la Burrida, piatto che rappresenta Cagliari più di ogni altro. Si prepara con il gattuccio di mare, usando tutte le parti di questo pesce pregiato, comprese le interiora.

È una ricetta antichissima, di oltre 700 anni. Il pesce viene privato della pelle e trattato in modo particolare. Grazie ad un giusto equilibrio di aceto e noci, si ottiene una praparazione ricca di tradizione. Tipica della mia città natale e di tutta la costa sud della Sardegna. Serve una certa perizia per ottenere un bilanciamento perfetto, e alla fine non si rimane delusi.

A quali nuovi progetti stai lavorando?

Dopo La valle dei Platani dove parlo in particolare dei pistacchi, torno ad occuparmi della Sicilia. In particolare, della gastronomia di questa meravigliosa isola. Con due documentari: A Tavola in Sicilia, che mostra alcuni cibi caratteristici come la cassata. E La terra dei Sicani, incentrato su un antico laboratorio di pasticceria. Luogo dove è nata la “Pasta Elena”, un dolce creato in occasione della visita a Favara della Regina Elena.           

Trovo ispirazione per i miei documentari non solo dai miei continui studi, ma anche dalle segnalazioni che mi arrivano da parte di persone che apprezzano il mio lavoro. E che pensano che siano un modo ideale per rappresentare le unicità del proprio territorio.

Un aspetto importantissimo dei documentari è quello dedicato ai testi. Le immagini raccontano, ma devono essere accompagnate da una attenta cura delle descrizioni.

Io le elaboro quasi in maniera maniacale. Non ci possono essere fraintendimenti o informazioni dubbie, questo per mantenere un livello crescente di interesse durante tutto il documentario. E sopratutto per rispettare le culture e le tradizioni che vengono mostrate, esaltando le peculiarità dei luoghi.

Nel 1991 ho creato lo Studio di Produzione Master Film Cagliari. Da allora e tutt’oggi lo dirigo, dedicandomi personalmente a gran parte delle produzioni.

Disponiamo di telecamere 16:9 Full HD per la realizzazione di immagini subacquee, aeree, notturne, e per le riprese a grandi distanze. I montaggi vengono realizzati con regie computerizzate. I cui parametri soddisfano i severi standard richiesti dai più importanti network televisivi nazionali ed internazionali, con i quali M.F.C. collabora da anni.

Crediti foto Davide Mocci

Link ai video

Gent’arrubia  https://youtu.be/hIXyjRMI-R4

Cagliari la città dei Fenicotteri  https://youtu.be/QZkmcdymMzc

Il pane della Sardegna  https://youtu.be/vh4tq2K4Hbs

Dolce Sardegna https://youtu.be/9MkqWE9foYg

Fregula Sarda  https://youtu.be/ZBUUoxD6Zh8

Lorighittas  https://youtu.be/0GsaY8WlUF4

Su Filindeu  https://youtu.be/TSLyRnxuW4I

Il fiume che unisce e divide (ancora non pubblicato sul canale, lo sarà tra non molto)

I capperi delle Isole  https://youtu.be/ksXlZj5EVRg

Sa Burrida https://www.youtube.com/watch?v=2Er00pPLO90

La Valle del Platani  https://youtu.be/C31b6gAGbnc

Sara Sanna

Ho 49 anni e abito in Sardegna. Ho lavorato come tecnico del restauro archeologico prima, poi, come guida turistica e operatrice museale presso la "Fondazione Barumini Sistema Cultura" che si occupa della...

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