CASA SETARO, PRIMA AZIENDA A PORTARE SUL VESUVIO L’ECCELLENZA DEI TRE BICCHIERI GAMBERO ROSSO, FACCINO DOCTORWINE E NON SOLO. E LO FA CON LA PRIMA CONTRADA NELLA STORIA DEL VESUVIO

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p dir=”ltr”>E’ la prima azienda del Vesuvio a conquistare il massimo riconoscimento "Tre Bicchieri" della Guida Vini d’Italia Gambero Rosso, Faccino DoctorWine con 95 punti e Miglior Vino Bianco d’Italia nella Top100 WineMag. E lo fa attraverso anche un altro primato: il prestigioso premio è stato infatti conferito al vino bianco ottenuto dal primo progetto di zonazione mai realizzato sul vulcano campano, il "Contradae 61·37 Vesuvio Doc", annata 2020, che rappresenta anche una sfida ai "paletti" esistenti nel settore vitivinicolo vesuviano. Lo scorso anno è stata la prima a ricevere il "Best in Show" di Decanter (solo 7 cantine in Italia).

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p dir=”ltr”>Ha conquistato diversi primati su questo territorio. E oggi corona il sogno di portare alcuni dei premi più ambiti nel settore enologico per il suo amato Vesuvio. Oggi, infatti, l’azienda Casa Setaro può vantarsi di essere la prima cantina vesuviana a portare sul Vesuvio il prestigioso riconoscimento dei "Tre Bicchieri" della Guida Vini d’Italia Gambero Rosso e Faccino DoctorWine con 95 punti. E ancora il Miglior Vino Bianco per la Guida Miglior Top100 Vini d’Italia di WineMag. Tutto questo, con un altro primato: i premi sono stati conquistati infatti dal vino bianco Contradae 61·37 Vesuvio Doc, annata 2020, primo progetto assoluto di zonazione vitivinicola (versante Sud) mai realizzato sul vulcano campano.

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p dir=”ltr”>La prima domanda può sorgere spontanea: perché questo nome? Sull’etichetta, sono presenti i numeri 61 e 37 a raccontare, secondo la Smorfia napoletana, rispettivamente il “Bosco” (61) e il “Monaco” (37): una scelta nata dall’impossibilità, secondo il disciplinare oggi vigente, di denominare questo vino con la parola “contrada”.

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p dir=”ltr”>Da Trecase, il più piccolo comune vesuviano, la cantina di Massimo Setaro diventa reale riferimento per la valorizzazione e salvaguardia della viticoltura di questo areale, situato all’interno del Parco Nazionale del Vesuvio. A dimostrarlo, diversi riconoscimenti, sfide e primati che Casa Setaro sta aggiungendo alla lista dopo il premio di valenza internazionale ricevuto lo scorso anno, il "Best in show" di Decanter (solo 7 aziende in Italia e 50 nel mondo) per il vino Fuocoallegro 2019 Vesuvio Doc.

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p dir=”ltr”> "E’ motivo di orgoglio e di gioia immensa, prima di tutto perché possiamo dire che "attesta" le reali qualità e capacità del Vesuvio – afferma emozionato Setaro alla notizia dei premi – La mia volontà è da sempre quella di studiare e approfondire il territorio dove sono cresciuto, grazie all’amore per la terra che mi ha tramandato mio padre Vincenzo, esaltandone le potenzialità e l’identità. In che senso? Cercando di trasmettere nel vino le migliori sfaccettature dei nostri vitigni autoctoni e senza celare mai il timbro del vulcano".

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p dir=”ltr”>Il Contradae 61·37 Vesuvio Doc 2020 è "figlio" di una particella che. già secondo papà Don Vincenzo, rappresenta una ‘sottozona ideale’ per la coltivazione delle viti a bacca bianca presenti da secoli in quell’area, in cui a dominare c’è il Caprettone, in compagnia di Greco (30%) e Fiano (20%). Un corpo unico, condotto secondo i dettami del biologico, sui 150 slm circa, che da secoli respira aria di storia: siamo a dieci minuti da Pompei, in Contrada Bosco del Monaco.

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p dir=”ltr”>L’idea è quella di seguire la filosofia dei Grand Cru: anche qui, a Casa Setaro, ritroviamo viti a piede franco e prefillossera (moltiplicate con l’ancestrale Metodo della Propaggine), che vengono custodite da generazioni dalla famiglia Setaro nel contesto urbano della provincia di Napoli.

In passato, prima le uve e poi il vino prodotto dal papà veniva venduto sfuso. "Nel 2005, ho deciso di fondare Casa Setaro insieme a mia moglie, MariaRosaria De Rosa, costruendo letteralmente la cantina al di sotto della nostra abitazione: scavata nella roccia vulcanica, è un ambiente perfetto per fare e conservare il vino. Tutto nasce dal fatto che da bambino sono rimasto sempre affascinato quando ascoltavo mio padre e i suoi amici contadini fare discorsi sulle zone del Vesuvio dove si producesse meglio il Caprettone, piuttosto che un’altra uva – continua Massimo Setaro, terza generazione di vignaioli sul Vesuvio -, e avevano ragione. La zonazione è stata utile anche per verificare l’importanza e la adattabilità di un vitigno in quella specifica unità di paesaggio, raffrontando la risposta sensoriale e organolettica del prodotto finale ottenuto in sottozone differenti”.

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p dir=”ltr”>La scelta della migliore matrice, che combini in modo ottimale le variabili del cosiddetto concetto di “terroir”, sulla base dell’utilizzo di mappe realizzate grazie alle informazioni raccolte in seno allo studio di zonazione (uno strumento scientifico per caratterizzare e conoscere il rapporto tra i vitigni e gli ambiti pedo-climatici dove sono coltivati), ha soprattutto lo scopo di utilizzare al meglio il patrimonio viticolo, valorizzando le peculiarità.

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p dir=”ltr”>“Tutto questo consente di intervenire di anno in anno in modo differenziato a seconda dell’andamento stagionale, a livello agronomico (diradamenti, cimature, sfogliature, etc) e negli apporti di concimi ed antiparassitari mantenendo sempre una viticoltura biologica certificata (d’ispirazione biodinamica) in funzione delle reali necessità della coltura”, conclude Setaro.

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p dir=”ltr”>Il Contradae 61·37 è frutto dell’esperienza accumulata negli anni sulle varie parcelle e della selezione di una di queste: si tratta di un piccolo appezzamento (2.500 le bottiglie totali prodotte) sui 150 slm nella contrada Bosco del Monaco, sul versante Sud del Vesuvio. Qui, l’uva viene raccolta a mano, con una doppia vendemmia. In periodi diversi per ogni vitigno, si raccoglie in prima battuta per favorire l’acidità e, in seconda volta, quando il grappolo ha raggiunto una perfetta maturazione fenolica. Segue la diraspatura e la pigiatura soffice, per estrarre solo il mosto fiore: il processo di fermentazione continua in acciaio per un anno. Pronto dopo poco più di 12 mesi in bottiglia.

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p dir=”ltr”>Già il padre di Massimo, “don Vincenzo”, aveva condotto una viticoltura di salvaguardia dei vitigni impianti da secoli in quella zona, specie del Caprettone, che in passato è stato sempre confuso con il Coda di Volpe e usato perlopiù come uva per tagliare la Falanghina. Questo è il primo mix di uvaggio bianco di produzione aziendale: le referenze a bacca bianca, presenti fin oggi, sono state tutte monovitigno, perché “si voleva studiare prima separatamente le potenzialità e le sfaccettature di ogni vitigno, sui diversi appezzamenti”, racconta il vignaiolo vesuviano.

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p dir=”ltr”>Ad ogni sorso, Contradae 61·37 ricorda di essere nato su un vulcano, ma non solo: le vecchie vigne della famiglia Setaro risalgono i terreni sabbiosi, rocciosi e dove sono visibili “sciare” di lava, testimoni dell’antica memoria vignaiola del piccolo comune di Trecase. Color giallo intenso dorato, al naso emerge una complessità olfattiva che spazia dai fiori gialli, erbe selvatiche e basalto. Al palato, è succoso, con una sapidità sferzante, condito da note che vanno dall’albicocca alla pesca integrate a fiori di ginestra, gesso, macchia mediterranea, per un sorso fresco e piacevolmente lungo.

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p dir=”ltr”>Volume alcolometrico: 13% Vol.

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p dir=”ltr”>Temperatura di servizio: 10-12° C

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p dir=”ltr”>Formato bottiglia: 0,75 litri

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