Paolo Trippini, classe 1979, eredita una passione e un talento di famiglia. È nella cucina del ristorante di famiglia “Da Peppe se Pappa”, a Civitella del Lago (Terni), che osserva e impara ad amare la cura per gli alimenti del territorio e della tradizione. Il locale di famiglia è stato aperto dai nonni Giulia e Peppe oltre cinquant’anni fa e portato avanti anche dal padre Adolfo.

Terminata la scuola alberghiera a Spoleto nel 1997, prima di approdare nel ristorante di famiglia, Paolo colleziona diverse esperienze in Italia e all’estero. Dopo Vissani a Baschi dell’Umbria e Gaetano Trovato a Colle Val D’Elsa in Toscana, Trippini giunge a Berlino con Enrico Bartolini, per poi tornare in Italia al Povero Diavolo, fino al 2006.

Nell’anno a seguire, Paolo assume la guida del Ristorante Trippini e con impegno e dedizione porta avanti il progetto di cucina familiare, raggiungendo importanti risultati.

La sua cucina è radicata nella tradizione, tramandata di padre in figlio, ma capace di guardare avanti con creatività e capacità di innovazione.

Dal 2015 è membro dei Jeunes Restaurateurs d’Europe, associazione che riunisce i migliori e i più giovani rappresentanti dell’alta gastronomia.

Trippini è inoltre un apprezzato docente della scuola del Gambero Rosso, nonché della Chef Academy, e un affezionato partner della famiglia Eataly.

Da oltre 50 anni la famiglia Trippini si occupa di ristorazione e accoglienza. Qual è o sono i segreti per un traguardo così importante?

Non si tratta di un segreto, ma di tanto amore e passione per questo lavoro. La parte importante è stata fatta dai miei genitori e nonni che mi hanno trasmesso la bellezza di questo lavoro in tutte le sue parti migliori. I traguardi sono importanti quando vengono raggiunti con il cuore: io sento la responsabilità di 50 anni di ristorazione, ma sono orgoglioso di portare avanti questa tradizione fatta di ospitalità e rispetto del territorio, quello che ci ha sempre contraddistinto negli anni.

Chef Trippini, qual è stato il suo percorso formativo?

Alla base della mia formazione ci sono gli odori e i profumi che si respiravano nella nostra cucina; poi è arrivata la scuola alberghiera, con alcune esperienze estive molto formative (Arnolfo, Colle Val D’Elsa) altre più legate al divertimento (Rimini, Lago di Como) dove però ho sempre cercato di trovare il lato attivo del lavoro.

Finita la scuola ho iniziato il mio percorso sin da subito: la mia idea era quella di prendere il ristorante di papà ma proprio lui è stato il primo a spingermi fuori a fare esperienze, per poter capire meglio il nostro mondo. Lui da autodidatta e da grandissimo amante del mondo della cucina ha sempre ritenuto che il suo limite era quello di non aver fatto esperienze esterne. Quindi ho iniziato le mie esperienze in giro per l’Italia, tra cui le più importanti con Gianfranco Vissani, Enrico Bartolini e Riccardo Agostini.

Nel 2006 ho preso il ristorante ad appena 27 anni, inizialmente insieme a papà, ed è stato faticosissimo. Due generazioni con caratteristiche praticamente opposte nella stessa cucina! Però devo dire che la sua determinazione nel tenermi con i piedi a terra è stata la mia forza. Oggi l’amore per gli ingredienti del territorio e tutto ciò che mi porto dietro lo devo a lui.

Al Ristorante Trippini, quando e come è avvenuto il passaggio da trattoria a locale innovativo e di alta cucina?

Il passaggio è avvenuto fine Anni ‘80 – inizio ‘90. Papà è stato sempre molto avanti nella ricerca di qualità. Il passaggio è stato graduale, ma poi a un certo punto ha dovuto dare un taglio netto. Prima la trattoria si chiamava “Da Peppe se pappa”, ed era una tipica trattoria di paese dove si mangiava arrosto e tagliatelle con le rigaglie di pollo della nonna (le più buone del mondo! Ancora oggi in carta). Poi con il passare degli anni mio padre ha iniziato a guardare oltre, un po’ per passione, un po’ per esigenza.

Siamo ubicati in un paesino di 300 anime sopra il lago di Corbara, con una strada per arrivare fatta da 5 km di curve. Quando si arriva poi si scopre un mondo. Con la nascita di altre attività lungo la strada principale, l’unico modo per poter attirare la gente fino a Civitella era quello di offrire qualcosa di unico. Quindi papà inizio a fare ricerca per poter fare proposte diverse. Prima provò con vari tipi di prodotti, quindi carne di struzzo – bisonte, ecc. Poi con una ricerca negli abbinamenti, senza mai perdere d’occhio i sapori della tradizione. Leggendario il suo piccione in salmì, ancora in carta al ristorante.

Ci parli un po’ del Bosco Umbro e del legame con la famiglia di Eataly.

EATALY è una parte importante del mio percorso, sia per il rapporto con Oscar Farinetti, che per il lavoro svolto con loro lungo ormai 7 anni. Qui è nato il Bosco Umbro, uno stile di ristorazione legato al nostro patrimonio più grande, quello dei boschi che ci circondano. I boschi in tutte le stagioni danno vita a colori e prodotti unici. Proprio intorno a questo abbiamo creato i nostri piatti e grazie alla famiglia di Eataly abbiamo potuto raccontarlo a una grande platea. Eataly per me è stato sempre un punto di riferimento, sia per l’idea imprenditoriale, sia per la filosofia. Per questo ci siamo trovati subito bene insieme.

Veniamo al panettone Trippini “Il Paolo”. Perché è così speciale?

“Il Paolo” nasce da una delle mie passioni per i grandi lievitati. Un fascino unico quello di poter vedere crescere questo prodotto dopo tre giorni di lavorazione! È qualcosa di magico. Abbiamo iniziato a giocare con il lievito madre e i grandi lievitati dal 2011, cercando sempre di migliorare e confrontandoci sempre con i grandi maestri dell’arte bianca e poi quando si avvicinava il Natale sempre di più saliva l’emozione per il panettone. Ne producevamo pochissimi pezzi per noi e per i ragazzi che lavoravano con noi, così potevano festeggiare il Natale con il proprio panettone. Una vera gioia per loro e per me!

Poi con gli anni è diventato sempre più bello e interessante e abbiamo creato un circuito con i nostri produttori, coinvolgendoli progressivamente nel progetto di un panettone unico e artigianale. Pensate, riusciamo a sfornare al massimo 8 panettoni ad ogni produzione! Quindi la nostra attenzione è maniacale. Da un paio di anni abbiamo deciso di proporlo anche ai nostri clienti, allargando le nostre frontiere con un gran successo più che di vendite, di gradimento in chi lo ha assaggiato. E questo ci riempie il cuore.

“La verde Umbria e le sue colline sono il cuore dell’Italia, da qui parte la mia cucina”. Come si riescono a coniugare tradizione, creatività e desiderio di innovazione? 

L’idea della cucina tradizionale mi è stata tramandata nel gusto e nel ricordo. “Per tradizione” significa poter far rivivere un ricordo grazie a un piatto dove alla base ci sono gli ingredienti della tradizione, che poi crescono con noi e con la nostra cultura culinaria. Senza mai dimenticare il gusto e il sapore.

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Nel menù del ristorante troviamo “La merenda-dessert della nonna”. Che esperienza è per chi la prova? 

Questo è quello che intendevo nella risposta precedente. L’esperienza è nel ricordo di momenti di serenità, ovvero quando andavamo dalla nonna e per merenda ci preparava pane e olio e se andava bene c’era anche l’arancio. Questa fetta di pane raffermo passata leggermente sotto la cannella dell’acqua, poi poggiata nel piatto con una bella spolverata di zucchero e un bel filo di olio. Se c’era anche l’arancio, lo si metteva sopra condito con olio e zucchero. Questo significa rivivere le tradizioni, offrendo a chi assaggia la condivisione di un ricordo speciale, attraverso un sapore.

Chef Trippini, in cosa consiste la sua avventura in collaborazione con la piattaforma SMART Cook-In? 

Smart Cook-In è una piattaforma innovativa dove, sebbene con i limiti della tecnologia, si cerca di rendere interattiva una lezione di cucina nella quale gli ospiti possono cucinare insieme allo chef. Lo chef al contempo interagisce con loro, controllando i passaggi e correggendo gli errori. Quindi niente di pre-registrato, ma tutto in diretta. Gli ospiti si iscrivono e ricevono una mail con la lista della spesa e con le istruzioni su come sistemare la loro postazione e la telecamera. Nel giorno e orario concordato si parte cucinando insieme e degustando i piatti ottenuti con confronti continui. Un modo diverso per essere sempre vicino ai propri clienti.

Nel 2014 in occasione del cinquantesimo compleanno del ristorante Trippini, è arrivato l’ingresso nell’Associazione JRE. Cosa ha rappresentato per lei e la sua famiglia?

Cinquanta anni di attività non sono traguardo di tutti i giorni. Averlo raggiunto e aver mantenuto lo spirito di ospitalità che caratterizza la nostra famiglia è stato un grandissimo orgoglio, così come poter festeggiare questo compleanno con tutti i protagonisti della storia del ristorante è stato davvero emozionante. Questo momento ha accresciuto in me il senso di responsabilità per ciò che sto portando avanti. L’ingresso fra i JRE per me e per la famiglia è stato il più bel regalo di quel compleanno: un’associazione che ho seguito per tanti anni e nella quale ho sempre creduto, ancora prima di entrare in un gruppo unito e pieno di vitalità e opportunità di confronto, che nel nostro lavoro è fondamentale.

Quanto la sua offerta di ristorazione ha sofferto l’anno da poco passato? 

Il 2020 sicuramente lo ricorderemo a lungo. Dopo i primi momenti di confusione siamo ripartiti senza cambiare nulla nella nostra offerta, anzi il periodo estivo ci ha dato conferme su ciò che abbiamo sempre fatto, concentrandoci con un maggiore interesse sulla ricerca degli ingredienti e loro abbinamenti. Nei periodi di chiusura abbiamo ulteriormente integrato l’offerta tramite il laboratorio di materia prima, con un listino di paste fresche e prodotti da forno da consegnare a casa durante le festività. Infine abbiamo creato dei box in kit per le feste.

Eppure, anche nel 2020 il suo ristorante ha ottenuto il premio DUE FORCHETTE da parte del Gambero Rosso ed è inserito nella guida Michelin Italia. Insomma, qualche soddisfazione non è mancata. 

Poter confermare ciò che è stato fatto negli anni precedenti costituisce un sicuro successo, soprattutto in un anno così difficile. Questo ci riempie di soddisfazione e orgoglio, certi che la strada che stiamo percorrendo sia giusta e vada incontro a quanto chiede la gente.

Cosa si augura di realizzare nel prossimo futuro? Anticipazioni a Food Makers. 

Il progetto a cui sto lavorando è quello di valorizzare una filiera umbra, creando una circolarità virtuosa delle materie prime e non solo, abbracciando tutto quello che riguarda il mondo della ristorazione.

Pietro Bruno

Classe 1994, laureato in “Media, comunicazione digitale e giornalismo” presso la Sapienza Università di Roma. Nel 2017 ho pubblicato il mio primo saggio “È il tempo della radio in TV” (Guida),...

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