Sul rooftop dell’Hotel Miramare e castello – di fronte l’antico edificio Aragonese – è ubicata “La Lampara“, la terrazza gourmet di Ciro Calise, con una proposta capace di coniugare localismo e temperata creatività.  

Gianni Mura, storica firma del giornalismo sportivo ed eno-gastronomico italiano, amava ripetere che ogni viaggiatore gourmet che si rispetti, per essere considerato tale, doveva considerarsi un “laico” pellegrino.

Ebbene, visitando il ristorante “La Lampara”, propaggine dell’Hotel Miramare e castello – del medesimo asset proprietario, in poco tempo affermatosi come una delle più prestigiose realtà ricettive dell’isola verde – si è pervasi da un tale senso di sacralità da smarrire il senso dell’affermazione di Mura.

La citazione non è casuale, se proprio il medesimo scrittore e corsivista rimase irrimediabilmente irretito ed affascinato da uno dei piatti iconici dello chef-owner Ciro Calise, “le cozze alla brace”, per la capacità di coniugare passato e presente della cucina, tecniche di cottura ancestrali e rifiniture di gusto dal taglio moderniste.

La Lampara, il nome prescelto dallo chef Ciro con la complicità della moglie Anna – inseparabile risorsa in sale e nell’amministrazione della struttura – sta ad indicare una fonte luminosa, utilizzata come antico metodo di pesca, prodotta per il tramite di lampade ad olio posizionate ai lati delle imbarcazioni che rischiaravano la superficie del mare, molto diffuso sull’isola negli anni passati.

Una vicenda professionale composita e stratificata quella di Ciro Calise, chef accorto e sognatore capace di restituire la forza di un entusiasmo primigenio, tornato ai luoghi aviti dopo peregrinazioni e esperienze ai quattro angoli dei continenti.

Scuola dell’Etoile Sottomarina di Chioggia, prime mire professionali raggiunte in un contesto altamente competitivo come quello di Saint Moritz – con delle coordinate di cucina totalmente diverse, ad ennesima riprova del suo talento – solamente dopo le divagazioni ed incursioni nella cucina asiatica fusion, Thailandia e Giappone in primis. Infine, come corollario, la sfida più grande, quella di tornare a casa per un progetto visionario, rilanciare gli storici giardini Eden, nella splendida ed incontaminata baia di Carta Romana, sino all’approdo alla Lampara.

Superfluo sottolineare come il pescato di giornata sia la scelta in qualche modo doverosa, il panorama che si gode da tale splendida terrazza provoca sensazioni sinestetiche, una sorta di immersione in una dimensione “altra”, di emozioni gustative e benessere lenitivo, con il castello aragonese ad ergersi, imponente e maestoso, sulla linea dell’orizzonte, magari infiammato dai riverberi del tramonto.

Un’espressione inflazionata, quella di “chilometro zero”, a cui potrebbe essere aggiunta quella di chilometro “mille”, se è vero che ad ingredienti come la ricciola pelagica ed i ricci del castello – famosa la ricetta degli spaghetti, signature dish dello chef – si aggiungono, ad esempio, le alici del Cantabrico o il raro salmone Balik, ad offrire ai clienti la possibilità di scelta fra due menù degustazione, “i classici di Ciro Calise” e “tradizione in evoluzione”.

Passando all’estesa degustazione, si inizia dagli appetizer, rappresentanti una destrutturazione e ricomposizione di alcuni piatti della tradizione, come la “frittatina ai frutti di mare, il cestino di pasta frolla con ripieno alla Nerano, ed il raviolo ripieno con salsiccia e friarielli”, in pairing la complessità aromatica e gustativa del Derbusco Cives Brut Blanc De Noir Crisalis 2016, un Franciacorta di gran classe.

Bello il coordinamento della sala con un servizio impeccabile capitanato dal sommelier maitre Antonio, passiamo al “Mio Oriente”, un antipasto di crudo con tonno, triglia, gamberone di Mazara e scampo, da intingere in una salsa alla colatura di alici di Cetara, in abbinamento un classico dell’enologia dell’isola, il Forastera Ischia D.O.C. 2021, fresco e dalla versatile mineralità, dall’omonimo vitigno autoctono dell’isola.

L’essenzialità diventa stile, e sulla successiva triglia, seguita dalla “tagliatella fatta in casa con rucola paesana, scampi e datterini gialli” si ritorna alla tradizione identitaria gastronomica dell’isola, in pairing un’altra azienda autoctona, Crateca, con l’Epomeo Rosato I.G.T. 2020, uve Aglianico in purezza vinificato in rosato, davvero incisivo e dal tannino delicato.

Si prosegue con le leggendarie cozze alla griglia, in cui i mitili vengono adagiate dallo chef sulla griglia ancora chiuse, e poi intinte con un olio a base di erbe aromatiche in fase di cottura, per conferire la classica nota affumicata, culminando con l’eccezionale “cannellone di patate ripieno di coniglio cotto all’ischitana con salsa di coniglio e parmigiano”, un’esplosione al palato, mai stucchevole, dalla cottura perfetta.

In abbinamento, il sommelier gioca di rigore con uno dei cru più prestigiosi dell’Isola, l’Epomeo Rosso I.G.T. Terrazza di Levante della cantina Antonio Mazzella, stentoreo blend di Piedirosso ed Aglianico, dal sorso lungo ed incisivo.

Si conclude con il binomio di dessert, come degno epilogo di una straordinaria degustazione, “bavarese al basilico su crumble al cacao e pinoli con confettura di pomodorino e “zuppetta di frutti rossi profumati alla menta con cuore di panna al cognac”, richiediamo espressamente un “Nikka whisky from the barrel”, forse non propriamente l’abbinamento più corretto, ma su di una terrazza del genere, la successiva meditazione è d’obbligo.

Carlo Straface

Carlo Straface, partenopeo di nascita, corso di studi in giurisprudenza, di professione avvocato e giornalista pubblicista, eno-gastronomia e letteratura le sue coordinate di riferimento. Sommelier di...

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