L’emergenza Covid 19 sta costringendo tutta o quasi la popolazione mondiale ad un fermo obbligatorio e inaspettato.Questo blocco sta ovviamente riflettendo i suoi effetti sull’economia e sui rapporti commerciali.Abbiamo sentito, proprio in questi giorni, uno degli imprenditori campani più conosciuti, anche a livello internazionale, Giuseppe Di Martino, produttore di pasta di altissima qualità nella sua Gragnano, città della pasta per eccellenza.

Oggi l’azienda Di Martino è leader in Italia nella produzione di pasta di qualità. Come siete arrivati a questo e come è cambiata la vostra azienda negli anni?

In oltre cento anni di attività del Pastificio Di Martino si sono susseguite tre generazioni di pastai e di maestranze, siamo stati testimoni dei più differenti eventi storici, attori di segnanti scenari economici, protagonisti di dure sconfitte ma soprattutto di importanti vittorie sociali e personali, tutti elementi che nel tempo ci hanno donato spalle larghe e cuori grandi da buttare al di là degli ostacoli per conseguire un obiettivo corale, che va oltre la fisicità delle persone e resiste in eterno, come ogni amore autentico. La costante della nostra vita da imprenditori, la cosa che non è mai cambiata e che accomuna tutti gli interpreti della pasta Di Martino è la devozione verso l’oro di Gragnano, dove da oltre 500 anni un’intera cittadina s’impegna per mantenere vivo e alto il nome del prodotto più amato e conosciuto nel mondo. La pasta è stata l’ardente desiderio di mio nonno, il chiodo fisso di mio padre Valerio, ancora oggi è il primo e l’ultimo pensiero del giorno di mio zio Gaetano, é la mia passione infinita che condivido oggi con mia sorella Giovanna, con la quale oggi governo il business di famiglia, trovando nel passato sia le risposte che ci hanno reso una grande azienda oggi, sia le intuizioni costruire il futuro è rinsaldare la passione della generazione che verrà.

Quanto sei legato al tuo territorio e in che modo hai contribuito alla sua crescita? Come è cambiata la vostra strategia di marketing con l’avvento del digitale e quali sono attualmente i vostri mercati di riferimento?

Il legame che sento con il mio territorio è talmente forte da avermi guidato nella mia attività. È uno dei motivi che mi ha spinto a scrivere il “Disciplinare della pasta di Gragnano Igp”, a legarmi ai miei “fratelli gastronomici” come per esempio Peppe Guida o Don Alfonso (Alfonso Iaccarino), uomini che di questo territorio hanno fatto la loro ragione di vita. Lo considero la mia bibbia, il luogo da cui è nato tutto, dove ho formato il mio gusto. La cosa più importante secondo me è cercare di valorizzare ciò che abbiamo intorno. Chi ci ha preceduto ha lavorato per darci ciò che abbiamo intorno e a noi tocca lavorare per lasciare il posto in cui stiamo meglio di come lo abbiamo trovato.

I grandi prodotti della mia terra sono parte di me. Dobbiamo essere grati anche al Vesuvio che ha reso questa terra “Felix” e da questa bisogna partire cercando di preservarla e renderla migliore, cercando di rimediare allo strazio e a cui è stata sottoposta in passato. È l’unico territorio che abbiamo, che ci ha accolto come una madre e noi dovremmo averne cura e rispetto proprio come si fa con una mamma.

La pasta nasce come piatto popolare. Sei riuscito a innalzare il livello di questo prodotto e a farle acquistare un ruolo centrale anche nell’alta cucina. Da cosa nasce questa idea e come è stato possibile tutto ciò?

La pasta era un prodotto popolare e anche all’estero era vista con questo carattere di familiarità e informalità.

Per noi però non è così e per me è stato fondamentale far passare la pasta attraverso le tecniche, le conoscenze, il gusto e la sensibilità dei grandi chef, italiani e stranieri. Tenendo alto il profilo la pasta compie ancor di più il suo miracolo.

È di sicuro il piatto della sussistenza, che in un periodo come questo può servire a sfamare, ma è anche il grande piatto di Peppe Guida, del Don Alfonso, dell’Eleven Madison e così via. Un prodotto fantastico che trascina con sè tutto il Made in Italy, come succede magari con la Francia e il Foie Gras che porta poi con se formaggi e vini francesi. La stessa cosa succede con il piatto di pasta che inevitabilmente induce a utilizzare altri prodotti italiani, come il pomodoro i vini etc.

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Fino a non molto tempo fa la pasta che arrivava sui mercati esteri non sempre era un prodotto di grande qualità. Che reazione ha avuto il pubblico estero nei confronti del tuo prodotto (sia nel caso di Pastificio Di Martino che di Pastificio dei Campi)? Come lo ha accolto?

Pastificio dei Campi ha avuto maggiore difficoltà ad essere compreso all’inizio ma anche grazie all’evento “Indovina chi viene a cena” e alla capacità di andare sui territori e spiegare agli chef che per realizzare alcuni piatti c’era bisogno di una pasta “estrema”, che inseguisse la tecnica degli chef, siamo riusciti ad alzare il livello, l’asticella della qualità e della percezione del prodotto. Questo ovviamente comporta che anche nella comunicazione devi essere più bravo a far arrivare questo messaggio agli chef.

DI Martino in generale comunque dal 1912 ha sempre proposto in Italia e all’estero (soprattutto Stati Uniti, America Latina e nord Europa) un prodotto di alto livello, grazie anche alla qualità del grano italiano, rappresentando il prodotto favorito da chi effettivamente cercava una pasta autenticamente italiana.

Stiamo attraversando un momento molto difficile per la storia dell’umanità. La tua azienda come sta affrontando l’emergenza? Tu personalmente cosa pensi di questa situazione e soprattutto, come credi si potrà superare la crisi economica che sembra delinearsi sui mercati nazionali e internazionali?

Questa è una situazione molto complessa. Sicuramente viviamo una condizione assurda, abbiamo un nemico invisibile, siamo obbligati al distanziamento, alla negazione della socialità a noi cara. Possiamo sperare in una soluzione medica che insieme al distanziamento e alle regole igieniche e sanitarie richieste credo siano le uniche possibilità per affrontare questo periodo, pur non risolvendo da sole l’emergenza. È un problema difficile, più lungo sarà il lockdown nel mondo e più difficile e lunga sarà la ripresa, anche in previsione di una eventuale seconda ondata dei contagi, così come è stato per le grandi epidemie del passato. Cerco di essere quanto più possibile ottimista e positivo ma mi affido alla scienza, a ciò che dicono i medici e l’OMS.

Credo che per superare questa emergenza mondale si dovrà lavorare tutti insieme tenendo in considerazione il fatto che parliamo di una emergenza che ha coinvolto tutto il mondo e non solo una sua parte. Probabilmente cambierà il modo di vedere il mondo, l’attenzione sarà rivolta maggiormente verso l’essere umano, e meno alla finanza e agli interessi esclusivamente economici. Tornerà centrale il tema della qualità della vita, della sicurezza sul lavoro, della qualità degli alimenti e soprattutto della tutela dell’ambiente. Questo stop forzato ci ha dimostrato come in poche settimane già sia migliorata la qualità dell’aria e delle acque nel mondo.

In Italia dovremo puntare proprio a questo, cercando di essere quanto più virtuosi possibile, mirando nel nostro settore ad una alimentazione buona pulita e giusta, come ci insegna da anni “Slow Food”.

Da imprenditore lungimirante quale sei hai progetti che vanno anche oltre il Pastificio (Pastabar etc). Quali sono gli scenari che ci attendono nel dopo pandemia?

Gli scenari sono complicati. Già  dopo l’11 settembre si era fermato tutto, si era fermato il mondo dei trasporti fino a quando non si è ristabilita la fiducia, ma poi piano piano siamo ripartiti. Abbiamo superato la seconda guerra mondiale, la prima bomba atomica. Questa ora ci sembra una montagna insormontabile, soprattutto perchè non possiamo avere previsioni sulla durata di questa emergenza. Però come dico spesso ai miei collaboratori, quando ti trovi di fronte ad una montagna da scalare non guardare la cima perché potresti scoraggiarti e nemmeno la parte già scalata perché potresti sentirti troppo fiducioso per aver già fatto molto. Guarda il pezzo di montagna che stai scalando in quel momento perché è quello a cui devi applicarti, è su quello che devi lavorare. Pensare oggi a come ne usciremo è inutile a mio parere. È difficile fare previsioni. Dovremo affrontare tutto al momento opportuno, cercare nuove direzioni nelle quali poter lavorare. Anche gli investimenti come il “Pastabar” per esempio continueranno secondo me a essere positivi. Certo, ci metteremo un po’ di più a far ripartire tutto, dovremo lavorare, costruire, attendere di nuovo il momento positivo, ma sicuramente ne usciremo. Dobbiamo uscirne perché l’umanità è abituata a uscire anche da situazioni di assoluto disastro e quindi si risolleverà anche da questo.

Anna Orlando

Maturità classica, laurea in giurisprudenza, avvocato da oltre 15 anni. L'interesse per la cucina e per il cibo nasce dall'aver osservato in silenzio prima una nonna e poi una mamma ai fornelli. L'essere...

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