Su casu martzu o formaggio marcio è un alimento antico, nato per caso, diventato una vera e propria prelibata specialità sarda. La sua produzione è diffusa in tutta la regione, come testimonia la grande quantità di nomi che assume nelle diverse zone geografiche: casu mùchidu, casu modde, casu cundìtu, fra gli altri.

Il pecorino o il caprino non stagionati, sono esposti all’aria, poggiati su delle tavole di legno, così da creare le condizioni favorevoli alla riproduzione delle mosche casearie Piophila Casei.

Per attirarle, si usano alcuni accorgimenti. Si riduce il tempo di salamoia, oppure viene praticata un’incisione sulla parte superiore della forma. Questa viene poi unta con dell’olio d’oliva o bagnata con il latte, così da ammorbidirne la crosta e facilitare l’ingresso dei moscerini.

Nel periodo di produzione che generalmente va da Aprile a Ottobre, il piccolo insetto invade le forme deponendo le uova. La schiusa e la nascita delle larve avviene in circa 10 giorni, anche grazie alla temperatura ambientale ideale, che normalmente non è inferiore ai 25 gradi.

Dopo la schiusa, le larve si nutrono del formaggio, accelerandone la fermentazione, favorendo la decomposizione e trasformando con i loro enzimi la pasta casearia in una morbida crema.

Quando, dopo circa tre mesi, si è raggiunta la maturazione, la forma di pecorino viene aperta. Si toglie la calotta superiore (su tapu) e la crema al suo interno, dal sapore forte e piccante, può essere gustata spalmata sul pane carasau, accompagnata da un buon bicchiere di vino corposo.

Se non si consuma subito, deve essere conservata in un luogo fresco e ben areato. È bene usare l’accortezza di tenerla dentro un contenitore alto, come un secchio o una pentola di coccio per evitare che le larve invadano gli spazi attigui. Infatti, tendono a saltare con molta facilità.

È interessante ricordare che nel 2009 il libro del “Guinness dei primati” ha definito su Casu Martzu il formaggio più pericoloso al mondo. Riconoscendolo non compatibile con il consumo umano perché “sostanza alimentare invasa dai parassiti”. La mosca che lo infesta, è infatti possibile portatrice di patologie, cibandosi anche di carcasse animali.

Oggi in realtà è sempre più richiesto, perché considerato una prelibatezza, anche fuori dai confini regionali, diventando molto costoso e difficile da reperire se non si conosce un allevatore che lo sappia ottenere.

La sua produzione e commercializzazione resta quindi in una sorta di limbo. Da un lato è ritenuto poco salubre, dall’altro è molto ricercato tanto da essere iscritto nel registro regionale PAT (prodotti agroalimentari tradizionali) che ne certifica la produzione artigianale consolidata nel tempo.

La risposta dell’Agenzia Europea Per la Sicurezza Alimentare, definirà la sua condizione, davanti alla richiesta da parte della Regione Sardegna del marchio DOP per tutelarne la denominazione d’origine “Casu Martzu”.

Per potersi fregiare di questo riconoscimento, i produttori dovranno seguire un severo disciplinare, lavorando nel rispetto di regole che garantiscano adeguate condizioni igieniche riuscendo ad “allevare” dei moscerini nati e vissuti in un ambiente non contaminato.

Non è infatti l’insetto in se a disturbare, come dimostrato dalle recenti concessioni europee, in merito all’utilizzo in campo alimentare delle tarme della farina. Che trattate adeguatamente, risultano non dannose per il nostro organismo e ricche di proteine animali.

Anche nel resto d’Italia sono prodotti dei formaggi simili a su Casu Martzu sardo, quali: il marcetto d’Abruzzo, il formaio coi bai in Veneto, il cas cu i vierm in Basilicata, il gorgonzola coi grilli, intesi come vermini che saltano, in Liguria, il salterello in Friuli, il casu du quagghiu in Calabria, il casu puntu nel Salento.

Sara Sanna

Ho 49 anni e abito in Sardegna. Ho lavorato come tecnico del restauro archeologico prima, poi, come guida turistica e operatrice museale presso la "Fondazione Barumini Sistema Cultura" che si occupa della...

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