Alta cucina di mare, tra i Castelli Medioevali di Malpaga e Cavernago, nella Bassa Bergamasca. Il Saraceno Ristorante è una storia che inizia quando il papà dello chef Roberto Proto decide di trasferirsi qui insieme alla moglie, a gestire quello che allora era un ristorante-pizzeria del paese.
Con il tempo, Roberto prende le redini di quello che è diventato Il Saraceno Ristorante di Cavernago, ottenendo nel 2014 la sua prima Stella Michelin.

Le origini campane (dalla Costiera Amalfitana) rivivono nei piatti dello chef Roberto Proto, che valorizza una materia prima eccellente lasciandola nella sua essenza più vera. Una cucina sincera, diretta e schietta, ma al contempo contemporanea e creativa. Una proposta gastronomica senza eccessi che punta a rendere protagonista il prodotto sia di mare che di terra.

Nel corso degli anni è riuscito a contaminare il Sud con il Nord dando vita a piatti che sono il perfetto connubio tra la Campania e la Lombardia.

Chef Roberto Proto, Il Saraceno Ristorante ha una storia che parte dalla favolosa Costiera Amalfitana. Quanti anni fa e perché questa emigrazione familiare al Nord?

I miei genitori emigrarono in Svizzera per alcuni anni come collaboratori domestici in una casa privata. Dopo sette anni, si trasferirono nella bergamasca per avvicinarsi al fratello di mio padre, anche lui ristoratore.

Il passaggio da trattoria-pizzeria a vero e proprio ristorante, poi stellato, avvenne per una precisa volontà o fu quasi spontaneo?      

Il passaggio avvenne nel 2007 con la consapevolezza e il desiderio di lavorare con un tipo di ristorazione che poco si sposava con l’ambiente di pizzeria. È stata una scelta radicale e coraggiosa poiché il ristorante-pizzeria aveva negli anni consolidato una clientela che, modificando il format, è andata pian piano sostituendosi a un’altra. Il percorso che ci ha portato alla stella è avvenuto in modo naturale. Le nostre scelte professionali sono sempre state orientate a lavorare con cura, passione e qualità, elementi che sono stati notati anche dalla prestigiosa Guida Rossa.

Dagli esordi fino a oggi, quante sono state le fasi di crescita della sua idea di cucina?

Non parlerei di fasi ma di bisogno innato di far sempre meglio, dedicandosi ininterrottamente alla ricerca di nuove tendenze, nuove materie  prime, nuove tecniche di cottura per migliorare le performance.

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Avendo lei e la sua famiglia un animo mediterraneo, come fu l’approccio iniziale con le tradizioni e la cultura tipica della Bassa Bergamasca?

La mia famiglia ha portato a Bergamo, alla fine degli anni ’70, una cucina di mare semplice e concreta. In quei tempi la clientela non era abituata nemmeno all’utilizzo dell’olio extravergine perché abituati al burro. Non c’è stata contaminazione con la cucina bergamasca.

Nel 2014 la prima Stella Michelin. È d’accordo sul fatto che questi prestigiosi riconoscimenti, piuttosto che traguardi, rappresentano l’inizio di nuove sfide con un pizzico di responsabilità e di passione in più? Personalmente, cosa ricorda di quel momento?

L’ottenimento della prestigiosa stella Michelin è stato certamente una sorpresa. Il nostro modo di lavorare e le scelte che abbiamo fatto non sono state influenzate dalla necessità di ottenere questo riconoscimento ma dal desiderio di lavorare come piaceva a noi. Per tale motivo l’arrivo della stella non è stato vissuto come un traguardo. Da quel momento abbiamo avuto la consapevolezza che le aspettative del cliente sarebbero aumentate e così ci siamo messi in gioco  ancora di più e tuttora lo stiamo facendo. Prima del raggiungimento di un obiettivo abbiamo già in mente il successivo.



Ci presenta un piatto che unisce simbolicamente le regioni Campania e Lombardia?

“Bergamo-Amalfi”, Casoncello di mare ripieno di baccalà mantecato, polpo, cozze e impepata di cozze liquida. È un incontro tra Nord e Sud dove il casoncello, pasta ripiena tipica bergamasca, si sposa con ingredienti più mediterranei

Sua moglie Maria guida attentamente la sala. Possiamo riconoscere tra voi un rapporto vincente anche sul lato professionale? 

Maria mi affianca da venticinque anni. Aveva appena iniziato gli studi universitari a Padova e mi aiutava in sala nei week-end. Dopo la laurea in Psicologia, il tirocinio e l’esame di Stato ci siamo sposati e per scelta, anche familiare, ha preferito seguirmi in quest’avventura lavorativa. Maria è per me una spalla fondamentale perché segue e dirige la sala, si occupa dell’accoglienza e di tutte quelle incombenze burocratiche che non piacciono a noi chef. Avendo seguito il corso di sommelier segue la cantina e sceglie personalmente le etichette da inserire.

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Ci sono progetti in cantiere da anticipare al nostro magazine? In una visione generale, le chiedo anche come immagina la ripresa della ristorazione per i restanti mesi del 2021.

Abbiamo alcuni progetti in cantiere tra cui la ristrutturazione esterna dello stabile.
Credo che, dopo questa pandemia, ci sarà un bisogno maggiore di concretezza e semplicità non solo nel messaggio che diamo ai nostri ospiti, ma anche nelle relazioni con essi. A mio avviso, c’ è bisogno di più genuinità nei sapori per valorizzare “l’essenza”.

Immagini: credits:@phototecnica.it @paolochiodiniph

Pietro Bruno

Pietro Bruno

Classe 1994, laureato in “Media, comunicazione digitale e giornalismo” presso la Sapienza Università di Roma. Nel 2017 ho pubblicato il mio primo saggio “È il tempo della radio in TV” (Guida),...

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