Si dice che nella vita nulla sia scritto. Come un seme, il talento ha bisogno del giusto tempo per raggiungere una completa maturazione. Eppure sognare è legittimo affinchè l’ambizione e la fatica facciano lo sgambetto alle paure e difficoltà e siano la strada maestra per arrivare alla meta, fino a toccare l’apice del mondo. Valentino Libro, classe 1986, ci è riuscito nel 2014, divenendo campione della pizza. Da allora ha avuto origine la favola Libro’s che oggi, oltre alla prima sede inaugurata nel 2015 in un palazzo storico ad Aversa, abbraccia Marano di Napoli e soprattutto Formentera, nell’idea di poter esportare la propria arte partenopea in giro per il globo. Lo abbiamo intervistato, in un viaggio tra passato, presente e futuro.

Ciao Valentino, come descrivi la filosofia radicata nel team Libro’s?

La filosofia di Libro’s è portare avanti una cucina di qualità. Sono stato uno dei primi a credere nel mercato di Aversa e non solo con le aperture successive a Marano e recentemente a Formentera per provare a spingere il prodotto all’estero. Al primo posto conta far mangiare bene chi ci sceglie, poi è ovvio che essendo un lavoro artigianale resta il margine di errore però l’impegno è sempre massimo. Sono un paranoico della qualità. Come la otteniamo? Naturalmente con la scelta degli ingredienti, per esempio usando sulla pizza un olio da 14 euro al litro, si è un costo eccessivo però è pur vero che l’olio va a fine cottura e prima di arrivare a tavola rilascia una fragranza e un’aroma importante. Inoltre, abbiamo un impasto che va dalle 24 alle 48 ore in modo da renderlo sempre leggero. Questi aspetti sono apprezzati dai nostri clienti.

La tua carriera imprenditoriale è cominciata all’inizio del nuovo millennio con una pizzeria che si chiamava “Capoverde”. Quali ricordi conservi di quell’esperienza?

Fu un passaggio fondamentale, ero giovanissimo, sono partito da lì ma senza avere esperienza o competenze necessarie per gestire un’attività. Non ero ancora pronto per affrontare un percorso da titolare ma avevo bisogno di lavorare per conto di altri per imparare a farlo.

E così hai continuato a formarti e a viaggiare, trasferendoti per diverso tempo in Turchia, a Istanbul. Quale concezione della pizza hai trovato al tuo arrivo?

Molto diversa dal nostro modo di interpretarla dato che esiste una cultura diversa. È  stato difficile ma non impossibile inculcare la nostra filosofia di food, ma devo dire che è stata apprezzata, perché ciò che è buono lo è dappertutto. Avevo un team che mi seguiva alla grande, addirittura ero chiamato “Chef”. Penso di aver insegnato tanto della nostra cucina.

Veniamo all’evento clou che il tuo curriculum può vantare, ovvero la vittoria del Campionato Mondiale nel 2014. Però la mia domanda non riguarda le emozioni del momento, già raccontate da tanti organi di informazione. Bensì, quale svolta secondo te avrebbe avuto la tua carriera senza il titolo al Caputo Napoli Pizza Village?     

La conquista del titolo mi ha dato la possibilità di restare sul territorio partenopeo, avendo sempre un occhio puntato verso l’estero. Forse, senza la vittoria del campionato, avrei preferito varcare i confini dell’America, dell’Europa sicuramente perché sono da sempre una persona con tanta voglia di fare e di scoprire. Come dico sempre, magari nel 2014 non ho fatto la migliore pizza in assoluto però penso di essermi meritato il titolo perché negli anni l’impegno e la perseveranza non sono mai mancati. A fare la differenza è la voglia di mettersi in gioco, dire di averci provato nella peggiore delle ipotesi, nella migliore di esserci riusciti.

Torniamo al presente con una doppia curiosità, iniziando dalla prima. Qual è l’ultima pizza che hai ideato?  

ULTIMA PIZZA CREATA

L’ultima pizza creata non ha ancora un nome d’arte. Si tratta di una pizza fritta, una montanara, che, uscita dal forno, si condisce con un po’ di fior di latte che viene cotto di nuovo nel forno a legna, quindi doppio passaggio, poi si aggiungono rucola fresca, straccetti di entrecote, alle volte argentina alle volte danese, un po’ di aceto balsamico e infine delle scaglie di grana. Una pizza piacevole al palato. La consiglio vivamente a chi vuole provare un gusto nuovo perché è davvero uno spettacolo!

Invece, qual è la top 3 delle pizze che ami preparare?

Innazitutto la “Bufalina” che mi ha cambiato la vita tornando alla vittoria nel 2014, per me ha un valore morale ed è allo stesso tempo una pizza semplice e molto buona, con bio pomodoro e mozzarella di bufala. Successivamente, la “Dieci” che ha avuto un successo strepitoso con pesto di pistacchio, fior di latte di Agerola, salsiccia di maialino nero casertano e scaglie di grana. Queste sono le due pizze più speciali. Magari mi diverto con una vellutata di zucca abbinata a salsiccia o speck, deve esserci molta fantasia anche da parte del pizzaiolo nell’accontentare i gusti della clientela. Diciamo che la terza pizza è ancora da inventare.

È vero che i menù di Libro’s sono elaborati da te in collaborazione con nutrizionisti per garantire un equilibrato apporto calorico?

Si, mi affido a nutrizionisti del centro Keiron. Le pizze hanno un valore calorico medio di base di circa 1250 kcal. Abbiamo cominciato ad avere questo occhio verso il salutare sin dall’apertura ad Aversa. Non so se faccio la pizza migliore del mondo ma di una cosa sono certo: chi viene da Libro’s loda i nostri prodotti altamente digeribili. Per me è motivo di orgoglio. Era ciò che volevo.

Oggi si parla di diete alimentari, come quella del senza glutine. Secondo te, il mondo della pizza si sta adeguando a queste nuove richieste dei consumatori?

In generale non ancora. Per quanto riguarda Libro’s sì. Certo non riusciamo ad accontentare la maggior parte dei vegani, poiché il veganesimo oggi è più una moda che un’esigenza, mentre il senza glutine sta diventando proprio un’esigenza fisica da parte del consumatore che non riesce più a ingerirne. Ciò senza dubbio alza i costi, perché significa accendere ogni giorno il secondo forno, per una, due, dieci pizze, così come è indispensabile una postazione a parte per la preparazione. Questa tipologia di lavoro è presente ad Aversa e Marano, non ancora a Formentera ma potrebbe succedere in futuro poichè per realizzare il senza glutine servono spazi appositi e non sempre le misure del locale lo permettono.

Sull’isola di Formentera, hai trovato un contesto ideale per estendere il marchio Libro’s?

È un’isola stupenda, magica. Mi sono subito sentito a mio agio. È una bellissima apertura che abbiamo fatto sotto il profilo del branding perché abbiamo esportato la nostra pizza su una delle isole più belle al mondo. Sotto il profilo del business un po’ meno perché siamo aperti solo quattro mesi e sostenere i costi per tutto l’anno diventa complesso, ma è un’ulteriore sfida che ci siamo posti.

Nelle aperture Libro’s, il detto “anche l’occhio vuole la sua parte” si spinge oltre la bontà del cibo. Quanto vale l’arredamento della location?

Un locale di prestigio deve essere piacevole agli occhi, quindi attenzione al design che deve trasmettere quella sensazione di fresco e nuovo. Una pizzeria di livello non può essere un pub, dunque niente sedie e tavoli in legno antico.

Che momento storico sta vivendo la pizza napoletana, oramai patrimonio dell’umanità?

Sicuramente un periodo di forte ascesa. Nascono numerose pizzerie, molte purtroppo aperte da chi non è del mestiere, creando così una sorta di disagio per chi ha sempre fatto questo nella propria vita.

Ti riferisci anche al passaggio da pizzaiolo-pizzaiolo a imprenditore-pizzaiolo?

Dipende, a volte capita che un pizzaiolo resta sempre un pizzaiolo e ha alle spalle degli investitori che implementano il business. Ma penso che sia un discorso abbastanza complesso. Chi sa fare il pizzaiolo dovrebbe occuparsi di quello. Quando la pizzeria porta il tuo nome, come nel mio caso, ci deve essere una sola identità nella pizza, una sola mente a decidere.

Nel 2017 è stato realizzato un cortometraggio sulla tua vita.

È stato bellissimo, un momento epico. C’è stata la possibilità di raccontare la storia di una persona che frequentava le scuole di Scampia e che viveva in contesti non del tutto perfetti. Posso dire con la massima serenità di essere partito non da zero ma da meno due. Nessuno della mia famiglia è pizzaiolo né tantomeno ha mai lavorato a una pizza, è stata una mia visione e infatti tutti i risultati raggiunti sinora sono stati ottenuti con il massimo impegno, anche se alle volte mi rendo conto che è stato difficile.

Nessun pizzaiolo in famiglia, a ogni modo mangiavi volentieri la pizza da bambino?

Adoravo mangiarla, ancora oggi perché credo che la pizza in sè e per sé non debba nemmeno sostituire un pasto.

Spiegaci meglio.

Per me non c’è un orario specifico in cui bisognerebbe mangiare la pizza. Per quanto riguarda la nostra cultura sono contrario agli orari prestabiliti per il pranzo e la cena.  All’estero, in Germania, Francia, Spagna, se volessi mangiare la pizza alle quattro del pomeriggio, potrei farlo. Secondo me è un servizio che va migliorato nel nostro Paese, garantendolo magari dalle 12 alle 24.

Qualche mese fa, durante un suo comizio ad Aversa, hai offerto una pizza, suscitando qualche polemica in quanto simbolo del Meridione, a Matteo Salvini. Come era fatta?

Con pomodori gialli, basilico e pezzi di bufala a comporre il suo nome. Arrivava un personaggio pubblico e così ho offerto una pizza come ho fatto anche in passato con altre figure note. Il gesto a Salvini è stato visto sotto un profilo politico, ma in realtà niente ci capivo e niente ci capisco di politica. Sono semplicemente un pizzaiolo.

Un campione del mondo della pizza cosa consiglia a chi è ancora alle prime armi?

Come detto poco fa, il mondo pizza sta crescendo ma non aiuta i giovani talenti che, fatto un corso, credono di essere subito i numeri uno. Ricordo che, prima di aprire la mia attività, ho dovuto fare un percorso da conditore, poi sono passato al forno, poi pizzaiolo solo a pranzo e dopo a cena, poi pizzaiolo a pranzo e cena. In Turchia mi occupavo della pizzeria, tornato in Italia ho avuto la possibilità di gestire un locale a Quarto quindi facevo pizzaiolo e gestore, dopo questa esperienza che ha portato risultati importanti ero pronto per affrontare la mia ultima sfida. Oggi i ragazzi imparano a fare un cornicione alto ma poi non sanno cuocere la pizza a forno né tantomeno sanno relazionarsi con i clienti. Il pizzaiolo deve essere completo.

Come concorrenti o spettatori, i programmi televisivi gastronomici influiscono sulla mentalità dei giovani?

Pur se i social stanno prendendo il sopravvento, la televisione resta sempre il momento più forte di comunicazione, insostituibile ancora oggi. Andare in TV ed esprimere il proprio prodotto è giusto purchè si dica la verità. Per arrivare a fare programmi devi avere fatto una gavetta importante, altrimenti non ci sono solide basi per poter spiegare un’idea di cibo.

Da Libro’s e Valentino Libro cosa possiamo aspettarci per il futuro?

Libro’s per il momento si ferma qui. Valentino Libro invece sogna un nuovo format di pizzeria – rivelato in anteprima per i lettori di FoodMakers – che preveda più qualità. Nel nuovo progetto, meno umano e più macchinizzato, saremo più concentrati sul servizio, riducendo al minimo l’attesa per ricevere la pizza e permettendo alla stessa di restare calda fino all’arrivo a casa del cliente. Non so ancora i tempi di concretizzazione, comunque questo nuovo modo di intepretare la pizza sarà presentato in una conferenza a cui sarete invitati anche voi di FoodMakers.

Pietro Bruno

Pietro Bruno

Classe 1994, laureato in “Media, comunicazione digitale e giornalismo” presso la Sapienza Università di Roma. Nel 2017 ho pubblicato il mio primo saggio “È il tempo della radio in TV” (Guida),...

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