Non mi sono mai piaciute le case impeccabili, abitate da famiglie perfette, quelle da pubblicità in tv o da rivista patinata. Amo le case colorate, ricche di oggetti che hanno un’anima, e sono in grado di raccontare una storia anche a chi non li ha usati. Non quelli accumulati senza un senso per una voglia di possesso, bensì quelli che hanno visto e vissuto grandi emozioni.

A Barumini, nella casa che era dei miei nonni e prima ancora dei bisnonni, si intrecciano le vite e i ricordi di tante famiglie “difettose”, e di tante generazioni che non si sono conosciute, ma che si uniscono adesso, nei loro oggetti, restituendo il calore e l’amore che hanno raccolto nel corso degli anni.

E così, guardando una formina in alluminio, mi ritorna in mente il profumo del flan di latte, della cotognata e del gattò. I canestri di giunco intrecciato, mi fanno pensare alla pasta fresca e ai ravioli messi ad asciugare. I finimenti appesi mi riportano a nonno Sanna, che seppur con lo sguardo severo, era capace di tanta tenerezza. Poi i colorati ricami di mia zia Mariella, fatti di animaletti e fiori, che sembra danzino su tende e tovaglie.

Lei mi ha insegnato il punto croce, che trasformava la bambina sempre in movimento, in una attenta e curiosa allieva. Ovunque i ricordi dei suoi viaggi in giro per il mondo, dal Tibet al Brasile, dalla Norvegia alla Russia. Pantofole, collane, bamboline, libri, tantissimi libri, tutto qui dentro parla di lei. Babbo col suo estro e Maria con il suo animo poetico, ma soprattutto con profondo rispetto e passione, hanno ridato vita ad una casa che per troppo tempo è rimasta chiusa, restituendole la bellezza e l’attenzione che merita.

Protagonista di tanti buonissimi dolci che mia zia preparava in questo periodo, era la mela cotogna.

I grandi frutti carnosi, dalla forma irregolare, una volta raccolti, erano posti nelle cantine o su in soffitta. Adagiati su stuoie di canne e sacchi di iuta e ricoperti dalla paglia, si conservavano a lungo, anche per mesi. Il loro aroma floreale molto intenso, si propagava ovunque nella casa. Per questo motivo, era abitudine metterne qualcuno dentro gli armadi per profumare la biancheria.

Il cotogno risulta essere uno degli alberi da frutto più antichi conosciuti all’uomo. Pare addirittura che fosse coltivato già dai Babilonesi e dai Greci, diffondendosi poi in tutta l’Asia Minore e nel Caucaso, fino ad arrivare nei paesi del Mediterraneo

Quando nascono, le mele cotogne, sono ricoperte da una fitta peluria che le protegge fino alla maturazione. A quel punto, il velo opaco scompare, rivelando la sottile buccia giallo oro. Tipicamente autunnali sono raccolte da ottobre a novembre, fino a inizio dicembre. Oggi, si trovano a fatica, in particolare nella grande distribuzione, e vengono annoverate tra i frutti rari e dimenticati. Basti pensare che in tutto il territorio italiano, sono dedicati alla loro coltura, solamente cento ettari di campi. Lo scarso successo dipende probabilmente dalle caratteristiche organolettiche. La polpa risulta molto dura e quasi impossibile da mangiare cruda, per il sapore acido e l’effetto allappante.

Ma non ci si dovrebbe fermare all’apparenza. Infatti questo frutto profumato, è un concentrato di sostanze nutritive antiossidanti, che garantiscono il benessere cardiovascolare e gastrointestinale. Le mele cotogne sono ricche di acqua e di fibre, mentre hanno una bassissima percentuale di grassi e proteine, e cosa non da poco, un apporto calorico ridotto, di solo 38 Kcal per 100 grammi. Tra le fibre presenti c’è la pectina, che può vantare proprietà antinfiammatorie, e che risulta di grande efficacia contro il reflusso e l’ulcera gastrica indotta dall’abuso di alcool. L’acido malico aiuta a tenere sotto controllo i valori della glicemia e del colesterolo nel sangue. Dal punto di vista dei micronutrienti, contengono importanti minerali, tra cui potassio e fosforo, e vitamine, in particolare la vitamina C e alcune del gruppo B. La buona presenza di potassio conferisce loro, proprietà diuretiche, utili quindi a regolare la pressione.

Per poter consumare la mela cotogna, è meglio procedere alla sua cottura. Si taglia in piccoli pezzi, eventualmente eliminando la buccia, e si lascia sul fuoco per alcuni minuti, in una pentola con acqua e zucchero, finché la polpa non si sarà ammorbidita. Il succo che si ottiene può essere utilizzato come decotto curativo, perfetto per raffreddori e mal di gola. Le ricette della tradizione prevedono l’aggiunta di spezie che ne esaltano il sapore, come la cannella, lo zenzero e l’anice stellato. Assume un sentore affumicato molto gradevole, se tenuta a lungo sotto la cenere calda del camino. E diventa un dessert raffinato, se cotta nel vino rosso, o ancor meglio nella Vernaccia, nella quale sono immersi un paio di chiodi di garofano, che ne valorizzano l’aroma e mitigano il gusto pungente.

Risulta essere un ottimo ingrediente, anche per la preparazione di torte e crostate. Una valida alternativa alla più classica torta di mele, è quella preparata con le mele cotogne. Tagliate a fette regolari e precedentemente cotte in acqua con succo di limone e zucchero, si aggiungono al tradizionale impasto, ottenendo un dolce soffice e fragrante.

Il massimo della resa e della bontà, si ha con le conserve e le mostarde. La cotognata è una gelatina solida preparata utilizzando solo con il frutto, il succo di limone e lo zucchero, lasciati sobbollire a lungo. Si consuma semplicemente spalmata sul pane, oppure è perfetta per farcire crostate e biscotti. La mela cotogna, grazie all’alta quantità di pectina presente nella sua polpa, risulta di grande aiuto per favorire l’addensarsi naturale di marmellate a base di altri frutti, senza dover usare prodotti gelificanti. Un beneficio sfruttato anche dalla più antica ricetta della mostarda, nata proprio con lo scopo di conservare la frutta per lunghi periodi.

Nel libro dei ricordi di mia zia, ho trovato due preparazioni che meritano una menzione. Il liquore e la marmellata di mela cotogna. Il problema, come spesso accadeva in passato, è che le dosi non sono riportate in modo esatto, quindi mi affiderò all’esperienza e all’occhio.

Liquore digestivo di mele cotogne

Il primo passo consiste nel lavare accuratamente i frutti, eliminando i torsoli e grattugiando grossolanamente la polpa, che dovrà essere lasciata a fermentare per un paio di giorni, in un contenitore di vetro piuttosto capiente.

A questo punto, aiutandosi con un piccolo tornio o un passaverdure si strizzerà quanto ottenuto, e il liquido andrà addizionato ad uno sciroppo, in dosi che prevedono orientativamente, un litro di succo, per un litro di alcool, per mezzo chilo di zucchero.

A seconda dei gusti, il composto può essere aromatizzato con chiodi di garofano o cannella. Dopo questi semplici passaggi, inizia il processo di macerazione, che prevede la conservazione per circa tre mesi in un luogo fresco. Al termine di questa fase si filtrerà, e il liquore digestivo a base di mela cotogna, sarà pronto da gustare.

Marmellata di mele e mele cotogne

1,500 gr di mele cotogne

500 gr di mele

800 gr di zucchero

Il succo di 2 limoni

Dopo aver sterilizzato i vasetti in vetro e i coperchi, facendoli bollire in acqua per 30 minuti, si procede a lavare accuratamente le mele cotogne, mantenendo anche la buccia, e a tagliarle in pezzi molto piccoli. Utilizzando un contenitore ampio, andranno irrorate con il succo dei limoni, e coperte interamente con lo zucchero.

Vanno lasciate riposare almeno un paio d’ore e poi, dopo aver aggiunto le mele sbucciate e tagliate a fette sottili, trasferite in una pentola alta e poste sul fuoco a fiamma media, fino a quando il composto non cambierà consistenza e colore diventando di un bel rosso bordeaux.

Si procede ad invasare quando la marmellata è ancora bollente, chiudendo i vasetti e lasciandoli raffreddare capovolti, così che si crei il sottovuoto.

Sarebbe consigliabile approfittare dei mesi autunnali per consumare questo frutto, e magari fare scorta di confetture a base di mela cotogna, da tenere in dispensa tutto l’anno.

Sara Sanna

Ho 49 anni e abito in Sardegna. Ho lavorato come tecnico del restauro archeologico prima, poi, come guida turistica e operatrice museale presso la "Fondazione Barumini Sistema Cultura" che si occupa della...

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