INNOVATIVE è il nuovo progetto di ‘a Figlia d’ ‘o Marenarolo storico ristorante partenopeo di Assunta Pacifico. 

È un’intuizione di Giuseppe Scicchitano, 30 anni, figlio di Assunta, cresciuto tra le cucine di famiglia e mosso da una forte vocazione ad immaginare e osare nuove imprese. 

LA STORIA FAMILIARE

Destrutturare per poi ricostruire, nel solco della tradizione familiare. Un mantra che Giuseppe Scicchitano, trentenne primogenito figlio di Assunta Pacifico – nom de plume “A figlia d’ ‘o Marenaro” – e del papà Nunzio, ha fatto proprio, dopo anni di dura gavetta nell’ambito familiare, nel leggendario locale di Via Foria, divenuto meta ineludibile per gli appassionati di pescato fresco nel cuore della Napoli antica, sino ad avocare a sé la gestione di un nuovo locale, inaugurato a Febbraio dell’anno scorso.

Il nome è eloquente, Innovative, la chiosa nel nome “A figlia d’ ‘o marenaro” evidenzia, senza soluzione di continuità, il legame ideale con il brand familiare, la struttura originaria è attigua, all’isolato affianco, alla Via Foria. Dal nonno – che negli anni quaranta ha dato la stura alla propria aneddotica e leggenda vendendo il brodo di polipo con carretto ambulante, si racconta dalle proprietà taumaturgiche – ha ereditato vocazione ed attitudine professionale, dalla madre tempra, percezione scenica, e forza comunicativa nel rapporto con la clientela.

GIUSEPPE SCICCHITANO

Direttore di sala, sommelier, titolare e manager creativo, sulla spalle di Giuseppe pesano responsabilità ed oneri non indifferenti, affrontati con vigore e piglio tutto partenopeo, consapevole che dalle congiunture non favorevoli possano trarsi straordinarie occasioni di crescita: si narra che sia capace di ipnotizzare e comunicare con i crostacei, di sicuro è un grande selezionatore, che non mostra remore nel soppesare qualità e difetti della materia prima, e di studiarne preparazioni con la propria crew di cucina e sala.

Sembrano lontani gli anni in cui Giuseppe era un ragazzo di bottega, l’ambizione e la passione smisurata ancora racchiusa nei gangli dell’educazione impartita dai genitori. L’iniziazione professionale, a venire, formalizzata nei gesti, ripetitivi e ieratici, dell’apertura dei crostacei e dei frutti di mare, seguita nei primi passi nel ristorante, scanditi dagli orari del servizio di sala, come unico imperativo quello di non farsi dissuadere dalla stanchezza e dai sacrifici richiesti.

INNOVATIVE – IL LOCALE

Poi la venuta, agli inizi dell’anno scorso, di “Innovative – a figlia d’ ‘o marinaro”, cinque sale in un palazzo storico di Via Foria, come dicevamo rappresentanti propaggini del locale storico, dal quale si accede attraverso una rampa di scale tappezzata di fotografie di famiglie, sorta di wunderkammer del proprio retaggio: è il cocktail bar, con tanto di vetrina del pescato quotidiano, a costituire la prolusione all’ingresso nella sale, notabile la selezione delle vodke e gin artigianali, puntualmente annotati in carta in miscellazioni creative.

Elegante e lussuosa ibridazione fra richiami alla storia di Napoli – percepibile in particolare nel panel della parete della prima sala raffigurante lo skyline del golfo – e arredi hi-tech, lo spazio, progettato dallo Studio Costa, leader nel settore, è informato ai dettami di una rigorosa progressione. L’ultima sala del ristorante rappresenta una sorta di chef-room privè, con una parete a vista sulla brigata di cucina e menù dedicato, nessuno spazio per concessioni a mode transeunti o piatti di accomodamento con pescato fuori stagione, dettagli con tende in broccato e suppellettili d’epoca.

INNOVATIVE – LA DEGUSTAZIONE

Passando alla degustazione, dopo l’imperioso amous-bouche del crudo di mare, con ostriche San Michele, scampi imperiali, gamberi rossi di Mazara e tartufi di mare – di sicuro annoverabile nei signature dish del locale madre – è la volta dei “gamberi flambè”, gamberi rossi alla fiamma con provola affumicata di Agerola, nella cui preparazione si estrinseca la talentuosa manualità del titolare Giuseppe, che termina la preparazione su apposito bancone al centro della sala.

È la volta, come piatto successivo, della “Cheesecake Maria”, libera improvvisazione di Giuseppe su di una base melodica – mutuando un termine musicale – della nonna a cui la preparazione è dedicata, costituita da un crumble di fresella bagnata in acqua di mare, ricotta in salvietta, e tartare di gamberi crudi, proposta in stratificazione, equilibrata e dai gustosi contrappunti di consistenze. In rapida successione, la zuppa di “cozze alla brace con salmorillo”, impossibile non percepire l’eco e l’incombenza di un “signature dish” della madre Donna Assunta, in cui tuttavia la diversa cottura offre diverse ed inaspettate rispondenze gustative.

A seguire un assaggio dei due primi, “gamberi alla chitarra rovente”, chitarre monograno Felicetti con tartare di gamberi nel suo ristretto profumato”, in cui una cottura flambè ultimata dal titolare rifinisce i contorni della gustosa bisque con i gamberi crudi, conferendo una leggera nota di affumicatura. E’ la volta della variazione del risotto di mare, in cui il classico piatto della tradizione viene trasfuso in un “risotto degli abissi con plancton di mare, molluschi e trasparenze di calamaro”, terminando con il gioco di rimandi iconografici del dessert “o curniciell”, altra invenzione di Scicchitano, in cui il simbolo partenopeo diviene un gustoso biscotto guarnito, da mangiare al cucchiaio, con cioccolato bianco e crema.

LA CARTA DEI VINI

Passando alla carta dei vini, un plauso anzitutto alla selezione dei cocktail, dai long-drinks ai pre-dinner, sino a quelli proposti in pairing al cibo, tutti preparati secondo i dettami dell’I.B.A. – International Bartender Association, con numerosi omaggi alla cultura partenopea, sin dai nomi: si va da “ncopp Pusillec”, sino a quello degustato “o riavule ‘ e’ Margellina” con rhum Clement, liquore alla nocciola della distilleria Quaglia, succo di Lime e sciroppo di canna da zucchero.

In carta dei vini, curata personalmente da Giuseppe, oltre sessanta le referenze, in grande spolvero le bollicine italiane da Franciacorta D.O.C.G., una ricca selezione di Champagne, ed i grandi classici dell’enologia Italiana, senza disdegnare i c.d. “supertuscans”, come Sassicaia e Tignanello: in degustazione, duttili e funzionali, una Falanghina Extra Dry della zona di Castelvenere dell’azienda “Tenuta Le Vignole” di Luigi Verrillo, sorretta da un’interessante acidità, ed infine “Abissi” di Bisson, Portofino Brut D.O.C.G. del 2015, da vitigni Vermentino e Pigato, note salmastre e minerali per uno spumante ligure che fa affinamento sui fondali.

Carlo Straface

Carlo Straface, partenopeo di nascita, corso di studi in giurisprudenza, di professione avvocato e giornalista pubblicista, eno-gastronomia e letteratura le sue coordinate di riferimento. Sommelier di...

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