Si connota di assoluta originalità la proposta eno-gastronomica di H2O, eno-bistrot ubicato in Aversa, con cucina creativa, oltre duecentosessanta referenze enologiche e la più interessante carta delle acque regionale.

L’acqua, insegna la scienza, è l’unica sostanza che si trova in natura in tutti e tre gli stati di aggregazione, il solido, il liquido ed il gassoso, con caratteristiche differenti, pur mantenendo le medesime molecole costitutive.

Una metafora, questa, che ben si attaglia alle mutevolezze della vita del trentenne imprenditore Salvatore Di Micco, sommelier, selezionatore e consulente nell’ambito eno-gastronomico, che con i soci – entrambi chef – Alfredo Manfredonia e Nino Murolo, circa due anni fa, ha dato vito al locale “H2O” in Aversa, mutuando il nome proprio dalla formula chimica dell’acqua, omaggiata da una estesa carta degustazione, con oltre venti referenze disponibili.

Il trait d’union del tridente proprietario è quello dell’entusiasmo e della voglia di superare barriere precostituite, che in circa due anni – sei mesi effettivi, contando i costringimenti della recente pandemia covid – ha consentito di incidere profondamente nel panorama eno-gastronomico di una località come Aversa – gli uffici giudiziari ed amministrativi sono ubicati a pochi metri – seppur dotata di eccellenti strutture ristorative, espandendosi nell’intero territorio regionale.

H2O è contemporaneamente ristorante e bistrot, vineria e bar-a-vin, grazie ad una formula improntata all’accoglienza che rifiuta tuttavia qualsiasi accomodamento di maniera: Di Micco proviene da una famiglia di produttori di vino della zona del Falerno – segnatamente Cellole – ha nel DNA la vocazione da vigneron, con dei trascorsi successivi progressivi da cameriere, direttore di sala, sommelier, ed infine restaurant manager, sino ad avocare a sé la titolarità della proprietà nell’intrapresa in questione.

Siamo andati a visitare questo luogo in un soleggiata pausa pranzo di una prematura Estate di San Martino, il colpo d’occhio all’ingresso è quello di eleganza e sobrietà della sala principale, circa trenta coperti preceduti da una cucina con vetrata a vista, e suggestivi richiami alle influenze etniche e orientali.

Con una iconica raffigurazione del biblico albero della vita – o albero della conoscenza, che collega tutte le forme della creazione secondo le scritture mitologiche – a fare da viatico, veniamo accolti dai proprietari e ci addentriamo nella sala al piano inferiore, adibita a splendida cantina in tufo, con oltre duecentosessanta referenze disponibili, ed a sala privé, con funzionale bancone in legno, e suppellettili in ferro battuto, dal gusto modernista.

Bella e funzionale la carta dei vini, dunque, con un’ampia selezione di bollicine, sia nazionali che d’Oltralpe, ricarichi più che contenuti, significativo il risalto dato ad eventi, sia privati che di settore, con frequenti incursioni negli aspetti divulgativi dell’enologia. La personalità affabile, rassicurante e solerte di Di Micco funge da elemento catalizzatore perché, come ama ripetere sovente, “il mondo del vino è un viaggio senza fine, e bisogna viverlo in tutte le sue fasi per amarlo visceralmente”.

Passando all’estesa degustazione, interessanti ed eterodossi gli amous-bouche, in evidenza la misurata sapidità della “polpettina di quaglia vercellese con timo e patate”, seguita dalla “tartelletta salata con ripieno di calamarette e zucca arrosto”, in abbinamento l’acqua naturale Sassovivo Umbra, ed un succo di mela in estrazione, che ne elimina le venature dolci.

Una menzione per il successivo “involtino di verza con baccalà cotto a bassa temperatura”, in abbinamento calibrato il Riesling tedesco del Rheingau “Querbach Sur Lie” del 2018, nitore di idrocarburi mai invasivo, gustato in pairing anche sul successivo coniglio con scarole ripassate, croccante al palato e dalla cottura perfetta.

È la volta dello “spaghetto di grani antichi con quinto quarto di polpo”, e qui la creatività di Di Micco esplode stentorea, con il contraltare liquido del Gewurztraminer D.O.C. del Trentino “Maso Bergamini” 2020, dal profilo aromatico mai stucchevole, bocca perfettamente ripulita e armonica al termine.

Chiudiamo con, come secondo, l’uovo poché cotto a sessantadue gradi con tartufo scorzone e cialda di parmigiano, proposto con lo Chardonnay Piemontese “Il Vento” 2019 di Tenuta dei Fiori Valter Bosticardo, grande rigore e spessore a livello retro-olfattivo, ed infine il dessert “crostatina al lime con cioccolato e tourbillon di vaniglia”, il suggello del Sauternes Castelnau di Suduiraut 2013 è un degno epilogo di una memorabile degustazione.

Tanti i progetti in itinere, una carta del cioccolato e dei caffè, la possibilità di aprire al calice qualsiasi vino in carta con pairing degustazione “fantasma” ideati a braccio da Di Micco, la reinterpretazione di classici della gastronomia, anche esteri, con ingredienti rigorosamente locali, ed infine dei percorsi degustativi con tapas perché, parafrasando il titolare, “i menù devono essere intellegibili e fruibili da parte di tutti, partendo dalla pausa pranzo del professionista sino all’avventore estemporaneo, all’insegna dell’inclusione e del coinvolgimento emotivo”.

Carlo Straface

Carlo Straface, partenopeo di nascita, corso di studi in giurisprudenza, di professione avvocato e giornalista pubblicista, eno-gastronomia e letteratura le sue coordinate di riferimento. Sommelier di...

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