Ambiziosi lavori in corso all’Hotel Parker’s di Napoli, – attualmente alla ribalta con il ristorante stellato George – sin dalla fondazione nato sotto gli aruspici di una duplice vocazione: quella connessa al mecenatismo, che informava l’attività, a fine milleottocento, dell’istitutore George Parker Bidden, facoltoso ed eccentrico biologo di origine anglosassone, che gettava le basi dell’attuale struttura, e quella di natura segnatamente imprenditoriale, che muoveva la volontà di un giovane avvocato napoletano, Francesco Paolo Avallone, il quale, avocandone a sè la gestione, ne effettuava una successiva ristrutturazione, prima del drammatico evento del terremoto in Irpinia, che ne distrusse il corpo principale.

Il resto è storia recente, sino all’attuale palingenesi, sulle ceneri dell’originaria edificazione, con un progetto di rinnovamento che ne ha preservato gli arredi e le suppellettili primigenie, sotto l’egida dell’Accademia di Belle Arti di Napoli, sempre nel solco dell’appassionata attenzione al dettaglio che la famiglia Avallone, tutt’ora unica proprietaria dell’hotel, riserva meticolosamente alla propria struttura: come è dato riscontrare dal composito – e facilmente fruibile – sito web, numerosi gli ospiti che si sono avvicendati, nel corsi dei soggiorni partenopei, nelle eleganti stanze dell’edificio, in un arco temporale di grande estensione, dal letterato inglese Oscar Wilde al fondatore del futurismo Filippo Tommaso Marinetti, dal “Duca Bianco” del rock David Bowie al leggendario attore e drammaturgo Principe Antonio De Curtis detto “Totò”, arrivando a Sophia Loren e Vittorio De Sica.

Discrimine, a conferire ulteriore qualificazione e lustro alla struttura, di cui quest’anno ricorre il centocinquantesimo anno dalla fondazione, come dicevamo il conferimento della stella Michelin al proprio ristorante “fine-dining” George (nome icasticamente mutuato dal fondatore), ubicato al sesto piano, con vista spettacolare sul golfo di Napoli, in una posizione di assoluto privilegio e centralità: affidatane la direzione al talentuoso chef partenopeo Domenico Candela, con trascorsi illustri nelle cucine d’oltralpe, sin dall’anno scorso è stato insignito del prestigioso premio della stella, con una proposta gastronomica ambiziosa e variegata, frutto di sicuro delle stratificate esperienze dello chef, ma anche di una rinnovata concezione “sinestetica” della gastronomia, tesa a solleticare tutti i sensi dei clienti-avventori, in un ricercato equilibrio, non senza raffinate ed ironiche – auto-citazioni, sorprendenti rimandi inframezzate a rivelazioni stilistiche.

Visitiamo la struttura in una mite serata di inizio Dicembre, i costringimenti legislativi imposti per fronteggiare l’emergenza sanitaria pandemica Covid sortiscono effetti pervasivi sulla popolazione, e sui clienti limitandone la possibilità di accesso, anche se, sin dall’ingresso dell’elegante lounge, accolti con cortesia e garbo dai concierge “chiavi d’oro” Marco e Vincenzo, è immediatamente percepibile il clima alacre e dinamico che ne informa l’operato della crew, in vista delle prossime festività natalizie, all’insegna di una maggiore flessibilità, mediante forme di pernottamento con cena, a prezzi agevolati: accomodati nella suite, una delle camere più prestigiose fra le settantanove che ne costituiscono il corpus, tutte dotate di arredi e finiture d’epoca, dal fascino impareggiabile e d’antan, con delle recenti ibridazioni volte a contemperarne il gusto liberty con suggestioni razionalistiche, paradigmatiche dell’attuale corso manageriale volto a farne un “salotto” di Napoli, lontano da concezioni oleografiche ed accomodamenti di maniera, mai avulse dal mood contingente del fervente capoluogo partenopeo.

Straordinaria la teoria di piatti componenti la degustazione di 6 portate, esordendo dal suggestivo impiattamento degli amous-bouche rappresentanti un “tableaux gastronomiques” insieme autunnale e natalizio, passando per la capasanta alla plancia e l’uovo cotto mollet con tartufo bianco di Aqualagna, proseguendo con la scaloppa di foie gras e zucca Hokkaido, sino ad arrivare alla incredibile sapidità e consistenza del “risotto mantecato con fichi d’india, gamberi, formaggio caprino e olio al dragoncello”: una nota di assoluto merito per il secondo “astice blu bretone cotto nel suo burro, barbabietola e caffè”, la perfetta cottura del “piccione italiano alla brace con tuberi di stagione e tartufo nero”, concludendo infine con un classico della patisserie d’oltralpe, la “tarte tatin di mela annurca con cremè brulé alla fava tonka”.

Davvero rimarchevole il pairing ideato dalla brigata di sala e dal sommelier, ovviamente con, in grande risalto, i prodotti dell’azienda vinicola Villa Matilde dell’asset proprietario della famiglia Avallone, proposti in annate reputate di qualità eccelsa: dopo il vino d’esordio – bollicine da metodo classico “Mata 2018”, è il turno del Pinot Bianco 2017 di Castel Sallegg, succeduto da quello che è forse il vino più incisivo della degustazione, lo straordinario “Villa Caracci” 2008 Falerno del Massico di Villa Matilde, affinamento in barrique per un cru di falanghina, magistralmente abbinato sul tartufo bianco, proseguendo con il Gewurztraminer riserva della cantina Kurtatasch “Brenntal 2016”, seguito dallo spessore del “Cecubo 2014” della medesima Villa Matilde – proposto sul piccione – e concludendo con il passito “Eleusi 2009” sempre della casa vinicola con sede in Cellole (Caserta), perfettamente duttile sui dessert e piccola pasticceria.

Tanti i progetti, in corso di completamento, della gestione, con una finitura delle camere più prestigiose, una messa a punto operativa dell’altro ristorante – con delivery ed eventi dedicati – ugualmente panoramico, denominato “Le Muse”, affidato allo chef Vincenzo Fioravante, vero e proprio custode delle ricette tradizionali – dalla parmigiana di melenzane al ragout napoletano – della leggendaria signora Matilde, genovese di nascita ma napoletana d’adozione, madre dei signori Avallone, proprietari dell’hotel: impossibile tralasciare la funzionalità dell’elegante e prospiciente lounge e martini Bar, in cui magari gustare uno dei prodotti dal prestigioso brand di champagne Krug che è sponsor del ristorante George – a sua volta divenuto membro del network degli ambassador della Maison – e le suggestioni narrative e ieratiche di alcune attività collaterali, come l’accensione delle luci coreografiche della facciata, oltre che benefiche e solidali, come le collaborazioni con le comunità di detenuti di Nisida e del Rione Sanità, viatico di future iniziative all’insegna della sobrietà, vicinanza emotiva e sensibilità verso i meno abbienti.

Carlo Straface

Carlo Straface, partenopeo di nascita, corso di studi in giurisprudenza, di professione avvocato e giornalista pubblicista, eno-gastronomia e letteratura le sue coordinate di riferimento. Sommelier di...

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