Pur avendo origini antichissime, fino alla fine dell’Ottocento il culatello non è quasi mai menzionato nelle opere di storici ed eruditi locali. Il motivo va probabilmente ricercato nel pudore dei letterati di fronte alla parola culatello, ritenuta volgare e inadatta a comparire su pubblicazioni serie. Bisognerà aspettare la citazione letteraria di D’Annunzio (1891) nonché la pubblicazione del dizionario di Alfredo Panzini (1905) in cui questo salume è finalmente contemplato tra le specialità gastronomiche.

Il culatello è uno dei salumi più nobili della norcineria italiana: per la tecnica di lavorazione, lunga e delicatissima, perché viene prodotto con la parte più pregiata del suino, la noce della coscia, per la sua rarità. Infatti, nonostante oggi sia uno degli insaccati più noti e celebrati, sul mercato arrivano soltanto poche migliaia di pezzi l’anno. O meglio: poche migliaia sono prodotti dai produttori del Presidio mentre in totale sono circa 50 mila quelli che si fregiano della Dop. La differenza consiste nel fatto che i primi devono essere lavorati completamente a mano e stagionati senza l’ausilio di impianti di refrigerazione; per questo il culatello del Presidio viene prodotto esclusivamente nei mesi invernali. Inoltre l’area di produzione del Consorzio è limitata al territorio degli otto comuni “storici” del culatello: Zibello, Busseto, Polesine, Soragna, Roccabianca, Sissa, San Secondo, Colorno.
Il prodotto finito, dopo la stagionatura, presenta una forma caratteristica a pera con un leggero strato di grasso nella parte convessa, imbrigliato in giri di spago tali da formare una rete a maglie larghe. Il colore al taglio è rosso uniforme con presenza di grasso di colore bianco tra i fasci muscolari.
Al naso, a seconda della stagionatura, il culatello presenta note muschiate più o meno evidenti, a volte coperte dalle sensazioni alcoliche rilasciate dal bagno di vino in cui viene immerso prima di essere affettato. In bocca offre un bouquet aromatico molto complesso, che va dal dolce quasi mielato iniziale sino alla percezione di sfumature speziate nel retrogusto.

Articolo originale www.fondazioneslowfood.com

Redazione Foodmakers

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