Corrado Ristorante – Dove “Le persone che amano mangiare sono sempre le migliori”

Il suo nome richiama alla memoria un famoso filosofo, gastronomo e cuoco del 1700, ma nei piatti vi si ritrovano sapori e pietanze moderne, nel pieno rispetto delle materie prime.

Per una sera, ho scelto di provare un luogo di cui avevo solo sentito parlare ma che sapevo non avrebbe tradito le mie aspettative.

Siamo ad Oria, meno di 20 km da Brindisi, una delle perle della provincia. Nel pieno del centro storico, a due passi dal quartiere ebraico, si trova Corrado Ristorante.

Il suo motto, “Le persone che amano mangiare sono sempre le migliori”, mi fa subito sentire a casa. Il ristorante, in via Francesco Russo, prende il nome da Vincenzo Corrado, filosofo, gastronomo e cuoco del 1700, autore di volumi le cui gigantografie campeggiano nella sala, ampia e caratteristica, del locale. Un antico frantoio semi- ipogeo, infatti, coevo dello stesso Corrado, ospita i tavoli, ben distanziati, del ristorante.

La sala è ai più conosciuta come un frantoio, ma nel corso dei secoli è diventata parte della storia della comunità locale: nei primi decenni del 1900, qui nasce la prima compagnia teatrale di Oria per mano di Michele Massa, pittore e decoratore ricordato nella sala, e Giovanni Iacoianni, appassionato di teatro. Negli anni ’50, due artigiani, Suma e Candita, la trasformano in una nota falegnameria.

Solo negli ultimi anni, il locale ha una nuova veste, con un lavoro di restauro che ne ha preservato le tracce del passato e mantenute intatte per tramandarle agli ospiti del ristorante.

Un presente che affonda le sue radici nella storia del luogo, anche in cucina. Colpo al cuore, appena all’ingresso del ristorante, è la cucina a vista. Una ribalta per lo chef e per la brigata per deliziare l’occhio e la curiosità del cliente che passa e sospira, osservando i piatti sul pass.

Prodotti locali ma anche presi in prestito dalle cucine del mondo, quelli serviti da Corrado. Una contaminazione che riesce a creare armonia tra gli elementi, che si incontrano nel piatto e sul palato, anche quando creano contrasti.

Come accade al sandwich di salmone marinato, servito col fido avocado e una mostarda di ciliegie che risveglia i sensi. Non sono da meno il polpo fritto con maionese, salsa romanesco e concassé di cetriolo, o la portata di melanzane, crema di caciocavallo e “cunsirvoni” (conserva della tradizione di pomodori, peperoni, peperoncino, sedano e cipolla, NdR), senza dimenticare un sashimi di tonno rosso, accompagnata da anguria al Bombay gin, finocchio e pop corn.

Durante la cena, abbiamo optato per un secondo, ripromettendoci di tornare anche solo per provare i primi piatti, sulla carta molto appetibili: giusto per citarne alcuni, la lasagnetta con spuma di carbonara e polvere di limone, il tagliolino tartufo e scampi o il tubettone di alga spirulina,  con ricci di mare e aglio nero.

Quindi, le nostre scelte sono ricadute sui calamari arrosto con yuzu, worcester, finocchio e coulis di pomodorino giallo e su una più semplice tagliata di manzo con fagiolini e pecorino. Due piatti diversi tra loro ma che hanno saputo esaltare, attraverso accostamenti che talvolta sembrano azzardati, le caratteristiche delle materie prime.

La proposta culinaria dello chef Cannalire si dimostra di altissimo livello: un’esperienza del gusto da riprovare, complice anche il prezzo della cena (€ 50 circa p.p., vino incluso).

Francesca Favia

Viaggiatrice compulsiva, Esperta Economia Circolare , Storyteller e promotrice delle gastronomia sostenibile e free cruelty

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