Cari amici lettori, ogni anno, in questo periodo, ricordo con nostalgia le mie vacanze in campagna e tutta l’agitazione che c’era nella cucina di mia nonna. Invasa da enormi pentole, vasetti e bottiglie di vetro, ci si preparava a riempire la dispensa per l’inverno. Sottoli, sottaceti, bottiglie di pomodoro, confetture e liquori, preparati con i prodotti coltivati da mio nonno, visto che in estate, la natura è molto generosa, regalandoci colori e sapori, assenti in altri periodi dell’anno. Sicuramente, l’avvento della congelazione o della surgelazione ci hanno facilitato il compito, rendendo possibile la conservazione degli alimenti, ma, per nostalgia della tradizione, realizzare conserve e marmellate fatte in casa, resta, sicuramente, l’unico mezzo per tramandare i metodi ancestrali delle nostre famiglie.

Oggi, il concetto della tradizione, va di pari passo con la sempre più crescente domanda di nuove proposte gastronomiche. Nell’intento, non soltanto, di soddisfare i nostri cari o la nostra clientela, ma di esprimere la nostra fantasia, sperimentando gusti sempre più audaci e raffinati. Questo accade sia nelle cucine casalinghe che in quelle professionali e con il tempo ho visto crescere la domanda di nuove ed esclusive ricette anche nel settore pizzeria.

Tutto ciò è bene in sé, ma come comportarsi di fronte alle regole igienico-sanitarie? Come possiamo assicurare ai nostri convivi prodotti che siano sicuri per la salute e che conservino tutte le loro proprietà? Ecco che ho preparato una piccola guida per voi, utile in caso di dubbi e perplessità. 

MICRORGANISMI E DEPERIBILITÀ

Iniziamo con il chiarire che tutti gli alimenti sono deperibili nel tempo, a causa di tre agenti: biologico, fisico e chimico. Che si tratti di microrganismi, luce, calore o enzimi, questi agenti contribuiscono al deterioramento del prodotto. L’ elemento che rende vulnerabile un alimento è l’acqua libera, contenuta in esso, quella insolubile, che può essere utilizzata dai microrganismi per proliferare. Allora, che fare? Semplice? Non proprio, ma è possibile ridurre quest’acqua con sistemi di essiccazione o disidratazione, oppure, aggiungendo all’acqua, altri elementi, come sale o zucchero (acidificare), per rendere innocua l’attività dei microrganismi, oppure trattamenti ad alte o basse temperature.

Come riconosciamo gli effetti nefasti dei microrganismi? Quando un alimento si deteriora, prendiamo come esempio la frutta, notiamo un cambiamento di aspetto, colore, sapore e odore. Non consumato nei tempi giusti, inizia a marcire, non più adatto alla consumazione. Vi sarà capitato, anche, di aprire un contenitore con la tempestiva fuoriuscita del prodotto, come quando aprite una bottiglia di champagne. Questo succede perché alcuni microrganismi sono capaci di produrre gas, che rendono evidente il deterioramento e la cattiva conservazione del prodotto. Questi due esempi sono molto comuni in cucina. Il problema sorge, invece, con quei microrganismi, molto insidiosi, che, all’apparenza, non producono alcun effetto visivo, ma possono sviluppare il Botulino.

Ecco perché è necessario acidificare i prodotti che vogliamo conservare e se non possiamo farlo, le conserve devono essere, necessariamente, sterilizzate.

I SISTEMI DI CONSERVAZIONE 

Possiamo classificare in due, i  tipi di sistemi di conservazione: a carattere termico e a carattere chimico.

Per termico, si intende la stabilizzazione di un alimento, trattato ad alte o basse temperature, mantenendoli inalterati per diverso tempo e per alcuni anche indefinitamente. Nello specifico, parliamo di: sterilizzazione, pastorizzazione, tindalizzazione, refrigerazione, congelamento e surgelazione, essiccazione e disidratazione.

Per chimico, si intende la stabilizzazione di un alimento, trattato con uno dei seguenti  elementi quali: sale, zucchero, aceto, alcol a 90° oppure per affumicatura. Nello specifico parliamo di salagione, salamoia, sott’olio, sott’aceto, sotto zucchero e sotto spirito. Tutti processi che, a seconda dei casi, disidratano gli alimenti, riducono le quantità di ossigeno nei tessuti,  abbassano il PH dell’alimento, frenando, così, la moltiplicazione dei microbi.

Vi parlerò dei processi che più utilizziamo in ambito domestico, con qualche astuzia e consigli per una corretta esecuzione.

STERILIZZAZIONE E SANIFICAZIONE 

La sterilizzazione si usa soprattutto per frutta e verdura. È il processo che distrugge i microrganismi e l’attività di tossine e spore, ricorrendo alle alte temperature (115 a 160°). È uno dei sistemi più usati nell’industria alimentare che, in realtà, non è applicabile in ambito domestico. Quindi, vi spiego meglio proprio questo passaggio. 

Quella che facciamo in casa non è la sterilizzazione del prodotto, ma dobbiamo, piuttosto, chiamarla, sanificazione dei soli contenitori. Mentre la prima richiede macchinari sotto pressione e alle 5-6 ore di trattamento, la seconda, è soltanto una pulizia dei contenitori di vetro, in acqua portata ad ebollizione, successivamente riempiti, ermeticamente chiusi e pronti per essere pastorizzati. 

Si legge spesso: Operazione non necessaria se nel contenitore dovete conservare alimenti freddi: basterà, semplicemente, lavarlo ed asciugarlo correttamente. Non è necessario pastorizzare neanche le preparazioni invasate a caldo, come, ad esempio, marmellate e confetture. Spiegherò, nei prossimi paragrafi, che, quanto sopra, non è sempre applicabile, senza correre qualche rischio. 

CONSIGLI 

Però, perché c’è sempre un però…è bene ricordare che tutte queste manipolazioni debbano essere eseguite in condizioni di pulizia impeccabile, ossia: di igiene personale, igiene dei piani di lavoro e degli strumenti che andrete ad utilizzare. Le conserve devono essere pulite da eventuali residui di colatura, avvenuti durante il riempimento dei contenitori, mai essere riempite fino all’orlo, per permettere al sottovuoto di realizzarsi nel modo giusto. 

Durante la cottura, i contenitori debbono essere completamente immersi in acqua e ricoperti per almeno 5 cm. Soprattutto, nel dubbio, ed anche se la ricetta non lo prevede, eseguite, comunque una pastorizzazione. Vedremo in seguito che, l’aggiunta di acidificanti nelle preparazioni si rivela necessaria per diminuire il PH di alcuni alimenti in cui il suo valore è elevato, permettendo ai microrganismi (spore) di non proliferare. 

Senza l’aggiunta di acidificanti e senza sterilizzazione, che come detto, non è applicabile in ambito domestico, alcune conserve, potrebbero, comunque, risultare nocive alla salute. Quindi, consiglio una pastorizzazione anche se pensiamo non sia necessario e questo, sia nel caso di preparazioni a caldo che a freddo. Tipico, l’esempio delle famose BUTTEGL’ E PUMMAROL’ (bottiglie di passata di pomodoro fatte in casa), tradizione, ancora oggi, perpetrata, soprattutto nel sud Italia. Le bottiglie sono riempite con prodotto caldo, cotto e passato, per poi essere nuovamente bollite in grossi calderoni. (Ringrazio la famiglia Schiano per l’utilizzo delle foto).

Esistono delle tabelle di composizione chimica degli alimenti, consultabili sul net, e scaricabili in PDF a questo link www.alimentinutrizione.it 

Vi troverete tutte le percentuali degli elementi presenti in un alimento come, ad esempio,  acqua, zucchero, sale, proteine, vitamine etc. etc.

PASTORIZZAZIONE

Non richiede temperature elevate, in generale meno di 100°. Questo processo distrugge quasi il 100% dei microrganismi nocivi alla nostra salute, ma non le spore e batteri residui, per intenderci, quelli responsabili del botulino ed altri agenti patogeni, che rimangono attivi. Nell’industria, questo processo viene associato ad altri processi di conservazione, per evitarne la proliferazione. In ambito casalingo, procediamo, grosso modo, come facevano le nostre nonne. Si riempiono i contenitori, si immergono in bollitori riempiti di acqua, si separano con strofinacci (mia nonna ci metteva fogli di giornali), per evitare la rottura durante lebollizione

Per quanto tempo? Vi sconsiglio carne o pesce, in quanto richiedono un trattamento specifico, con varie fasi di cottura, intervallate a fasi di riposo (tindalizzazione). SI a salse di pomodoro, marmellate o confetture, che richiedono (dipende dall’alimento), fino a 90 mn, dal  momento in cui bolle l’acqua. Le conserve vanno lasciate raffreddare nell’acqua e dopo almeno 12 ore, eseguiamo la prova del nove: bisogna controllare le capsule (devono essere di metallo). Se sono incurvate verso l’interno e, premendole, non si muovono (non fanno “click”), vuol dire che l’aria è stata completamente estratta e la pastorizzazione perfettamente riuscita.

Se la capsula non è sotto pressione, niente paura, non dovete buttare il prodotto: ricominciate da capo oppure consumate entro 7gg. conservato in frigorifero. Può capitare che avete scelto i contenitori con la guarnizione in gomma: togliete la sicura e cercate di aprire il coperchio. Se fa resistenza e non riuscite ad aprirlo, allora è sottovuoto ed il processo riuscito.

APERTURA DELLE CONSERVE

La domanda che, generalmente, mi fate tutti è: Chef, come comportarsi una volta aperte le conserve? Quando si toglie il tappo, la conserva va tenuta in frigo e consumata il più rapidamente possibile. In tutti i casi, marmellate e confetture una settimana, sughi e salse non più di 5gg, sott’olio e sott’aceto anche un paio di mesi, badando a che l’alimento sia sempre ricoperto dal liquido. Ricordate sempre che, nonostante questi processi  rendono più sicuri il consumo degli alimenti, il vetro, consigliato per i contenitori, è trasparente, quindi lascia passare la luce, che può danneggiare il prodotto. Meglio, quindi, conservare i vostri vasetti o bottiglie, al buio.

COMPOSTA, CONFETTURA E MARMELLATA 

Voglio precisare anche la differenza che c’è tra composta, confettura e marmellata, visto che ho notato, spesso, una confusione. 

La composta contiene polpa di frutta, acqua e zuccheri con 650 gr di frutta per kg di prodotto finito; è completamente frullata ed omogenea.

La confettura contiene polpa e/o purea di frutta (anche pezzi) non inferiore a 350gr per kg di prodotto, fatta eccezione per alcuni tipi di frutta (sorbo, ribes rosso e nero, mele cotogne), per i quali bastano minori quantità. Per la confettura extra, invece, la contenenza in frutta  non deve essere inferiore a 450 gr per kg di prodotto finito. 

La marmellata è il risultato della lavorazione di uno o più prodotti derivati degli agrumi, quindi, da purea, succo, estratti o scorze, la cui contenenza per kg di prodotto, non può essere inferiore a 200 gr di cui almeno 75 gr provenienti dalla polpa. Tutto ciò può sembrare un po’ troppo “fiscale”, ma dovete sapere che il settore è altamente controllato da leggi severe atte a proteggere la salute del consumatore finale e dalle frodi. 

Mi piace pensare che, se realizziamo noi stessi queste preparazioni, siamo anche in grado di spiegarne le caratteristiche e dargli la corretta appellazione. E’ anche bene ricordare che non esiste alcuno tipo di prodotto che sia totalmente privo di zuccheri, poiché la frutta ne contiene naturalmente; la dicitura “senza zucchero” è usata per prodotti che ne contengono un massimo di 0,5 gr per 100 gr di prodotto, mentre “senza zuccheri aggiunti” è usata per prodotti dove sono presenti solo gli zuccheri naturali. 

Vi ricordo che lo zucchero, essendo un acidificante, deve essere presente nelle giuste quantità, necessarie alla qualità del prodotto (700 gr per kg di frutta). Alcuni tipi di frutta non ne contengono  abbastanza da poter evitare lo sviluppo di microrganismi patogeni, quindi, consiglio di dare uno sguardo alla tabella alimentare; se il frutto è poco acido, aggiungete del succo di limone 

CONSERVAZIONE SOTTOLIO E SOTTACETO

Sono due tra i sistemi di conservazione a carattere chimico. Questi processi, sono, per tradizione, tra i più diffusi in ambito domestico. Quello che presenta maggiori rischi è il sottolio; infatti, l’olio serve piuttosto ad insaporire gli alimenti ed agisce da isolante contro i batteri ed i germi che circolano nell’aria, mentre è completamente inefficace contro i microrganismi presenti negli alimenti. 

Questo dipende sempre dal PH dell’alimento, ossia la sua acidità: più il ph è elevato, meno è acido il prodotto, più propenso a sviluppare patogeni come il botulino. Per questo motivo, tutti gli alimenti che vogliamo conservare sott’olio, debbono, necessariamente, essere trattati prima con la salagione (trattamento con sale marino), oppure una rapida bollitura in acqua e aceto o succo di limone. In tutti i casi, consiglio sempre di pastorizzare.

La salagione può essere fatta in due modi: salagione a secco e salamoia.

Con la salagione a secco, il sale è messo a diretto contatto con l’alimento oppure sfregato sulla sua superficie oppure alternato a strati del prodotto stesso. Con la salamoia, l’alimento viene immerso in una soluzione di acqua e sale disciolto (non meno del 10%), che provoca una fermentazione naturale, trasformando i microrganismi in acidi organici. E’ chiaro che, se volete conservare i vostri alimenti preferiti, direttamente, in salamoia o sotto sale, non è necessario acidificare prima il prodotto, né tantomeno, pastorizzare.

La conservazione sottaceto è uno dei mezzi più sicuri per conservare gli alimenti. Infatti, l’aceto, con la sua elevata acidità, impedisce l’attività di molti microrganismi. Se lo diluite con l’acqua, dovete assicurarvi, leggendo l’etichetta, dell’aceto scelto, che abbia almeno il 6% di acidità. Vi ricordo che l’aceto di mele ed altri aceti di frutta, in generale, ne hanno di meno e non debbono essere diluiti. Se preparate le verdure sottaceto, potete lasciarle crude oppure leggermente sbollentate, così evitate che perdano la loro consistenza.

CONSERVAZIONE SOTTO SPIRITO

In ultimo, voglio parlarvi della conservazione sotto spirito, perché ho tanti ricordi in proposito. Durante questo periodo, mia nonna, con le ciliegie, preparava una sorta di “cherry”, di cui gli uomini di casa andavano matti e, soprattutto, era riservato agli ospiti. È un metodo molto sicuro perché prevede l’utilizzo dell’alcol a 90° oppure di distillati con un grado alcolico molto elevato come il Brandy, la Grappa o il Cognac

La frutta deve essere di piccole dimensioni oppure tagliata a piccoli pezzi per facilitare la penetrazione dell’alcol nei tessuti. Anche se con questo procedimento, gli alimenti acquistano un bel sapore, purtroppo, perdono tutte le loro vitamine e per evitare ciò, basta aggiungere una parte di zucchero (ad esempio uno sciroppo), lasciando la parte alcolica sempre superiore al 50%. Non necessita di pastorizzazione.

Anche mia mamma e io abbiamo iniziato a preparare le nostre conserve. Nella sezione ricette, troverete due classici della tradizione campana e della mia famiglia: le Melanzane sott’olio di Nonna Amelia, la mia nonna materna di origine salernitana e la Marmellata di arancia e limone di Nonna Angelina, la mia nonna paterna, di origine sorrentina come il mio papà.

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Angela D’Esposito

Chef Angelina, classe 1968, è di origini campane (sorrentine-salernitane). La sua carriera lavorativa inizia più di 30anni fa' in quel di Parigi. Curiosa di natura, amante delle tradizioni, al passo...

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