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Riceviamo e pubblichiamo il contributo di Giulio Lippi

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A guardarlo in faccia Francesco Vitiello, per gli amici Ciccio, 26 anni, pizzaiolo, da Tuoro di Caserta, è un concentrato di determinazione: il suo viso, la sua espressione, i suoi nervi sono costantemente protesi verso un futuro nel quale sembrano già essere proiettate tutte le sue idee in attesa di realizzarsi.

Dovunque si parli di pizza il suo nome salta sempre in ballo,  non sempre lo troverete in cima alle classifiche, sebbene la sua pizza sia almeno da podio in ogni classifica immaginabile, ma lui è fatto così, si confronta con tutti, ma segue la sua strada: nessun mulino, nessuno sponsor, nessun padrino a sbandierarne i meriti.

Dieci minuti per conoscerci un po’ e poi la determinazione lascia spazio al piacere di raccontarsi.

Ciccio si conferma subito un professionista tutta sostanza!

Leggendo i tuoi menù sembra quasi una sfida quella che proponi agli ospiti della tua pizzeria, cinque impasti, accostamenti originali, cotture degli ingredienti mai banali. Come riesci a gestire tante variabili?

Con un grande studio in fase di progettazione delle ricette, tanta ricerca sulle materie prime e una  organizzazione rigorosa in laboratorio e al forno.

Blu di bufala con pancetta stufata, genovese senza base di mozzarella, con pecorino e zeste di limone. Come fai a non esagerare?

La pizza è tradizione e, per cercarne di nuove, guardo costantemente ad altri piatti della tradizione e cerco di trasportarli sul mio impasto mediando con i sapori della panificazione. Raramente, seguendo questo metodo, mi sono trovato nel piatto abbinamenti improponibili. Poi è ovvio che il gusto e la sensibilità di chi sceglie decretano il successo di una pizza.

E’ incredibile come le tue parole siano praticamente le stesse di un monumento della pizza come Enzo Coccia, al quale io ti avevo già istintivamente accostato prima di conoscerti.

Ti ringrazio per il paragone, Enzo Coccia è un maestro con cui mi confronto sempre in maniera molto accesa, raramente le nostre posizioni coincidono, ma il rispetto reciproco è enorme, quando guardo a lui vedo un pezzo di storia della pizza moderna.

Un’altra cosa che vi accomuna è una grande indipendenza, ma su questo tu mi sembri ancora più estremo, non sostieni alcun mulino e il tuo nome non è mai stato legato a niente e nessuno in particolare in questi anni di iperattività nel mondo della pizza.

Sono abituato a concentrarmi su lavoro e attraverso questo raggiungere i risultati. Lavoro con un mulino che mi ha aiutato ad elaborare un mio blend di farine, ci abbiamo lavorato sei mesi e oggi è la base stabile dei 5 impasti che propongo. Faccio così per tutti i prodotti: offrire il meglio ai nostri ospiti è più facile se non si deve rispondere a nessuno se non alla propria professionalità.

Vedo che hai scelto un forno rotante, come mai una scelta così poco tradizionale?

E’ stata una scelta pragmatica, da quando è nata Casa Vitiello con la mia socia siamo molto attenti anche agli aspetti gestionali del locale e ci siamo resi conto che con un forno del genere riuscivamo a servire il 50% delle pizze in più con la stessa forza lavoro, riducendo in maniera decisiva l’attesa dei nostri ospiti.

Ovviamente, ho verificato prima che il cambio di forno non incidesse sulla qualità del prodotto finito e, una volta fatte tutte le prove, mi sono reso conto che mi aiuta addirittura a migliorarlo. Infatti, la presenza di una luce naturale all’interno del forno mi aiuta a gestire meglio la cottura: controllando il colore e il livello di caramellizzazione della pasta.

Come ottieni la straordinaria digeribilità delle tue pizze?

Tutto parte dalla farina. Impastiamo due volte a settimana e poi gestiamo con la temperatura i percorsi di maturazione dei panetti a seconda della data di utilizzo, per migliorare la resa sigilliamo i panetti uno ad uno. Abbiamo ottimizzato l’uso della pasta e siamo arrivati a realizzare le nostre pizze con panetti da un quarto.

Pizza e birra o pizza e vino?

Il mio consiglio è sempre vino, fino al dopoguerra la pizza l’abbiamo sempre accompagnata così, con gli americani abbiamo cominciato ad accompagnarla con la birra, ma per me non c’è paragone.

Noi proponiamo ai nostri clienti un’adeguata selezione di etichette e una mescita al calice automatizzata che preserva le caratteristiche dei vini.

Torniamo a parlare di Casa Vitiello, siete in tanti e l’organizzazione è ammirevole.

Io sono un perfezionista e la mia socia Mimma mi aiuta a realizzare le mie pretese rendendole economicamente sostenibili. Sono giovane e ambizioso, ma non ho fretta, voglio avere il mio tempo e credo che sia giusto che questo valga per tutti nel nostro staff. Per questo abbiamo lavorato molto sulla standardizzazione, sulla gestione dei tempi di lavoro e sulla qualità del servizio, abbiamo un rapporto camerieri/ospiti particolarmente alto, e i risultati si vedono.

Ciccio, nel salutarti devo dare ragione al nostro comune amico che ti definisce prima chef e poi pizzaiolo.

Il nostro amico mi vuole troppo bene!-)

 

In questa breve chiacchierata Ciccio si è rivelato in tutta la sua affabilità, sprigionando l’energia della sua età, la forza del suo carattere (che già dieci anni fa gli dava modo di farsi rispettare davanti a un popolare forno dai grandi numeri), ma soprattutto la sua grande semplicità: un pregio non da poco per un talento di questa portata.

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Giulio Lippi – Da oltre vent’anni mi occupo di comunicazione e di marketing aiutando imprese, enti e professionisti a migliorare i propri risultati in termini concreti.
Redditività, soddisfazione dei clienti creazione di valore sono le linee guida di un lavoro sostanzialmente istintivo, guidato principalmente dalla curiosità e dalla grande voglia di capire come funziona, tutto.

In questi anni ho lanciato e-commerce, progettato marchi, diretto un’agenzia di comunicazione, ideato strategie, campagne e contenuti per tante aziende.
Mi sono confrontato con il mondo dell’editoria e con il team di studioesse ho gestito per oltre 7 anni la parte creativa delle testate Trenitalia, che sotto la mia direzione creativa sono passate da una a sette, con grande aumento di appeal e di redditività della raccolta pubblicitaria.
Ho partecipato con clienti che sono diventati amici alla nascita e alla crescita di tante aziende di successo e spero di farlo ancora per tanto tempo.
E quando c’è da festeggiare un risultato, mi gusto una fragrante fetta di pane cafone con l’extravergine di famiglia.

Redazione Foodmakers

Account della redazione del web magazine Foodmakers. Per invio di comunicati stampa o segnalazione eventi scrivere a foodmakersit@gmail.com

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7 Comments

  1. Mah….
    Con riferimento particolare agli abbinamenti della pizza con vino/birra le idee denotano a mio parere ignoranza in materia (eh si…) ed assoluta prevenzione…

    1. Non sono d’accordo, esprimere un’opinione è un’opzione lecita, ignoranza è dare giudizi senza conoscere i fatti.
      L’opinione è suffragata dai fatti, fino alla seconda guerra mondiale il consumo procapite di birra non aveva mai superato i tre litri annui, nell’800 era un prodotto da amatori, nel 1980 era intorno ai 16, solo nel 2010 è arrivato a 28 litri pro capite.
      L’abbinamento cibo vino era l’unica opzione fino a metà 900.
      Sarei un po’ più attento quando si emettono giudizi così tranchant.

  2. Giulio, ci diamo del tu, siamo membri di questo team 🙂
    Io non ho parlato di “numeri” e del consumo “pro capite”…E quindi fatico a comprendere la tua risposta.
    La mia “reazione” da appassionato ed esperto di birra (e…attenzione, non in contrapposizione al vino!) è per questa frase un po’ pressapochista… “Il mio consiglio è sempre vino, fino al dopoguerra la pizza l’abbiamo sempre accompagnata così, con gli americani abbiamo cominciato ad accompagnarla con la birra, ma per me non c’è paragone.”
    Cosa significa che non c’è paragone? Da che punto di vista? Su quali basi?
    A mio avviso vuol dire che entri nel merito della “qualità” dell’abbinamento ed allora proprio non posso accettarlo perchè denota, non da parte tua, ma da parte dell’intervistato, un “ignoranza” profonda. Ignoranza intesa come NON CONOSCENZA ovvio… Poi se per te chef/pizzaiolo la birra da abbinare è la peroni/heineken/moretti ecc allora alzo le mani, ma è come dire che utilizzo come vino il tavernello nell’abbinamento.
    L’Italia non ha sicuramente una tradizione secolare in tema birrario ma ti posso assicurare che negli ultimi dieci anni siamo diventati tra i migliori produttori al mondo di birra di qualità! Parlo di birra artigianale ovviamente, non di birra industriale.
    Sulla pagina facebook dove ho letto l’articolo ho espresso un’idea….
    Il “maestro” sceglie tre pizze e poi facciamo un contest Vino Vs. Birra con pubblico a perto e non “schierato” ideologicamente… Vediamo cosa esce fuori….
    Resta un po’ da parte mia la sensazione che l’intervistato di birra sappia nulla o quasi…

  3. Alfio perdonami, ma io credo che in un locale come Casa Vitiello (fermo restando la disponibilità del prodotto birra) il proprietario possa fare le scelte di abbinamento che crede senza per questo essere accusato di ignoranza. Non credo che se avessi intervistato Don Alfonso gli avresti mosso queste accuse.
    Che la birra sia nella nostra storia ristorativa solo negli ultimi 60 anni è fatto risaputo e trae origine, tra le altre cose, dall’esigenza, negli anni 50, di vendere alcolici a bassa gradazione.

    1. Giulio, tu “per interposta” persona continui però a spostare il “focus” della discussione.
      Ancora una volta riporto la frase del pizzaiolo che hai intervistato “Il mio consiglio è sempre vino, fino al dopoguerra la pizza l’abbiamo sempre accompagnata così, con gli americani abbiamo cominciato ad accompagnarla con la birra, ma per me non c’è paragone.”

      Rispondimi tu allora, secondo te cosa voleva dire il pizzaiolo con “…per me non c’è paragone”.
      E’ un tono quanto meno “irrispettoso”.
      E soprattutto che motivazione è “Che la birra sia nella nostra storia ristorativa solo negli ultimi 60 anni”…
      Non sta in piedi.
      E’ come se io ti dicessi che le pizze con formaggi erborinati o con la genovese sono da evitare perchè fino alla fine degli anni 80′ si facevano solo marinara, margherita (rigorosamente con il fiordilatte…la mozzarella di bufala sulla pizza è una cosa come sai molto recente…) e capricciosa…

      Andiamo, non sta in piedi!

      E stai pur sicuro che se lo avesse detto Don Alfonso gli avrei mosso le stesse accuse ma probabilmente Don Alfonso non avrebbe espresso parole così perentorie, lo spessore, la conoscenza e l’esperienza di certi personaggi mettono fortunatamente al riparo da certe uscite…

      Lungi da me fare birra vs. vino ma mi sembra un approccio dettato, e di questo sono sicuro, dall’ignoranza sul prodotto, della sua storia e delle sue infinite possibilità di abbinamento, avrei preferito un commento del tipo “..tra vino di qualità e birra di qualità preferisco il primo per i seguenti motivi….”
      Ti ripeto, dubito fortemente che “Ciccio” conosca davvero la birra.
      E con questo chiudo!

      Ah, quando vuoi, magari ci vediamo con Gigi (Cristiani) e con Antonio (Savarese) per bere qualcosa di buono insieme… Ovviamente birra.

      1. Alfio quando vuoi, ci vediamo anche con Ciccio e vedrai che lo convincerai ad abbinamenti sorprendenti.
        Ho avuto il piacere di conoscere Ciccio in occasione dell’intervista e ne difendo la franchezza nel manifestare le proprie scelte, stiamo parlando di un vero fuoriclasse.
        Quella di cui parli tu spesso è cortesia commerciale e diplomazia, ma non vero apprezzamento del prodotto, sarebbe stato più facile dire ci sono delle ottime birre di territorio che abbino con piacere, ma sarebbe stato clamorosamente falso.
        Dovremmo imparare ad accettare la visione altrui senza necessariamente pensare che la nostra sia giusta.
        Io, ad esempio, amo la birra, ma non amo le mille micro artigianali ai gusti del gelato, ma non giudico chi le produce, semplicemente le evito, finchè c’è qualcuno che le compra hanno ragione loro
        Dalla prossima settimana mi dovete solo chiamare, io ci sono

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