Ho esitato un po’ prima di scrivere queste due righe poichè probabilmente la mia disamina sarebbe stata condizionata dalla poca stima che ho per quest amministrazione comunale e dal totale dissenso che come elettore prima (eh si faccio mea culpa…) e da cittadino poi, ho verso la deriva “marchettara” che negli ultimi anni è stata fatta della città e dell’immagine ad essa legata,incentrata sul più basso populismo e che sta trasformando il centro storico in un “presepe vivente” di microimprenditorialità totalmente deregolarizzata e preservata da qualunque forma di controllo in nome di una “occupazione” turistica che poco ha a che fare con una vera valorizzazione dei contenuti e delle potenzialità della città.
Che poi le periferie siano state totalmente abbandonate e la cittadinanza perbene lasciata in balia di gentaglia della peggior specie senza tutele di ordine pubblico e decoro (questa si competenza dell’amministrazione) è solo un corollario.
Vengo al dunque ovvero all’ennesimo “coup de teatre” di questa “poliedrica” amministrazione che “svende” ancora una volta il nome della città alla più bieca imprenditoria privata.
La birra Napoli non è una birra fatta da imprese napoletane, ma dalla Peroni,ovvero solo uno dei tanti marchi della multinazionale Asahi Breweries (Giappone).
Lo stabilimento in cui si lavora questo prodotto INDUSTRIALE è a Roma. Ricordiamo volentieri a questa amministrazione che la Peroni ha cessato la produzione a Napoli nello stabilimento di Secondigliano nel 2005 contribuendo di fatto alla decadenza della zona e chiudendo una delle poche realtà industriali residue nella città.

Questo bisogna farlo sapere ai napoletani!
Quindi, non una birra fatta a Napoli, non una birra fatta da napoletani ma un modesto rebranding di un prodotto già a catalogo (mi viene in mente  la Peroni Bianca).
Ci fanno sapere che vengono utilizzati grano duro (manco fosse pasta!) e orzo campani ma questo non aggiunge nulla alla qualità del prodotto.
L’utilizzo ruffiano del nome Napoli è solo il pretesto per vendere a Napoli, dove sicuramente ci potrà essere curiosità ed apprezzamento da parte di una certa tipologia, poco evoluta, di consumatori ma soprattutto per vendere fuori Napoli, sfruttando al meglio la stereotipata immagine che ormai da anni vende, purtroppo bene, fuori dei confini cittadini.
Il codazzo di lanci stampa che strombazzano l’avvenimento e la pletora di sedicenti testate online che fanno copia & incolla rende ancora più avvilente il tutto.
In tutta Italia ed in Campania, anche in città, ci sono oramai centinaia di birrifici artigianali, quello si frutto di passione e dedizione, con proposte di assoluta eccellenza.
C’è anche qualche proposta non di livello ma il mercato ed i consumatori consapevoli lo sanno e fanno l’opportuna selezione.
Così, al volo, mi vengono in mente  realtà come il birrificio Okorei (di Marigliano),il birrificio Flegreo a Bagnoli,il birrificio Sorrento, il birrificio Maneba di Striano, Stimalti di Carinola,Karma di Alvignano, White Tree Brewing, Serro Croce,Birrificio del Vesuvio Maltolibero, Scirocco Brewing e ne sto dimenticando davvero tanti!
Mi perdoneranno i birrifici non citati ma sto scrivendo di getto.

Andate in rete, leggete di birra e dei birrai, di chi ci mette passione e cuore.
E assaggiate, siate curiosi!
Non abbocchiamo alle belle parole dell’industria, cerchiamo la qualità,sempre, anche vicino a noi!

Alfio Ferlito

Fisico per formazione accademica, curioso di natura, tra i suoi tanti interessi da oltre quindici anni quello per la birra di qualità, in tutte le sue sfaccettature. Degustatore, giudice in concorsi,...

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