Armatore, azienda Cetarese specializzata nella pesca pelagica, in special modo nella colatura di alici e lavorazione del tonno rosso, rinnova la sua proposta nel bistrot prospiciente il porto.  

La storia dell’azienda Armatore è ormai nota agli appassionati di enogastronomia, sin dall’anno di fondazione, il 1973, ad opera della famiglia Della Monica: non sembri roboante parafrasare, ancora una volta, Robert Louis Stevenson – uno scrittore che di avventure in mare se ne intendeva – il quale soleva affermare che “le menti straordinarie non possono essere perplesse o impaurite, ma devono affrontare la fortuna ed il periglio con grande coraggio, per non soccombere”.

Fatta la tara allo straordinario catalogo – in evidenza la colatura di alici riserva e la ventresca di tonno rosso, due dei prodotti preferiti dallo scrivente – ciò che preme evidenziare è anzitutto il mantra aziendale della sostenibilità fatto proprio da Armatore, in una duplice accezione. Da un lato, intesa come sfruttamento sostenibile delle risorse marine, intendendo quest’ultimo come un bene collettivo da proteggere, dall’altro, anche per ciò che concerne il packaging, privilegiando metallo e vetro riciclabili, carta biodegradabile, e assolutamente zero utilizzo di plastica.  

La principale innovazione dell’estate in corso, tuttavia, risiede proprio nella ridefinizione dell’offerta gastronomica della dispensa, ubicata nello splendido scenario del porto di Cetara: l’affidamento della gestione della cucina è stata conferita al talentuoso chef ventottenne Adriano Dentoni Litta, già insignito della Stella Michelin 2020, nella sua precedente esperienza al Ristorante La Tuga del resort Costa del Capitano nel borgo di Sant’Angelo ad Ischia, sotto l’egida dello chef Crescenzo Scotti.

Lo abbiamo incontrato per due chiacchiere informali, ed una degustazione alquanto estesa, in una assolata mattina di un giorno feriale, la brezza del molo di Cetara a rappresentare un refrigerio dalla canicola metropolitana, con i primi turisti stranieri ad inframezzarsi ai visitatori abituali della vicina costiera Amalfitana.

Fautore di una cucina dalla chiara impronta mediterranea, che si faccia consapevole delle proprie influenze ma rifugga nel contempo da mode transeunti e contaminazioni artificiose, Dentoni Litta ha colto l’offerta della famiglia Della Monica come un’opportunità formativa senza precedenti.

La necessità di contemperare in ogni sua preparazione, almeno un ingrediente mutuato dal catalogo di Armatore, ha finito paradossalmente per implementare la propria creatività, imponendogli di lavorare per sottrazione, calibrando eccessi di sapidità, giustapponendo le consistenze, con un giusto risalto fornito alle eccellenze territoriali lavorate dalla sua mandante, sotto la stella polare dell’agrodolce.

Più incontri quotidiani con i pescatori di Cetara – a quelli di Salerno sono devolute le grosse pezzature – che frollature, e, una volta accomodati, diamo un’occhiata al menù: funzionale e pratica la possibilità del menù brunch, con bun artigianali, ramen cetarese e insalate gourmet a fare capolino, ed infine dell’inserimento dell’opzione menu degustazione, con più portate dei piatti in carta, dalle dimensioni leggermente ridotte.

Iniziando la degustazione, interessanti e variegati gli antipasti, iniziando dalla piccola pizza fritta, con ricotta al limone, scarola ripassata e bottarga di tonno rosso, proseguendo con la “battuta di manzo alla colatura di alici riserva, alici di Cetara, fiori di cappero, cipolle in aceto di lamponi”: è la volta di uno dei piatti più creativi dello chef, il “finto cappuccino con ventresca di tonno rosso, crema di piselli al basilico, spuma al parmigiano e caffè”, e qui capiamo quanto abbia inciso l’imprimatur del prestigioso riconoscimento della Stella Michelin e della correlata esperienza, già signature dish del medesimo, a mio avviso.

Si prosegue con il contrappunto di sapori eccezionale del bis di primi “spaghettoni con crema all’aglio, colatura di alici riserva 2017 e cozze” e “gnocchi di ricotta alla rapa rossa, alici di Cetara, caprino e mandorle”: passando al secondo, praticamente perfetta la cottura del “dentice fave e pancetta, con vellutata di finocchi, fonduta di provola e bottarga di tonno rosso”.

Anche come pastry chef Dentoni Litta non mostra alcun cedimento, ed il connubio della “praline di cacao, con fave tonka e bottarga di tonno” finisce per fissare uno stilema gustativo, come era già occorso con lo chef procidano Marco Ambrosino, che aveva innalzato la soglia della sperimentazione con l’avanguardista “ricotta, cenere, polline e bottarga” assaggiato al 28 posti di Milano.

Di grande rappresentatività da autoctoni locali, il pairing con i vini, a cura della signora Angela Ottomana, sommelier nonché madre del titolare Luigi Della Monica, sugli antipasti sono state proposte le bollicine autoctone “Alta Costa Brut metodo classico” della vicina Tenuta San Francesco di Tramonti, seguito dal successivo “Puntacroce Bianco Costa D’Amalfi D.O.C. 2013” dell’azienda biologica Raffaele Palma, di grande incisività aromatica e spessore gustativo: mineralità in evidenza per la successiva “Ribolla Gialla D.O.C. Collio 2018” dell’azienda friulana Korsic, che ben sorregge la complessità dei primi, terminando con l’artigianalità della crema di mandorle e limoncello, sul dessert.

Carlo Straface

Carlo Straface, partenopeo di nascita, corso di studi in giurisprudenza, di professione avvocato e giornalista pubblicista, eno-gastronomia e letteratura le sue coordinate di riferimento. Sommelier di...

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