“Il Presidio del Pomodorino del piennolo del Vesuvio, creato nel 2001 aveva l’obiettivo di salvaguardare la biodiversità varietale che popolava il territorio vesuviano e preservare una centenaria tecnica di conservazione del prodotto. Un valore che, all’epoca della nascita del progetto, si stava perdendo e necessitava di un’azione forte da parte nostra, una azione come quella del Presidio.
Oggi il pomodorino del piennolo è tornato ad essere un prodotto valorizzato e riconosciuto sul mercato, grazie anche all’ottenimento di una Denominazione di Origine Protetta a cui innegabilmente il Presidio ha dato la spinta di partenza […]
La riflessione della nostra Associazione su un caso del genere ci porta ad affermare che la spinta propulsiva del progetto di Presidio può considerarsi esaurita sia negli obiettivi, essendo oggi il prodotto tutelato a livello internazionale, sia nelle modalità”.

Questo in sintesi il comunicato, a firma di Gaetano Pascale e di Francesca Baldereschi, che chiude ufficialmente il Presìdio del Pomodorino del Piennolo.
Ma se da un lato il pomodorino del piennolo è tornato — dopo anni — ad essere presente sulle nostre tavole proprio grazie ai presìdi, c’è da dire che il tempismo, il momento scelto per dichiarare conclusa l’esperienza, si porta dietro un qualcosa di potenzialmente devastante: siamo a ridosso del raccolto, tra un po’ di settimane gli agricoltori passeranno a raccogliere i frutti della terra e togliere il logo dei presìdi dalle etichette può rappresentare un danno economico notevole.

Il successo del pomodorino del piennolo ha indotto gli agricoltori ad ampliare sempre di più l’offerta; l’area vesuviana negli ultimi anni ha visto nascere numerose aziende concentrate proprio sulla produzione del piennolo e di conseguenza molte altre coltivazioni sono state quasi del tutto abbandonate, come ad esempio l’albicocca tipica delle zone vesuviane. Che in alcune varietà è diventata introvabile.
La cosiddetta crisommola si suddivide in oltre quaranta diversi biotipi — e anticamente erano quasi cento — tutti originari dell’area del Vesuvio.

Per un presìdio che chiude, probabilmente altri se ne apriranno: alcuni agricoltori già si stanno organizzando per chiedere l’avvio dell’iter burocratico per ottenere il presìdio Slow Food proprio per alcune varietà ormai rare di albicocca.
Staremo a vedere.
Intanto le aziende produttrici del pomodorino del piennolo non resteranno a guardare: si prevedono per i prossimi giorni azioni concrete per la riapertura del presìdio.

Domenico Catapano

Design Professor and Marketing Director with a significant expertise in Video Direction, Photography and problem-solving. A bad tennis-player, a strict vegan who doesn’t eat and wear any animal byproduct,...

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1 Comment

  1. Le ragioni esposte nella lettera di chiusura sono in buona parte condivisibili: il pomodorino del piennolo non è più a rischio di estinzione (se mai lo è stato), la DOP è in crescita costante (dal 2010 al 2015 si è passati da 7 ha a 30 ha iscritti alla dop, ma si tenga presente che la produzione iscritta alla dop rappresenta forse un terzo della produzione totale in area vesuviana ), il disciplinare di produzione è serio e rispecchia fedelmente le tecniche di coltivazione tradizionali, i controlli ci sono anche se vanno affinati e potenziati (e lo stiamo facendo elaborando di concerto con l’organismo incaricato dal Ministero un nuovo piano di controllo più severo con alcune misure che partiranno già da quest’anno), la DOP è anch’essa uno strumento importate di valorizzazione quanto il Presidio, se non di più.
    Poteva rimanere in vita il Presidio? Con quale valore aggiunto? Secondo me poteva,sulla base di un progetto i cui cardini dovevano essere la SOSTENIBILITA’AMBIENTALE(ogni Presidio ha un disciplinare interno di produzione),la TRASPARENZA con i consumatori e la SOLIDARIETA’ tra i produttori della associazione (ogni Presidio presuppone l’esistenza di una associazione di produttori affiliata a Slow Food). Come produttori, con grande difficoltà e ritardi, ci eravamo incamminati su questa strada da circa un anno elaborando un nuovo piano di autocontrollo aperto alla partecipazione dei consumatori (autocontrollo non significa nessun controllo), anche come reazione ad alcuni problemi avuti al nostro interno a questo riguardo, un nuovo regolamento con un meccanismo di affiancamento iniziale per l’adesione al Presidio di nuovi produttori, nuove modalità di stare insieme e di promuovere il Presidio passando dall’essere una somma di individui unicamente interessati a sfruttare i vantaggi commerciali del marchio dei Presidi ad una vera associazione che fa sviluppo territoriale. Ebbene tutto questo non solo non è stato assecondato dai dirigenti di Slow Food Campania ma è stato ostacolato, perché i produttori devono stare zitti e buoni e parlare solo se richiesti e non possono, dico non possono, eleggersi il proprio responsabile senza che questo sia gradito a Slow Food, non possono, dico non possono,permettersi di sindacare se il produttore tizio o caio segnalato da Slow Food sia idoneo o non idoneo a entrare nella associazione dei produttori, non possono, dico non possono, sollevare dubbi sul sistema dei controlli interno richiamando anche Slow Food alle sue responsabilità di supervisione e in generale non possono rompere troppo i coglioni e dire la loro perché Slow Food già ci fa un favore e, insomma, se vi sta bene bene … Ragion per cui il Presidio del pomodorino del piennolo era diventato, come si dice nella lettera, una ulteriore struttura burocratica che si aggiungeva alla DOP …
    E’ questo un forte limite dell’azione di Slow Food, un forte limite del progetto dei Presidi, peraltro assolutamente meritevole e geniale:
    si è molto capaci di proporre all’attenzione dei media e della opinione pubblica un determinato prodotto (o qualche produttore particolarmente gradito) ma non si è in grado (anche perché non lo si vuole) di essere accanto ai produttori per farli crescere economicamente e socialmente rispettando e anzi incoraggiando la loro autonomia di pensiero e azione. Un conto è supervisionare la coerenza dei comportamenti rispetto ai principi di Slow Food e il rispetto delle regole (quando ci sono), un altro è voler decidere al tuo posto.
    Il discorso sarebbe ancora molto lungo da fare e complesso, ci dovremmo chiedere cosa è oggi Slow Food,quali interessi si muovono al suo interno, quali categorie di operatori sono più influenti, dove finisce l’associazionismo e dove comincia il business, ma mi limito a queste considerazioni e spero di aver dato a chi legge qualche elemento in più di riflessione.

    P.S.
    Non concordo con l’affermazione secondo la quale la scomparsa della coltura dell’albicocco vesuviano sia da mettere in relazione con la ripresa della coltivazione del pomodorino del piennolo. La crisi di mercato dell’albicocco è di vecchissima data ed ha ragioni sue proprie. Che oggi qualche agricoltore preferisca espiantare vecchi albicoccheti per fare posto alla coltivazione del pomodorino non è che una conseguenza.
    Infine aggiungo che a Slow Food va riconosciuto un enorme merito per avere nel lontano 2001 creato un Presidio per la salvaguardia e la valorizzazione che ha aiutato aziende come la mia a muovere i primi passi per far conoscere questo prodotto oltre i confini napoletani e campani, ma credo che altrettanto merito vada riconosciuto a quelle imprese che in questi ultimi 15 anni hanno materialmente e mediaticamente investito per far conoscere questo prodotto nel mondo, agli operatori della ristorazione e ai consumatori e, non da ultimo, giova ricordare il contributo fondamentale che sta dando la DOP alla ulteriore valorizzazione di questo prodotto.

    Giovanni Marino
    presidente del Consorzio di Tutela del pomodorino del piennolo del Vesuvio dop nonché membro della associazione dei produttori aderenti all’ex Presido Slow Food del pomodorino del piennolo del Vesuvio dop

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